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  • Tag: Scarlett O’Hara

    • Rileggendo i classici #4: i capricci di Rossella O’Hara

      Posted at 11:50 am10 by ophelinhap, on October 30, 2017

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      Quando ero una ragazzina, Via col ventoera uno dei miei film preferiti. Ho visto una decina di volte la prima metà, dato che a una certa ora ero rigorosamente mandata a dormire: per me il film finiva, grosso modo, quando Rossella tornava ad Atlanta e sposava il vecchio Frank Kennedy, sottraendolo con l’inganno a quell’antipatica di Suellen.

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      Fortunatamente, ero riuscita a scovare nella libreria di mia madre una vecchia copia del capolavoro della Mitchell, che mi aveva definitivamente conquistato. Ero riuscita non solo a scoprire cosa succedesse a Rossella, ma anche a capire molto meglio quale fosse stato il vero costo della guerra di Secessione, quali lacerazioni e rivoluzioni sociali avesse portato con sé, quanto avesse modificato la vita tranquilla e sonnolenta dei proprietari delle piantagioni di cotone del Sud, delle loro famiglie e dei loro schiavi.

      Ho riletto il romanzo un paio di volte, prima di riprenderlo in mano alla fine dell’estate scorsa. Negli anni, sono riuscita ad apprezzarlo sempre di più, scoprendo e approfondendo alcuni aspetti che avevo sempre sottovalutato, soffermandomi sull’ossessione amorosa dell’ostinata Rossella per il biondo, etereo, astratto Ashley, sulla passione insaziabile e disperata dell’affascinante Rhett per la nostra impassibile, volubile eroina.

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      In realtà, la tensione amorosa tra i tre personaggi nasconde ben altri temi e spunti di riflessione, che vi propongo qui di seguito.

      Il femminismo di Rossella
      Alle fanciulle del Sud viene chiesto di essere fragili, graziose, delicate, timide. La loro pelle bianca deve essere sempre protetta dal sole, le mani preservate dai guanti. Alle feste devono mangiare poco, perché essere di buona forchetta non è una caratteristica femminile, e comunque quei vitini da vespa vanno preservati con cura. Accalappiarsi un marito è la loro occupazione principale: per raggiungere questo scopo, devono farsi vedere modeste e riservate, parlare poco e assentire molto, sbattere le lunghe ciglia e pendere dalle labbra dei loro spasimanti. Sopra ogni altra cosa, le ragazze del Sud devono mascherare con cura la loro intelligenza: la loro missione è quella di attrarre un gentiluomo che possegga una piantagione, sappia cavalcare abilmente, abbia un’alta soglia di tolleranza al whisky e pensi al posto loro.

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      Rossella ha una mente acuta, un’intelligenza vivace, una naturale propensione per i numeri: se la cultura generale non è il suo forte e la storia, la politica, l’attualità non le interessano, perché le sembra che non la tocchino e non la riguardino, ha un senso per gli affari che poco ha da invidiare agli egregi signori di Atlanta. Dopo la caduta della Georgia, la morte della madre e la pazzia del padre, Rossella non permette alla sua adorata Tara di andare in malora: lavora alacremente, raccogliendo il cotone, prendendosi cura dello scarso bestiame rimasto, difendendo la sua famiglia dagli Scalawag, Sudisti dai pochi scrupoli che sostengono la ricostruzione scendendo a patti con i Nordisti. Rossella rifiuta di farsi sconfiggere: stanca e affamata, dopo aver aiutato Melania, la moglie del suo amato Ashley, a partorire, dopo essere scappata con Melania ammalata e un neonato da un’infernale Atlanta in fiamme, promette a se stessa di sconfiggere la fame e la povertà.

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      Per salvare Tara, la sua famiglia e gli ex-schiavi rimasti, Rossella non esita ad uccidere, o a sposare un uomo che non ama con l’inganno per avere i soldi per pagare le tasse sulla sua piantagione. Stabilitasi ad Atlanta, si dedica anima e corpo al commercio del legname, facendo vergognare il marito Frank Kennedy della sua facilità a fare i calcoli, del suo senso per il commercio, della spietatezza con cui riscuote i debiti, della velocità con cui calcola i tassi d’interesse. La società che la circonda la condanna perché a una donna è chiesto di essere decorativa: se la povertà la costringe a lavorare, deve dedicarsi comunque ad attività prettamente femminili, come la pasticceria o il cucito.

