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    • Il Calendario dell’Avvento Letterario#16: un Natale Regency con Jane Austen

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 16, 2015

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      Questa casella, aperta da me medesima, è dedicata a Jane Austen, nata il 16 dicembre 1775, e corredata da una strenna gastro-letteraria offerta da Sigrid de Il cavoletto di Bruxelles.

      janefruitcake

      Inghilterra, fine XVIII secolo: dopo l’embargo del Natale imposto dai Puritani, si ricomincia a festeggiare la stagione dell’agrifoglio e dello Yule, il ceppo natalizio messo ad ardere nel caminetto la notte di Natale.
      Prima dell’epoca Regency non era stata certo the season to be jolly, la stagione dell’allegria, come predica un famoso Christmas carol: nel 1644, Oliver Cromwell aveva deciso di bandire il Natale, sostenendo che favoriva piaceri dei sensi e della carne in grado di obnubilare l’essenza religiosa della festività. I Puritani, in generale, non amavano il Natale perchè lo associavano alla chiesa di Roma, e sostenevano che nelle Sacre Scritture non ci fosse alcuna menzione del 25 dicembre: si trattava semplicemente di un tentativo della chiesa cattolica di incorporare la festività pagana del solstizio d’inverno, svuotandola della sua valenza profana e attribuendogliene una sacra, incoraggiando al tempo stesso i fedeli agli eccessi. I canti di Natale erano stati proibiti, e chiunque si fosse azzardato a cucinare un’oca, una torta o un pudding natalizio sarebbe stato punito con la confisca del bene incriminato e multe salate.

      Fortunatamente, Jane Austen e sua sorella Cassandra vivono nell’era georgiana (1714 – 1830), ben più liberale e permissiva nei confronti del Natale. Il periodo georgiano prende il nome dal primo dei  quatto Hannover ad essere insignito della corona reale in suolo britannico, George I. Il periodo della reggenza degli Hannover, da George I a George IV, viene per l’appunto chiamato regency. E, parlando di Regency, si parla di Jane Austen quasi per antonomasia, identificando il momento storico con la pubblicazione e diffusione dei suoi romanzi, che a loro volta definiscono canoni di abbigliamento e di comportamento che diventeranno tratti essenziali dello stesso periodo regency.

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      Jane e Cassandra, come le altre ragazze dell’epoca, decorano la loro casa (il rettorato di Steventon) di agrifoglio, alloro, rosmarino ed edera. Anche la frutta fresca – specie arance, mele e limoni – viene usata per decorare, sia per il suo profumo, sia come indicatore dello status sociale della famiglia, in grado di permettersi frutta fuori stagione o addirittura in possesso di una serra riscaldata. Si inizia a decorare la casa il giorno della vigilia di Natale: farlo prima porta male.

      kissing bough

      georgian dining room

      A Natale iniziano i dodici giorni di Natale (vi ricordate il Christmas carol di cui vi parlavo qualche casella fa?), che culminano nella Twelfth night, la dodicesima notte, che celebra l’arrivo dell’Epifania. Dalle sue lettere, sappiamo che Jane Austen festeggiava i dodici giorni di Natale: un turbinio di giochi, come sciarade e tableaux vivants (rappresentazioni di quadri viventi), balli e pietanze tipicamente natalizie, come le mince pies (la cui origine risale addirittura all’epoca delle Crociate) nella variante con e senza carne, la Twelfth Night cake, un sacco di punch diversi e l’immancabile Christmas pudding, di cui torneremo a parlare più tardi.

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      Ogni famiglia si prepara a ricevere un flusso costante di ospiti: in particolare, giovani in età da matrimonio – o quantomeno da fidanzamento – di ritorno da università, rettorati, reggimenti, navi della marina inglese. Così il Natale regency, oltre ad essere la stagione della gioia, dei balli e dell’agrifoglio, diventa la stagione del match-making: è il momento di sistemare quelle fanciulle in età da marito che rischiano di vedersi condannate a una vita solitaria di zitelle dai mezzi limitati (ad essere sinceri, quello che sembra più preoccupare le fanciulle dell’epoca è la mancanza di mezzi più che la mancanza di marito. Erano delle Bridget Jones in crinoline e mussoline, insomma).

      The mistletoe or Christmas gambols, c1796 British Museum 1884

      The mistletoe or Christmas gambols, c1796 British Museum 1884

      Il Natale del 1795 è particolarmente significativo per Jane Austen: a vent’anni si innamora per la prima volta, e si ritrova per la prima volta col cuore spezzato (ironico come le due cose tendano ad andare insieme…)
      L’oggetto della sua infatuazione è il giovane, affascinante Thomas Langlois Lefroy, di origini irlandesi, studente di legge, venuto in Inghilterra a trascorrere il Natale con sua zia, Madam Lefroy.

