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  • Tag: Thomas Mann

    • Il Calendario dell’Avvento letterario #13: il Natale di Effi Briest

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 13, 2017

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      Questa casella è scritta e aperta da Caterina di Letture in viaggio

      effi

      Un altro Natale a casa Innstetten. Un Natale come gli altri, si direbbe, se non fosse per la malcelata inquietudine di Effi. Le lettere e i regali dai genitori, i versi augurali del caro Gieshübler, una cartolina dal cugino che vive a Berlino e le piccole gioie della vita familiare: la bambina vestita a festa che tende le mani verso le luci dell’albero di Natale, un marito “lieto e di buon umore”, un ambiente tranquillo. Un quadro rassicurante.

      Effi, però, si sente oppressa. Ride e parla, ma il suo animo non è sereno. Il barone Innstetten se ne accorge e le chiede il motivo dell’inquietudine. La moglie, che non sa bene con chi prendersela, se con sé stessa o con il marito, risponde di non meritare la bontà di chi le è affezionato. Lui la invita a non farsi tali crucci perché “non si riceve che quello che ci si è meritato”.

      Che l’abbia detto apposta? Fatto sta che l’unico a non averle mandato gli auguri è il maggiore Crampas: i complimenti di quell’uomo, noto Don Giovanni, la intimoriscono, ma la sua indifferenza la mette di cattivo umore. A Kessin c’è la neve e per il giorno seguente è stata organizzata una gita in slitta a Uvagla, a casa dei Ring. Effi sa che, oltre al pastore Lindequist, Gieshübler, il signor Hannemann e Papenhagen, anche Crampas sarà dei loro.

      L’inevitabile è ormai vicino.

      blaaaaaa

      Effi Briest è la storia di un adulterio dalle conseguenze tragiche.

      Quando ripenso a questo romanzo, la mia mente va subito a quell’ingenuo ed eloquente “Effi, vieni!” pronunciato da una delle amiche di Effi poco prima dell’inaspettato fidanzamento con il barone Innstetten, di vent’anni più grande di lei.

      “Effi, vieni!” è il richiamo della spensieratezza e della giovinezza, di uno stato di grazia che sta per abbandonare la protagonista, e non fa presagire nulla di buono. Fontane, con grande maestria, ci prepara agli eventi, lasciando fra le pagine del romanzo segnali inequivocabili.

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      Nel (poco) rassicurante quadretto natalizio vedo una sorta di spartiacque. Da lì in poi gli eventi precipitano. L’inquietudine di Effi ha raggiunto l’apice. Le sue ultime resistenze stanno per sciogliersi come neve al sole. Forse aveva ragione Gieshübler nell’affermare che “il maggiore ha in sé qualcosa di violento, che toglie alle persone la loro forza di volontà”.

      Pubblicato a puntate tra il 1894 e il 1895 sulla rivista Deutsche Rundschau, Effi Briest è un ritratto preciso e veritiero della società prussiana di fine ‘800 e riscosse subito un grande successo.

      Fontane non inventò tutto di sana pianta, ma si ispirò alla vicenda di una donna berlinese conosciuta nel salotto di Emma Lessing, moglie del proprietario della rivista Vossische Zeitung.

      Il suo nome era Else von Ardenne, moglie del barone Armand von Ardenne. Proprio come Effi ebbe una relazione con un altro uomo, Emil Hartwich, un giudice di Düsseldorf; proprio come Innstetten il marito della donna scoprì le lettere dei due amanti, sfidò a duello Emil Hartwich, uccidendolo, e ripudiò la moglie.

      Il 25 dicembre 1919, sul Berliner Tageblatt, compare un articolo dello scrittore tedesco Thomas Mann. L’occasione è il centenario della nascita di Theodor Fontane (30 dicembre 1819-20 settembre 1898). Mann è un grande ammiratore di Fontane, e di Effi Briest scrive: “una biblioteca della letteratura romanzesca basata sulla scelta più rigorosa — e dovesse anche restringersi a una dozzina di volumi, a dieci, a sei — non potrebbe essere priva di Effi Briest. Non si usa forse dire che nessuna costruzione prodotta dalla mano dell’uomo è perfetta? E invece, per quanto si possa essere propensi ad esortare gli uomini alla modestia, l’affermazione è sbagliata, la cosa perfetta esiste: sognando, l’uomo che è artista ogni tanto la produce”. E Fontane, secondo Thomas Mann, l’aveva prodotta.