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      Soprattutto, una donna non può, non deve avere più successo del marito e degli uomini che la circondano: la sua indipendenza, la sua intelligenza, la sua abilità negli affari, la sua determinazione e il suo coraggio sono difetti che provocano la sua rovina sociale. Mentre il Sud va in malora e gentiluomini come Ashley non possono fare altro che contemplare le sue rovine e piangere sugli splendori dell’epoca d’oro della Georgia, ormai passata per sempre, Rossella si rifiuta di pensare al passato e costruisce coraggiosamente il suo futuro e quello dei suoi figli, rifiutandosi di rifugiarsi nei ricordi e nei rimpianti e di arrendersi dignitosamente alla povertà.

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      L’amicizia tra Rossella e Melania
      Melania Wilkes è uno dei personaggi meglio riusciti della storia della letteratura. Da brava donna del Sud, è di buona famiglia, timida, modesta, riservata, di buona famiglia e di poche parole: come nella tradizione dei Wilkes, sposa il cugino Ashley e spezza il cuore a Rossella.

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      Rossella la odia, ma promette a Ashley di prendersene cura: resta con lei in un’Atalanta assediata, la aiuta a partorire, la salva da morte sicura e la porta con sé a Tara, dove si prende cura della sua guarigione e del benessere di suo figlio. Melania ama Rossella di un amore cieco: la difende a spada tratta e non permette a nessuno di criticarla e isolarla, anche quando si sposa la prima volta per ripicca, la seconda con l’inganno e la terza senza amore; anche e soprattutto quando viene fuori che Rossella e Ashley se la sono sempre intesa alle sue spalle.

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      La dolce Melly è l’unica a rendersi conto del fatto che il selvaggio, indomabile Rhett ama Rossella di un amore silenzioso, solitario e profondo. Quando Melania muore, Rossella capisce di aver perso la sua vera anima gemella, una persona che l’ha amata tutta la vita senza chiederle niente in cambio, che è stata sempre al suo fianco come un’ombra protettrice e silenziosa. Quando Melandia muore, i castelli di sabbia di Rossella precipitano, e lei si rende conto di aver amato tutta la vita un’illusione.
      Capisce di aver sognato un uomo ideale – un gentiluomo di bell’aspetto, di buona educazione, che incarni l’onore e i valori del Sud; un gentiluomo che sua madre, l’eterea gentildonna Elena de Robillard, avrebbe senza dubbio approvato. Capisce di aver cercato con tutta se stessa di far aderire questo suo ideale al biondo, mansueto Ashley, chiudendo un occhio (o anche tutti e due) davanti alla sue continue mancanze, alla sua passività, alla sua incapacità a vivere una vita reale, con le sue infinite gamme di passioni, dolori e delusioni. Melania è l’unica ad aver capito Rossella, ad averla amata anche nei suoi momenti peggiori, anche quando tutto il resto del mondo le ha girato le spalle.

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      Imparare a vivere con i propri errori
      Non tutte le eroine possono avere lunghi capelli biondi e vivere felici e contente per tutta la vita.
      Mi sono sempre immedesimata in Rossella: testarda, appassionata, visceralmente leale alle cose (Tara) e alle persone (Ashley) che ama – o crede di amare.

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      Rossella non si vergogna di quello che è, non cede alle pressioni delle società che la circonda, fa orecchie da mercante davanti a pettegolezzi e maldicenze: quando le sue illusioni crollano e si rende conto che se avesse capito Ashley non l’avrebbe mai amato, quando Rhett la lascia e si ritrova sola a lottare contro il mondo, Rossella non si arrende, ma si ripromette di continuare a provare, anche col rischio di sbagliare. Dopotutto, domani è un altro giorno.

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      Il canto del cigno del Sud
      L’epopea della Mitchell è un omaggio al crepuscolo degli dei sudisti, alla fine di un’epoca aurea, fatta di pomeriggi sonnolenti di terra rossa, di eleganza e di armonia, di un ritmo di vita lento e misurato, scandito dal tempi del cotone e dagli eventi mondani: balli e barbecue, visite ai vicini e passeggiate a cavallo. I due protagonisti maschili che si contendono il cuore di Rossella incarnano il passato e il presente: l’elegante, pacato Ashley rappresenta il vecchio Sud dei coltivatori benestanti, il gentiluomo d’altri tempi che non è capace di adattarsi al cambiamento e lottare per la sopravvivenza, ma preferisce svanire insieme al sogno di una vita che non tornerà più.

