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  • Tag: Ulisse

    • Cartoline da Parigi: la libreria Shakespeare and company

      Posted at 11:50 am04 by ophelinhap, on April 5, 2018

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      Quando si abita in un posto piccolo e raccolto come Lussemburgo, passare un fine settimana a Parigi è più che una boccata d’aria fresca : è una scossa elettrica, dalle radici dei capelli alle punte delle dita. La capitale francese vibra di una vitalità incontenibile, che ti trascina per le lunghissime file per entrare in qualsivoglia museo, per i gradini di Montmartre su fino al Sacre Cœur, per il flusso incessante di ragazzi che a tutte le ore fanno l’aperitivo fuori, nonostante il freddo e la pioggerellina costante, per le stradine del Marais o vicino all’Opera.

      Ogni mia gita a Parigi inizia o si conclude con una visita a un tempio sacro per gli amanti dei libri e della letteratura, a duecento metri dall’imponente cattedrale di Notre Dame : la libreria Shakespeare & company, nella quale, nonostante le file e la marea di gente che spesso impedisce di guardarsi intorno a piacimento, si respira un’aria di altri tempi. Mentre al piano di sotto si consultano libri, si mettono a confronto edizioni o si chiedono informazioni ai gestori, al piano di sopra è in corso un workshop di scrittura creativa : un gruppo di ragazze, con la voce un po’ rotta dalla consapevolezza di sentirsi e vedersi circondate da turisti curiosi, leggono a turno, in un inglese chiaro e squillante, i loro esercizi di scrittura. Mentre faccio la fila per pagare la mia copia di The Power di Naomi Alderman e contemplo se regalarmi o meno un libro sulla Parigi letteraria della Generazione perduta, non posso fare a meno di immaginarmi negli anni ’20, con Joyce, Fitzgerald, Sylvia Beach e Gertrude Stein seduti sui cuscini di velluto polverosi, tutti presi da un’acceso e appassionato dibattito, esacerbato dal vino di bassa qualità che ingurgitano.

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      L’ideatrice e ospite di questo salotto letterario è Sylvia Beach, un’americana tanto rivoluzionaria da pubblicare l’Ulisse di Joyce, giudicato osceno e messo al bando sia in America che in Gran Bretagna. La Beach, arrivata a Parigi durante il primo conflitto mondiale, apre nel 1919 una piccola libreria al 12 di Rue de l’Odéon.

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      La libreria della Beach è un vero e proprio porto nel vento, una casa lontano da casa per scrittori e artisti: funge da albergo temporaneo, ufficio postale e biblioteca. In Fiesta mobile, Hemingway descrive la Beach come la persona che più al mondo è stata gentile con lui: una ragazza bruna dagli occhi vivaci e il cuore grande, amante delle battute e dei pettegolezzi. Lo scrittore francese André Chamson ha dichiarato che la Beach ha fatto per l’Inghilterra, gli stati Uniti, la Francia e l’Irlanda il lavoro di quattro ambasciatori messi insieme. Immaginiamoci la giornata tipo della libreria: Joyce non arriva prima di mezzogiorno e chiede spesso prestiti; la Stein arriva seguita dal suo barboncino; Fitzgerald legge in veranda; Hemingway prende in prestito i classici russi ; la Beach sovrintende ai lavori.

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      Nel dicembre del 1941, tutto cambia: un ufficiale nazista entra in libreria e chiede alla Beach l’ultima copia di Finnegans Wake. La libraia si rifiuta di vendergliela, l’ufficiale la minaccia di confiscarle tutti i libri e di costringerla a chiudere. La Beach sposta tutti i libri in un appartamento al piano di sopra. Viene poi internata per sei mesi in un campo di concentramento a Vittel : la sua storia di libraia finisce qui, ma non quella della sua libreria.

      Quando George Whitman arriva a Parigi dopo la guerra, conosce perfettamente la storia di Sylvia e condivide il suo amore per i libri e la letteratura. Studia alla Sorbonne, colleziona testi di seconda mano comprati dai bouquinistes e sogna ‘un’utopia socialista mascherata da libreria’. Nel 1951, acquista per poco più di 500 dollari tre stanzette a rue de la Bûcherie 37, a pochi metri da Notre Dame. Il sogno della Beach continua a vivere : il cuore della Shakespeare and Company batte di vita nuova.

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      Il motto di preferito Whitman, ancora oggi presente in una lavagna all’entrata della libreria, recita ‘Non essere inospitale con gli stranieri, potrebbero essere degli angeli mascherati’.