      Curiosità

      Una chicca per gli appassionati di viaggi letterari: sapete che Fontane visse a Berlino per molti anni? E sapete anche che prima di diventare scrittore a tempo pieno era anche un farmacista? Bene: a Mariannenplatz 2, nel distretto di Kreuzberg, c’è l’edificio che un tempo ospitava l’ospedale Bethanien.

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      Oggi si chiama Kunstraum Kreuzberg ed è un centro per l’arte contemporanea, aperto tutti i giorni dalle 11 alle 20 e visitabile gratuitamente. Al suo interno, al piano terra, c’è un luogo speciale: la farmacia dove, tra il 1848 e il 1849, prestò servizio Theodor Fontane. È stata restaurata ed è aperta dal martedì al giovedì, dalle 14 alle 17. L’ingresso è gratuito e le visite guidate sono possibili su prenotazione.

      Da me, Berlino, Effi e Fontane per quest’avvento letterario è tutto. Cari lettori, vi auguro un Natale supercaliragilistichespiralibroso.

      Posted in Letteratura e dintorni | 6 Comments | Tagged #AvventoLetterario, Effi Briest, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Letture in viaggio, Natale in letteratura, Theodor Fontane, Thomas Mann
    • Frammenti di un discorso amoroso #5: Charlotte Brontë e l’amore non corrisposto

      Posted at 11:50 am10 by ophelinhap, on October 14, 2016

      I Frammenti di un discorso amoroso sono citazioni letterarie per ricordare che love is not a dirty word, l’amore non è una parolaccia. Usciranno a cadenza imprevedibile, come imprevedibile è il resto del blog. Come imprevedibile è l’amore stesso.

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      Una delle condizioni peggiori, che prima o poi sperimentiamo tutti (se non vi è mai successo che dire, siete molto, molto fortunati) è amare senza essere ricambiati. È un enorme spreco di tempo, sonno ed energie emotive, indirizzate a qualcuno che, nel migliore dei casi, ignora allegramente la nostra esistenza.

      Non è facile parlare dell’amore in generale, a maggior ragione quando è un sentimento a una sola direzione, un vicolo cieco, un buco nero di insicurezza e inadeguatezza e domande senza risposta. Chi ama di più è il sottomesso, e deve soffrire, scriveva Thomas Mann in Tonio Kröger: ma qual è il destino di chi ama immensamente senza essere ricambiato, nemmeno in minima parte? Se è difficile comprendere – e spiegarsi – perché ci si innamora di qualcuno che magari è lontanissimo dall’idea di compagno/a che si è sempre nutrita, è ancora più difficile spiegarsi – ed accettare – il fatto di non essere ricambiati. Se siete un po’ simili a me, combattuta dall’adolescenza in poi tra il desiderio di non fallire – nemmeno nella conquista degli affetti altrui – e l’impossibilità di lasciar andare, capirete come doveva sentirsi la povera Charlotte Brontë, che, nell’algida Bruxelles, perde la testa per un uomo che è un po’ un connubio delle caratteristiche peggiori: è il suo insegnante di francese (l’infelice vicenda le ispira appunto il romanzo Il professore), è sposato, è indifferente alle sue grazie.

      Cercando probabilmente un po’ di chiusura, Charlotte scrive al professore dei suoi desideri una lettera sofferta e sentita, che vi propongo nella traduzione di Laura Ganzetti de Il tè tostato (tratta da Ma la vita è una battaglia, L’orma editore).

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      A Costantin Héger

      8 gennaio 1845

      Haworth – Bradford – Yorkshire

       

      Il signor Taylor è tornato, gli ho domandato se avesse una lettera per me: “No, nulla”. “Pazienza,” mi sono detta “sua sorella arriverà presto.”

      È tornata anche la signorina Taylor: “Non ho niente per lei da parte del signor Héger” mi ha detto “né lettere né messaggi”.