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      Rhett invece è il cambiamento stesso, coi suoi pochi scrupoli che gli permettono di arricchirsi grazie alla guerra e alla sua camaleontica capacità di adattarsi e compagnie, contesti e situazioni diverse. Francamente, Rhett se ne infischia, tranne quando si tratta della volitiva, inafferrabile Rossella e di quell’onore scomodo che non gli permette di dimenticare di essere un figlio del Sud, dopotutto, inesorabilmente ammalato di una nostalgia che ha radici nel profondo: nella terra rossa, nei pomeriggi afosi, nella pelle bianchissima delle belle del ballo, nell’aver fatto parte di un mondo che non esiste più.

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      Quando ero ragazzina e sognavo di volare via col vento (lontano, lontanissimo dal mio Sud, da quella Calabria di terra rossa e cieli blu da fare male, da quel paesino che mi stava così stretto), avevo chiamato la mia gatta Tara e sognavo la mia versione di Ashley, senza poter prevedere che, una volta cresciuta, sarebbero stati i Rhett del mondo a togliermi il respiro.
      Quando ero ragazzina e leggevo Via col vento, mio nonno comprava Famiglia Cristiana e mi lasciava sempre gli inserti letterari. Una domenica è successo che l’inserto fosse intitolato I capricci di Rossella e fosse dedicato all’immortale Katie Scarlett, la ragazza di Tara, la belle du bal, la civetta smorfiosa che accalappiava più beaux delle altre ragazze, che per questo non le erano amiche.

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      L’articolo era accompagnato da una bellissima illustrazione – se chiudo gli occhi la rivedo come devo averla vista in quella domenica assolata: Rossella col celeberrimo vestito bianco a fiorellini verdi che indossa al barbecue a casa Wilkes, il giorno in cui scopre che Ashley non sarà mai suo; Rossella con gli occhi verdissimi e un sopracciglio innalzato in segno di sdegno. Fiddle-dee-dee!
      Mia madre mi aveva allungato l’editoriale dicendomi: Tieni, è la tua eroina; sei capricciosa proprio come lei’. Lì per lì ci ero rimasta male, ma, anni dopo, ho capito.

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      Non erano capricci i tuoi, Rossella: erano un misto di scontentezza, irrequietezza, ansia spasmodica di capire chi fossi e quale fosse il tuo posto nel mondo. Non eri una volubile coquette: volevi amare, ma non ti eri mai interrogata sui sentimenti (i tuoi e quegli degli altri). Sopra ogni altra cosa, volevi essere amata: volevi essere reputata degna d’amore, nonostante i tuoi errori, nonostante quelle scelte di vita che ti avevano fatto dimenticare gli insegnamenti di tua madre Ellen – e fatto perdere di vista te stessa. Dopo la guerra, dopo la fuga da Atlanta, dopo la morte di tua madre, dopo aver lavorato tanto per fare in modo che tu e la tua famiglia non aveste mai più fame, avresti tanto voluto qualcuno che ti prendesse tra le braccia e ti dicesse che tutto andava bene, che tu andavi ancora bene, nonostante le scelte infelici e le bruttezze imposte da una guerra di cui non condividi il cieco idealismo.
      No, Rossella, i nostri non erano capricci. Fiddle-dee-dee!

      fiddle dee dee

      Soundtrack: la colonna sonora di Via col vento, ovviamente

      Posted in Ophelinha legge, Uncategorized | 1 Comment | Tagged ashley wilkes, Guerra di secessione, Katie Scarlett, Margaret Mitchell, Melly Hamilton, Rhett Butler, Rileggendo i classici, Scarlett O'Hara, un classico è per sempre
    • The rules of (literary) dating – un elenco semiserio di frequentazioni letterarie

      Posted at 11:50 am04 by ophelinhap, on April 22, 2015

      indexUn’educazione bovaristica e un’esposizione precoce a certi tipi di letture hanno l’indubbio svantaggio di generare aspettative che non potranno mai essere soddisfatte. Tuttavia, perché guardare il bicchiere mezzo vuoto? Se Jane Austen & company ci hanno insegnato qualcosa, è anche – e soprattutto – l’arte di percepire determinati segnali che, come campanelli d’allarme, gettano una nuova luce sul protagonista di una storia, rendendolo un eroe degno delle attenzioni della protagonista, un perfido cialtrone, un’insignificante macchietta.