      Whitman scrive di aver creato la sua libreria come uno scrittore scriverebbe un romanzo, costruendo ogni stanza come un capitolo : la Shakespeare & co. diventa casa dei poeti della beat generation, che vivono in un hotel da quattro soldi sulla Rive gauche. La libreria è frequentata assiduamente da William Burroughs, Allen Ginsberg, Henry Miller, Roland Barthes e Anaïs Nin, che lascia il suo testamento sotto il letto di Whitman.

      Con Whitman, la Shakespeare&co. diventa una sorta di collettivo letterario, pieno di parole, libri, musica. Chi non ha un posto da chiamare casa, o non può farvi ritorno, si ferma a dormire in libreria in cambio di un paio d’ore di lavoro e la promessa di leggere almeno un libro al giorno.

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      La libreria oggi è cambiata tanto, forse commercializzandosi troppo : d’altro canto, bisogna ingegnarsi per sopravvivere, e sappiamo bene che la cultura non sempre paga. Tuttavia, parte della magia rimane inesorabilmente legata al fascino d’altro tempo delle sue pareti, ai libri ammassati ovunque, ai polverosi cuscini di velluto e a quelle panche che permettono al lettore moderno di staccare per un attimo dalla frenesia della vita di tutti i giorni e indugiare nella fantasia della Parigi letteraria degli anni venti e poi degli anni cinquanta, riscoprendo la città con occhi nuovi e innamorati.

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      Per saperne di più:

      • Shakespeare and Company, Sylvia Beach, Bison Books
      • La libraia di Joyce. Sylvia Beach e la generazione perduta, Noel Riley Fitch, trad. di T. D’Agostini e M. Fiorini, Il saggiatore
         Soundtrack: Les Nuits Parisiennes, Louise Attaque

         

       

      Posted in Cartoline | 7 Comments | Tagged Anaïs Nin, Ernest Hemingway, Fiesta mobile, Finnegans Wake, Francis Scott Fitzgerald, George Whitman, James Joyce, Shakespeare and company, Sylvia Beach, Ulisse
    • Anch’io volevo un Nobel – i celebri esclusi

      Posted at 11:50 am10 by ophelinhap, on October 9, 2015

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      Anche quest’anno l’attesa da TotoNobel è passata, e le congratulazioni di turno spettano alla bielorussa Svetlana Alexievich (di cui onestamente non ho mai letto nulla).

      Se, come me, anche voi aspettate questo periodo dell’anno per ridere con i post del mitico Tumblr Philip Roth rosica, e, in fondo in fondo, a ogni giro sperate che vinca un autore che amate, o almeno conoscete (la mia doppietta del cuore è rappresentata da Wisława Szymborska nel 1996 e dalla mia amatissima Alice Munro nel 2013), ecco a voi una lista di celebri (e, a parer mio, meritevolissimi) autori snobbati dall’algida Accademia svedese.

      Tra l’altro, si vocifera che l’Accademia sia un filino (no, non c’è un modo politicamente corretto di dirlo, o se c’è mi sfugge) antiamericana: nel 2008 il segretario permanente della giuria dell’Accademia, Horace Engdahl, in una dichiarazione all’Associated Press, affermò quanto segue:

      There is powerful literature in all big cultures, but you can’t get away from the fact that Europe still is the centre of the literary world … not the United States.The US is too isolated, too insular. They don’t translate enough and don’t really participate in the big dialogue of literature …That ignorance is restraining.

      (C’è della grande letteratura in tutte le grandi culture, ma non si può negare che l’Europa continui a rappresentare l’ombelico del mondo letterario..non gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono troppo isolati, troppo insulari. Non traducono abbastanza e non partecipano realmente al dialogo letterario in senso lato…Quell’ignoranza li limita).

      Quindi, caro Roth, mi sa che ti tocca rassegnarti. Tuttavia, non disperare: sei in ottima compagnia.

      tolstoj1) Leo Tolstoj. Se qualcuno di voi riesce a trovare un solo buon motivo (letterario, non politico, ovvio) per cui l’autore di opere immortali come Guerra e pace e Anna Karenina (tra parentesi, il mio libro preferito) non possa essere giudicato meritevole del premio Nobel me lo comunichi, per favore.