      Ho capito quel che c’era da capire. Mi sono ripetuta ciò che avrei detto a chiunque altro si fosse trovato nella mia stessa situazione: “Devi rassegnarti, e, soprattutto, non affliggerti per un dolore che non meriti”. Mi sono sforzata di non piangere, di non lamentarmi. Ma quando non ci si lagna e ci si costringe tirannicamente a dominarsi, ogni facoltà inizia a ribellarsi, e si paga la calma esteriore con una lotta interiore quasi insostenibile. Giorno e notte non trovo riposo né pace. Quando riesco a addormentarmi sono tormentata da brutti sogni in cui lei è sempre severo, sempre accigliato, sempre arrabbiato con me.

      Mi perdoni dunque, signore, se mi sono decisa a scriverle ancora. Ma come potrei sopportare la vita senza fare alcuno sforzo per alleviare la sofferenza? So che leggere questa lettera la farà innervosire. Si dirà ancora una volta che sono un’esagitata, che ho pensieri cupi e così via. E sia, non voglio giustificarmi, accetto ogni suo rimprovero. Ciò che so è che non posso e non voglio rassegnarmi a perdere del tutto l’amicizia del mio maestro. Preferirei patire i più grandi dolori fisici che avere il cuore lacerato da rimpianti tanto cocenti. Se il mio maestro mi priva di tutta la sua amicizia perderò ogni speranza, ma se me ne concederà un poco, anche solo pochissima, io sarò contenta, felice, avrò un motivo per vivere, per lavorare.

      Signore, il povero non ha bisogno di molto per vivere, chiede soltanto le briciole che cadono dalla tavola dei ricchi. Ma se gli sono negate, morirà di fame. Così anch’io non ho bisogno di un grande affetto da parte delle persone che amo, non saprei cosa farne di un’amicizia piena e completa, cosa a cui non sono abituata. Eppure quando ero sua allieva a Bruxelles lei ha manifestato un poco di interesse nei miei confronti, e tengo a quel poco quanto tengo alla vita stessa.

      Forse mi dirà: “Non provo più il minimo trasporto per lei, signorina Charlotte, non fa più parte della mia vita, l’ho dimenticata”. Ebbene signore, se le cose stanno così me lo dica con franchezza. Ne resterò sconvolta, ma non importa, sarà comunque meno orribile dell’incertezza. 

      Non voglio rileggere questa lettera, la spedisco così come l’ho scritta. Tuttavia ho l’oscura consapevolezza che persone fredde e assennate leggendola potrebbero dire: “Costei vaneggia”. Per vendetta augurerei a costoro un solo giorno dei tormenti che ho subito negli ultimi otto mesi, e allora voglio vedere se non vaneggerebbero anche loro.

      Si soffre in silenzio finché se ne ha la forza, quando questa viene meno ci si lascia andare senza misurare troppo le parole.

      Le auguro, signore, felicità e prosperità.

      CB

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                                        Constantin Georges Romain Héger (1809 – 1896)

       

      Soundtrack: Stubborn love, The Lumineers

       

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      Ma la vita è una battaglia. Lettere di libertà e determinazione

      Posted in Frammenti di un discorso amoroso | 0 Comments | Tagged Charlotte Brontë, Constantin Georges Romain Héger, Frammenti di un discorso amoroso, Il professore, L'orma editore, Laura Ganzetti, Lettere d'amore, Ma la vita è una battaglia, Thomas Mann, Tonio Kröger
    • #libriinvaligia5: per un pugno di classici

      Posted at 11:50 am08 by ophelinhap, on August 6, 2015

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      Finalmente anche il conto alla rovescia per le mie vacanze si è attivato, quindi, dopo due settimane trascorse a preparare pacchi e valigie per un trasloco… mi rimetto a preparare le valigie per tornare in Italia, affrontando il dilemma di ogni anno: quali libri portare con me, oltre al mio amatissimo Kindle?

      Come l’anno scorso, colgo la palla al balzo e vi suggerisco un pugno di classici da scoprire/riscoprire durante le vacanze. Che siate al mare, in viaggio, in montagna, in città o in ufficio (sigh!), buone letture!