      Perché allora non utilizzare questo “superpotere” anche nella vita di tutti i giorni? In fondo, la letteratura è imitazione della vita, no?

      Quindi vi propongo un inventario semiserio (che mi sono divertita un sacco a compilare) di tipologie di eroi/vili marrani in cui ogni lettrice che si rispetti è incappata, prima o poi, tanto tra le pagine di un libro che nella vita vera.

      In quale tipologia vi rispecchiate maggiormente? In ogni caso, niente panico: come scriveva Jane Austen alla nipote Fanny Knight

      Non andare di fretta; abbi fiducia, l’Uomo giusto alla fine arriverà; nel corso dei prossimi due o tre anni, incontrerai qualcuno più unanimemente ineccepibile di chiunque tu abbia già conosciuto, che ti amerà con un ardore che Lui non ha mai avuto, e che ti affascinerà in modo così totale, da farti sembrare di non aver mai veramente amato prima.

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      Tipologia A – Il Mr Darcy (Orgoglio e Pregiudizio, Jane Austen)

      Non è sicuramente il tipo adatto a fare il +1 ad un matrimonio, un compleanno, una cena di lavoro, nè il partner ideale per il corso di tango, dal momento che si rifiuta di ballare. A pensarci bene, non è solo il ballo il problema: la sua vita sociale è fortemente limitata dalla sua scarsa disponibilità a mescolarsi con la gente che non conosce, da quella sua tendenza a fare un po’ l’orso della situazione e a starsene in disparte, con un’espressione tra il serio e l’annoiato, studiando attentamente i titoli della libreria del padrone di casa di turno (probabilmente per criticarne segretamente gusti e scelte).

      Non ha un grandissimo senso dell’umorismo, è riservato e ha bisogno di (tanto) tempo per aprirsi, e accordare la sua fiducia: tempo che passerete cercando di capire cosa gli passi veramente per la testa. In fondo è un po’ come un riccio, irto e irsuto fuori, sorprendentemente dolce e gentile dentro. Onesto, leale, generoso, è sempre pronto a dare una mano, specie se si tratta di tirare fuori dai guai la fanciulla che occupa gran parte dei suoi (criptici) pensieri, magari a sua insaputa. Dire che ha un brutto carattere è un eufemismo: è spesso burbero e cupo, tremendamente orgoglioso (potremmo dire pieno di sé..): una volta persa, la sua stima è persa per sempre. Testardo fino all’esasperazione, non darà soddisfazione alle insicure in cerca di conferme: ma le sue (rarissime) dichiarazioni, lungamente represse, sono sincere e impetuose, e non ci si dimentica facilmente della sua ardente stima e ammirazione.

      Il Mr Darcy scrive inoltre bellissime lettere, ma le amanti del genere epistolare non dovrebbero nutrire illusioni: le sue missive sono infatti volte a riparare qualche suo errore di giudizio tremendamente stupido, che avrà diminuito infinitamente il suo valore agli occhi della Lizzie di turno, incline, a sua volta, a cadere vittima dei suoi pregiudizi. Ma, in fondo, il bel tenebroso piace anche per questo, no? Lunghe passeggiate all’aria aperta possono rivelarsi il metodo migliore per superare le (innumerevoli) controversie, perché, ammettiamolo, quando ci innamoriamo perdiamo tutti la ragione (vero, zia Jane?)

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      Tipologia B – L’ Heatchcliff (Cime tempestose, Emily Brontë)

      Ammettetelo: vi piacciono i bad boy, i tipi cupi, tormentati, misteriosi, irrequieti, inquieti, sempre fuori posto e fuori tempo. Se è cosi, Heathcliff, il selvatico e appassionato protagonista maschile di Cime tempestose, la cui complicata personalità, a cavallo tra bene e male, incarna quelle lande selvagge e desolate dello Yorkshire che fanno da sfondo alla sua storia d’amore con la capricciosa Cathy, fa al caso vostro.