      E non solo la sola a pensarla così: nel 1901, anno di rodaggio del Nobel, quarantadue autori svedesi scrissero un’accorata lettera a Tolstoj, esprimendo tutto il loro dispiacere per la sua esclusione dal premio, assegnato a Sully Prudhomme (Wikipedia può esservi più utile di me, dato che non ho idea di cos’abbia scritto). Il buon vecchio Leo la prese molto sportivamente: si dichiarò sollevato, scrivendo ai quarantadue svedesi di essere certo che quel denaro non gli avrebbe portato che male. Ricorderete che, a un certo punto, Tolstoj inizia a soffrire di acuta depressione, abbandona gradualmente la famiglia e la pretesa di possedere beni materiali e si rifugia nella religione.

      1311162-Marcel_Proust2) Marcel Proust. Forse il suo Alla ricerca del tempo perduto era troppo sperimentale e innovativo per i gusti dell’Accademia? La butto lì.

      3) James Joyce. L’esclusione di Joyce sorprende un po’ di meno: non fu apprezzato in vita, e la famosa scena dell’Ulisse in cui Leopold Bloom si masturba su una panchina guardando un gruppo di scolarette non aiutò di certo la sua causa presso l’Accademia svedese (Ulisse, d’altro canto, ha fatto parte dei banned books negli States fino al 1930).

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      4) John Updike. Che dire? Troppo bianco, troppo Americano, troppo sessualmente esplicito?

      John Updike in 1986

      5) Virginia Woolf. Su 112 Nobel per la letteratura, solo 13 (14 con la Alexievich) sono stati assegnati a autrici donne (ma in Svezia non esistono le quote rosa?). Comunque, la leonessa del Bloomsbury group non è stata tra le scrittrici insignite. Troppo avant-garde, troppo depressa? Il suo flusso di coscienza è rimasto sul groppone dell’Accademia, come quello di Joyce? AI posteri l’ardua sentenza.

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      borges6) Jorge Luis Borges. Ancora una volta, l’unica spiegazione plausibile per giustificare il mancato riconoscimento all’autore dell’Aleph o de Il giardino dei sentieri che si biforcano sono le sue simpatie per regimi dittatoriali (Pinochet, Franco) e le sue critiche rivolte all’Accademia stessa.

      Borges, candidato per trent’anni al Nobel senza averlo mai vinto, affermava – non senza una certa amarezza – che “quelle persone in Svezia” dovevano essersi dimenticate di lui, o essere convinte di avergli già assegnato il premio in passato. Povero Jorge.

      nabokov7) Vladimir Nabokov. Se iniziassi ad elencare tutti i motivi per cui Nabokov avrebbe dovuto vincere il Nobel, non la finirei più. Già il fatto di essere un grande scrittore in due lingue (russo, la sua madre lingua, e inglese) e aver regalato al mondo un capolavoro come Lolita dovrebbero bastare. D’altro canto, proprio l’autore di un libro come Lolita non poteva essere scelto come Nobel laureate. Tra l’altro, sapete chi vinse il premio l’anno in cui Nabokov venne nominato (1974?) Due Svedesi, Eyvind Johnson and Harry Martinson (se vi state chiedendo chi siano, la risposta è: non ne ho idea). Piccola curiosità: i premi Nobel svedesi sono stati sette, numero superiore a quello di ogni altra nazionalità. Sorpresi?

      Henry-James8) Henry James. Soprannominato The Master dai suoi contemporanei per la dedizione assoluta alla revisione e alla limatura dei suoi scritti, ci ha lasciato indubbiamente alcuni dei più grandi capolavori della letteratura mondiale – Ritratto di signora in prima linea.

      Perché allora i sommi accademici l’avrebbero escluso? Apparentemente, durante i suoi primi anni di vita, il comitato di selezione scartava autori considerati esplicitamente “idealisti” (anche Kipling è stato scartato per lo stesso motivo). Inoltre, ai suoi albori, il Nobel per la letteratura veniva assegnato prevalentemente ad autori europei (quasi tutti svedesi, sorpresa sorpresa). Bisogna aspettare il 1923 per assistere al trionfo di William Butler Yeats.

      9) Philip Roth. Niente, non riesco a rimanere seria e a parlare del valore letterario dell’autore di Pastorale americana, specie in questo periodo. Visitate il tumblr Philip Roth rosica e capitere perché. Comunque Philip, non disperare: finché c’è vita c’è speranza. Ci rivediamo l’anno prossimo!

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      10) E. L. Doctorow. Anche lo scrittore americano, deceduto quest’anno, si sarebbe meritato un viaggetto nella capitale svedese.