      1) Il buio oltre la siepe, Harper Lee

      Di Harper Lee si è parlato tanto, tantissimo negli ultimi mesi, causa la riscoperta e la pubblicazione del suo inedito Go set a watchman. Io l’ho letto, ne ho parlato qui, e approfitto dell’occasione per sottolineare ancora una volta che – a prescindere da operazioni pubblicitarie più o meno infelici – GSAW non è Il buio oltre la siepe. Quindi, se aspettate l’edizione italiana per leggere un prequel/sequel dell’amatissimo classico, resterete estremamente delusi: sono due romanzi diversissimi, che affrontano tematiche più o meno simili da due prospettive estremamente diverse.

      Ergo, approfittate dell’estate per scoprire/riscoprire la Maycomb dell’adorabile Scout Finch, maschiaccio perennemente scalzo e in salopette che odia vestitini e scarpe di vernice, suo fratello Jem e l’inseparabile amico Dill (controparte romanzata di Truman Capote, amico d’infanzia della Lee). I tre si trovano a crescere in un momento storico pieno di cambiamenti per la società americana degli stati del Sud, con la fortuna di avere una vera e propria bussola morale: il mitico papà Atticus, che ha il vizio di giocare con l’orologio da taschino e l’inestimabile pregio di fare sempre ciò che ritiene giusto, a scapito delle conseguenze.

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      Feltrinelli editore, trad. a cura di Amalia D’Agostino Schanzer

      2) Effie Briest, Theodor Fontane

      Ho letto questo romanzo molto recentemente, incuriosita da un tweet di Oxford World’s Classics che lo definiva la controparte teutonica di Anna Karenina, il mio romanzo preferito, per me vera e propria Bibbia della letteratura di tutti i tempi.

      Se nella prima metà del romanzo ho rischiato di cadere vittima della lentezza delle narrazione, nella seconda ho ceduto alla malia dell’innocenza e del candore con cui viene raccontata la storia di Effie, fanciulla diciassettenne data in sposa in quattro e quattr’otto a un ex pretendente di sua madre che ha più del doppio dei suoi anni. L’unica colpa di Effie è quella di essere sostanzialmente una bambina, che non si conosce, non conosce il suo posto nel mondo, e in mezzo alla sua tranquilla confusione cade preda delle avances del maggiore Crampas. Ovviamente, Effie è destinata a non vedere più la figlia Annuccia e a morire di tubercolosi lontano da lei e dal marito, il rigido barone Von Instetten, che vorrebbe perdonarla, ma attribuisce all’onore e alle apparenze un ruolo molto più importante di quello giocato dall’amore.

      Se Thomas Mann avesse dovuto scegliere solo sei libri, Effie Briest di Fontane sarebbe stato uno di quelli. Fidatevi del buon vecchio Thomas, e lasciatevi conquistare dalla sua apparente semplicità e dal candore di tempi andati: caratteristiche che, più o meno inconsapevolmente, sono tra quelle che cerco in un buon classico.

      Oscar Mondadori, trad. a cura di S. Bortoli

      Oscar Mondadori, trad. a cura di S. Bortoli

      3) Ritratto di signora, Henry James

      Isabel Archer è una delle eroine più belle e sfortunate della storia della letteratura. Affascinante, indipendente, intelligente, si ritrova ad ereditare un’ingente fortuna, e a compiere uno sbaglio di proporzioni colossali in ambito sentimentale, sposando un inquietante omuncolo interessato solo ai suoi soldi, l’insopportabile, pomposo Gilbert Osmond. La vera tragedia di Isabel è essere stata amata tanto, da tanti, e non essere mai riuscita a capire le persone, e a leggere davvero nel suo cuore.

      È uno dei miei libri preferiti, che rileggo volentieri a cadenza irregolare. Da affiancare all’omonimo film di Jane Campion, con una splendida Nicole Kidman e un cast di tutto rispetto, che include John Malkovich e Viggo Morgensen.