      Non potreste mai invitarlo a mangiare la lasagna a casa di vostra madre la domenica, anche perché, diciamocela tutta, molto probabilmente non si presenterebbe (senza nemmeno avvisarvi): ma riuscirebbe comunque a farsi perdonare il bidone, perché il ragazzo sa farci con le parole, quando vuole.

      Non è di certo una persona convenzionale o ortodossa: gli piace distinguersi e fare l’alternativo, e poco gli importa dell’opinione altrui.

      Nessuno potrebbe mai capire il vostro amore: ma, anche se il mondo intero fosse contro di voi, non v’importerebbe, perché le vostre anime sono fatte esattamente della stessa sostanza. Il vostro amore non cambierà come le foglie d’autunno: piuttosto, somiglia alle rocce eterne che stanno sotto quegli alberi stessi, una fonte di piacere ben poco visibile, ma necessaria.

      Il problema è che, a volte, il suo comportamento fin troppo eccentrico e sprezzante potrebbe portarvi a vergognarvi di lui, e ad allontanarvi. In questo caso, l’Heatchliff sarebbe portato a farvi vedere la sua parte peggiore di sé: sprezzante, possessiva, gelosa, poco incline a perdonare e a dimenticare.

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      Tipologia C – Il Rhett Butler (Via col vento, Margaret Mitchell)

      (Vedi anche alla voce: potrei ma non voglio, vorrei ma non posso)

      Che strazio i se e i forse! Se non aveste sprecato tempo prezioso sospirando drammaticamente per qualcuno che, in fondo, non sarebbe mai stato quello giusto, forse vi sareste accorte prima di quel Rhett che vi stava accanto, aspettando solo di essere notato da voi.

      Il Rhett non corrisponde allo stereotipo di gentiluomo americano del Sud – anzi. Beve come una spugna, bestemmia come un camionista, non si sottrae mai a una rissa, e, francamente, se ne infischia dell’opinione altrui.

      Non si sdilinquisce in complimenti, dice sempre quello che pensa, è egoista ma generoso al momento opportuno, protettivo dei più deboli (Bella Waitling vi dice qualcosa?), e, udite! udite! Ama i bambini!

      La sua pazienza sconfina nella testardaggine: tuttavia, dopo aver superato un certo limite, francamente se ne infischia. Poco male: domani è un altro giorno, vero?

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      Tipologia D – Il Florentino Ariza (L’amore ai tempi del colera, Gabriel García Márquez)

      Il Florentino non è un tipo che si fa notare: è quasi insignificante, nascosto sotto un mantello dell’invisibilità di potteriana memoria. Eppure, ha un suo perché: scrive incantevoli lettere d’amore, e si distingue per la sua incredibile tenacia, che lo rende capace di attendere 51 anni, nove mesi e quattro giorni (beh, forse non così tanto: ma ho reso l’idea, no?), sfidando l’odore penetrante delle mandorle amare armato delle sua silenziosa pertinacia.

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      Tipologia E – Il Willoughby (Ragione e sentimento, Jane Austen)

      Fanciulle, fate attenzione: il Willoughby vi mentirà spudoratamente, negando davanti alla più palese evidenza; vi farà aspettare ore e ore (con conseguenti gastriti e insonnie) una sua chiamata (che non arriverà mai, ovviamente); vi farà credere di essere l’unica (ingenua, che crede che le “telefonate di lavoro” possano arrivare anche dopo mezzanotte). Arriverà perfino a chiedervi un ricciolo da tenere sempre con sé, e a farvi visitare (di nascosto, s’intende) la magione di sua zia che spera di ereditare, un giorno.

      Diciamocela tutta: è insopportabilmente affascinante, ha (o finge di avere) i vostri stessi gusti musicali e letterari, è sempre pronto a farvi da complice quando avete voglia di ridere di voi stesse e degli altri – specie di quel qualcuno timido e un po’ imbranato che cerca di ronzare dalle vostre parti (povero colonnello Brandon).

      Poi non dite che zia Jane non vi aveva messo in guardia: lettrice avvisata, mezza salvata.

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      Tipologia F – Il Rochester (Jane Eyre, Charlotte Brontë)

      Date retta a Charlotte Brontë: non uscite col vostro capo (o collega). Se proprio non riuscite a farne a meno (ah, l’ammmmore), cercate almeno di capire se avete a che fare con Il Rochester.