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      Niente, io continuerò a fare il mio eterno tifo per Ismail Kadaré, autore di meraviglie quali Il palazzo dei sogni e Il ponte a tre archi, purtroppo poco apprezzato in Italia, Milan Kundera e Leonard Cohen (per i profani: Cohen, oltre ad essere un grandissimo musicista, è un incredibile poeta).

      Vi lascio con una lettura per il fine settimana: una bellissima intervista della Paris Review ad Ismail Kadaré. Buona lettura, e buon weekend.

      Soundtrack: The winner takes it all, Abba

      Posted in Letteratura e dintorni | 24 Comments | Tagged Aleph, Anna Karenina, Bloomsbury group, E. L. Doctorow, Henry James, Il giardino dei sentieri che si biforcano, Ismail Kadaré, James Joyce, John Updike, Jorge Luis Borges, Kipling, Leonard Cohen, Leopold Bloom, Lev Tolstoj, Lolita, Marcel Proust, Milan Kundera, Nobel per la letteratura, Philip Roth, Philip Roth rosica, Ritratto di Signora, Svetlana Alexievich, Ulisse, Virginia Woolf, Vladimir Nabokov, William Butler Yeats
    • The Ophelinha Gazette#4 – articoli, segnalazioni, aneddoti e curiosità letterarie

      Posted at 11:50 am02 by ophelinhap, on February 13, 2015

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      Niente Chablis per questa puntata della Gazzetta, ottenebrata dai fumi della febbre e del raffreddore. In diretta dal divano, la direzione vi augura una buona lettura.

      1) Il mistero Harper Lee continua a far sguazzare nel buio il mondo dell’editoria e gli appassionati seguaci di Scout, Atticus &co. Se Finzioni magazine rilancia la teoria del complotto, il New Yorker la butta sul chill out, baby. Diamo a Harper (e al suo avvocato, e alla Harper Collins) il beneficio del dubbio! Nella peggiore delle ipotesi, anche se il libro fosse una roba illeggibile, we’ll always have To Kill a Mockingbird  (parafrasando il caro vecchio Humphrey Bogart in Casablanca).

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      Nel frattempo, la Harper Collins rivela la (presunta) copertina di Go set a Watchman (secondo USA today si tratterebbe solo di una copertina temporanea) e la sempre ottima Cara di Yummy books ci fornisce la ricetta per preparare la lane cake (una torta a strati a base di pan di Spagna) di Miss Maud, che tanto piaceva alla piccola Scout.
      Io continuo ad aspettare speranzosa, ché un po’ di Atticus Finch fa sempre bene all’anima.

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      dal sito Yummy Books

      2) L’11 febbraio ha marcato il cinquantaduesimo anniversario della scomparsa della mia amatissima Sylvia Plath (qui trovate un mio post sulla correlazione tra elementi biografici e immaginario mitico nella sua poesia). Dato che la Plath non passa (fortunatamente) mai di moda, ascoltatela leggere alcune sue poesie dalla raccolta Ariel, approfondite con questo saggio di Sarah Churchwell sul Financial Times, fatevi un giro tra i tesori e i ricordi di famiglia di Frieda Hughes (figlia di Sylvia e Ted Hughes, la cui biografia non autorizzata, a cura di Jonathan Bates, in uscita ad ottobre, promette di essere uno dei libri più interessanti del 2015)

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      3) Un bellissimo articolo di Rivista studio sull’escamotage usato per far sbarcare l’Ulisse di Joyce in America.

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      4) Gli appassionati di libri, lettura e letteratura avranno presto un nuovo punto d’incontro: il Literary Hub, che dall’8 aprile diventerà un contenitore di saggi, articoli, interviste e recensioni.

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      5) Un articolo di Annamaria Testa sull’Internazionale, sulle parole che sono perle preziose e vanno trattate come tali.

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      6) Dieci curiosità su dieci grandi scrittori, da Kerouac che non sapeva guidare (alla faccia di On the Road) a Virginia Woolf, la cui stanza tutta per sé era sorprendentemente sporca e disordinata.

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      Dalla redazione è tutto. La Gazzetta sospende le tirature per una settimana perché qui in redazione si celebra il genetliaco di uno degli eteronimi. Ad maiora!

      Posted in Uncategorized | 1 Comment | Tagged American literature, Atticus Finch, Frieda Hughes, Go set a Watchman, Harper Collins, Harper Lee, Jack Kerouac, James Joyce, Scout Finch, Sylvia Plath, Ted Hughes, To Kill a Mockingbird, Ulisse, Virginia Woolf, Zadie Smith
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