      Edizioni BUR, trad. a cura di B. Boffito Serra

      Edizioni BUR, trad. a cura di B. Boffito Serra

      4) L’età dell’innocenza, Edith Wharton

      Con L’età dell’innocenza, il suo dodicesimo romanzo, la Wharton diventa la prima donna ad essere insignita del premio Pulitzer (1921). Basta leggere L’età dell’innocenza per rendersi conto che il suo successo è più che meritato: la penna della Wharton attacca senza pietà l’ipocrita alta borghesia newyorchese della fine del XIX secolo, svelandone il volto nascosto da una maschera dorata.

      In questo contesto, Newland Archer, avvocato di belle speranze, si trova costretto a sposare May, scialba ma di buona famiglia, pur essendo perdutamente innamorato della cugina, la misteriosa e perduta contessa Ellen Olenska, colpevole di avere “un passato” (una vita scandalosa in Europa! Il divorzio da un dissoluto conte polacco!). Da affiancare all’omonimo film di Scorsese, che vede Michelle Pfeiffer nei panni della contessa Olenska e Winona Ryder in quelli di May Welland.

      eNewton classici, trad. a cura di P. Negri

      eNewton classici, trad. a cura di P. Negri

      5. Via dalla pazza folla, Thomas Hardy

      Confessione: ho iniziato a leggere il celeberrimo romanzo di Hardy da pochissimo, dopo aver visto il nuovo adattamento cinematografico con una splendida Carey Mulligan nei panni della protagonista, la bellissima, indipendente e sfortunata (avete notato quanto spesso questi aggettivi vadano insieme nella descrizione delle eroine dei classici?) Bathsheba Everdene. Anche Bathsheba, come Isabel Archer, ha la tendenza a far innamorare di sé un po’ tutti, dal leale fattore Oak al ricco Boldwood, che si rivela uno stalker della peggior specie. Ovviamente, si innamora dell’unico uomo che non la ricambia, il vanesio, sprezzante sergente Francis Troy, che la rende molto, molto infelice.

      Ah, è anche un romanzo pieno di pecore. Ci sono pecore ovunque. Anche molte mucche. Arcadia pura, insomma.

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      Garzanti, traduzione di Piero Jahier e Maj-Lis Rissler Stoneman

      6) Camera con vista, E. M. Forster

      Lucy Honeychurch è un’altra delle mie eroine preferite in assoluto. Di lei, il pastore Beebe dice che, se si arrischiasse a vivere come suona, sarebbe una delle persone più interessanti del mondo. E lo fa: lascia l’insignificante, freddo fidanzato Cecil per una vita di avventure con l’inappropriato, imprevedibile George, conosciuto durante un viaggio in Italia, complice uno scambio di camere.

      Da affiancare alla visione del film di James Ivory, con un’intensa Helena Bonham Carter nei panni della protagonista.

      Newton Compton, trad. a cura di  P. Meneghelli

      Newton Compton, trad. a cura di P. Meneghelli

      Ultimo consiglio libresco: dopo aver tanto parlato di eroine, vi suggerisco la lettura di un libro che ho amato molto (purtroppo non disponibile in traduzione italiana): How To Be A Heroine: Or, what I’ve learned from reading too much, di Samantha Ellis (di cui ho parlato qui).

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      Dalla redazione è tutto: vi auguro delle bellissime vacanze, piene di avventure, di parole, di storie.

      Soundtrack: Summertime, Ella Fitzgerald e Louis Armstrong

      Posted in Ophelinha legge | 3 Comments | Tagged Anna Karenina, Atticus Finch, Bathsheba Everdene, Bur, Camera con vista, E. M. Forster, Edith Wharton, Effie Briest, Feltrinelli, Garzanti, Go set a Watchman, GSAW, Harper Lee, Henry James, Il buio oltre la siepe, Isabel Archer, Jane Campion, L’età dell’innocenza, Lev Tolstoj, libriinvaligia, Lucy Honeychurch, Movies, Newton Compton, Oscar Mondadori, Oxford World's Classics, Pulitzer, Ritratto di Signora, Scout Finch, Theodor Fontane, Thomas Hardy, Thomas Mann, Truman Capote, un classico è per sempre, Via dalla pazza folla
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