      Se fa finta di flirtare con fanciulle dal nome pretenzioso (Blanche, dico a te) e il suo comportamento oscilla schizofrenicamente tra il possessivo e il distaccato, è molto probabile che nasconda in soffitta qualche scheletro (o una moglie pazza).

      Tuttavia, se riuscite a fare breccia nel suo cuore di pietra, dirimere i nodi del suo oscuro e tormentato passato e raggiungere con lui un rapporto assolutamente paritario (senza aspettare che, per esempio, perda parzialmente la vista in un incendio per riconoscere che ha bisogno di voi, perché, per dirla tutta, è anche un po’ misogino) allora, lettrici, potreste anche arrivare a sposarvelo.

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      Tipologia G – L’Amleto (Amleto, William Shakespeare)

      V’ama, non v’ama, v’ama, non v’ama. Vi trova fin troppo belle, così belle che l’unico modo per preservare la vostra purezza e onestà è chiudervi in un convento. Ha problemi a casa (e che problemi, tra complesso di Edipo, di Medea, ecc.), il momento non è quello giusto, probabilmente frequenta compagnie (fantasmi) sbagliate (defunte).

      In ogni caso, i suoi problemi esistenziali sono decisamente più grandi di voi due messi insieme. Se passa troppo tempo a parlare da solo con un teschio in mano, non aspettate di fare la fine della dolce e bellissima Ofelia: scappate.

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      Tipologia H – L’Otello (Otello, William Shakespeare)

      Attenti alla gelosia, quel mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre!

      Tutto va bene tra voi; eppure, per qualche oscuro, recondito motivo, L’Otello avverte l’insana necessità di controllare costantemente il vostro telefono (appena vi girate dall’altra parte), giocare al piccolo hacker col vostro account Facebook, chiedere a un amico di sorvegliarvi.

      L’Otello sembra forte, ma ha una personalità molto debole: è facile manipolarlo e convincerlo del fatto che due più due faccia cinque, a scapito della vostra relazione (e della vostra salute mentale).

      Ricordatemi se queste cose finiscono bene, ché ho un’amnesia temporanea.

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      Tipologia I – L’Humbert Humbert (Lolita, Vladimir Nabokov)

      Magari è amore a prima vista, ultima vista, eterna vista, ma lui vi sembra forse lievemente ossessionato dal suo primo amore pre-adolescenziale e non riesce proprio a smettere di parlarne?

      Scappate.

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      Tipologia J : Il Vronskij (Anna Karenina, Leo Tolstoj)

      Il Vronskij non è tipo da tirarsi indietro davanti a una sfida: quando si prefigge un obiettivo, niente può fermarlo. Quando vuole qualcosa, deve averla. Più è difficile ottenerla, più la vuole. Niente e nessuno (che sia un noioso marito burocrate, o una madre desiderosa di farlo sposare per soldi) possono distoglierlo dalla meta prefissa.

      Il fatto che sia estremamente affascinante è innegabile: tuttavia, la sua esteriorità patinata spesso nasconde una personalità narcisistica e superficiale, interessante e profonda quanto i discorsi motivazionali delle candidate a Miss Italia.

      Siete sicure di aver veramente trovato l’anima gemella, e di voler sacrificare tutto per lui?

      Potete leggere questo post in Inglese qui.

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      Versus

      Posted in Frammenti di un discorso amoroso, Letteratura e dintorni | 17 Comments | Tagged Amleto, Anna Karenina, aunt jane, Cathy Earnshaw, Charlotte Brontë, Cime tempestose, Emily Brontë, Fanny Knight, Florentino Ariza, Gabo, Gabriel García Márquez, Gone with the Wind, Hamlet, heathcliff, Humbert Humbert, Jane Austen, Jane Eyre, Janeite, L'amore ai tempi del colera, Lev Tolstoj, Lizzie Bennet, Lolita, Margaret Mitchell, Mr Darcy, Ofelia, Otello, Ragione e Sentimento, Rhett Butler, Rochester, Rossella O'Hara, Scarlett O'Hara, Sense and Sensibility, Shakespeare, Via col Vento, Vladimir Nabokov, Vronskij, Willoughby, Wuthering Heights
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