      Tom Lefroy
      Jane è giovane, carina, fresca, entusiasta, vivace, molto più disinibita, impulsiva e incline al flirt di quello che si potrebbe pensare.
      Claire Tomalin, autrice della biografia Jane Austen: A Life, scrive della Austen:
      “(Jane) was already greatly admired among the many gentlemen of the neighborhood, and it was to become a moot point with her whether flirtation or novel-writing afforded her greater delight. On the whole, she rather inclined to believe that it must be flirtation…”
      (Jane era già oggetto dell’ammirazione di molti gentiluomini dei dintorni, tanto che viene  da chiedersi se lei stessa traesse più piacere dai flirt o dalla scrittura. Nel complesso, propendeva per il flirt…)

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      Galeotti sono i balli, che a Natale sono più numerosi che mai e offrono intrattenimento alla gentry di campagna e ai loro ospiti. I balli sono una delle poche occasioni in cui si può parlare privatamente con persone dell’altro sesso, complici il rumore e la confusione di sale affollate e una prossimità fisica più unica che rara. Ci sono comunque tutta una serie di norme sociali da rispettare: non si può danzare con una fanciulla che non si conosce senza prima aver chiesto di essere presentati; ballare con uno sconosciuto può portare una ragazza alla rovina sociale; se una ragazza rifiuta di ballare con qualcuno che non le garba, deve rifiutare di ballare con tutti gli altri (per questo, in Orgoglio e pregiudizio, Elizabeth Bennet acconsente alla richiesta dell’odioso cugino Collins, che la prenota per due danze –  il numero massimo di balli concesssi con lo stesso partner).

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      A vent’anni, Jane adora i balli; segue le ultime mode e tendenze in fatto di abbigliamento e capigliature ed è instancabile, vantandosi con la sorella Cassandra di aver danzato venti balli di fila, senza fermarsi nè stancarsi. Jane e Tom flirtano apertamente nelle sale da ballo – e non solo – attirando l’attenzione di tutti e diventando oggetto di pettegolezzi e preoccupazioni per le rispettive famiglie. Jane sa che il soggiorno di Tom nello Hampshire è limitato nel tempo: ma ha deciso di innamorarsi, e niente riesce a farla desistere dal suo proposito, nemmeno la mancanza di prospettive  concrete dei due innamorati.

      Jane sembra convinta dell’affetto e delle costanza del suo innamorato, tanto da scrivere alla sorella Cassandra – che la rimprovera per la sua imprudenza – di aspettarsi una proposta di matrimonio da Tom nel corso dell’ultimo ballo a cui avrebbero partecipato tutti e due, ad Ashe. Le preannuncia, scherzosamente, che ha intenzione di rifiutare, a meno che lui non riununci ad indossare un cappotto bianco, per via del quale Jane l’ha preso in giro più volte.
      Tuttavia, il ballo tanto atteso, nei confronti del quale Jane ha nutrito tante speranze, è destinato a spezzarle il cuore: Tom non vi parteciperà, costretto dalla sua famiglia a partire immediatamente per  Londra per evitare i danni e le conseguenze di un fidanzamento tra due giovani quasi del tutto sprovvisti di mezzi. La famiglia di Tom era povera, la sua istruzione era pagata da un vecchio zio benestante; la stessa Jane non aveva di certo una dote che potesse permetterle di sposarsi per amore.
      I due sono destinati a non rivedersi mai più. Lo stesso fatidico venerdì del ballo rovinato, del fidanzamento mancato, Jane scrive alla sorella Cassandra:
      “At lenght the day is come on which I have to flirt my last with Tom Lefroy, and when you receive this it will be over. My tears flow as I write at the melancholy idea”
      (Alla fine è giunto il giorno che ha messo termine al mio flirt con Tom Lefroy, e, quando riceverai questa mia lettera, tutto sarà già finito. Alla sola idea, lacrime di malinconia scorrono copiose mentre scrivo).

      Dal film

      Dal film “Becoming Jane”

      Da quel famigerato Natale del 1795, Jane porta con sé l’amara consapevolezza della vulnerabilità, del desiderio, della passione amorosa, delle farfalle nello stomaco, della speranza, del dolore della perdita. Scrive Michiko Kakutani, celeberrimo e temuto critico del New York Times:

      “No doubt the disappointment of this love affair galvanized feelings of vulnerability and defensiveness that Austen felt as a child. It was in the months after Lefroy’s departure from Hampshire that Austen turned incresingly to writing”.
      (Non c’è dubbio che la delusione amorosa abbia galvanizzato un senso di vulnerabilità e impotenza che la Austen nutriva fin da piccola. Proprio nei mesi successivi alla partenza di Lefroy dallo Hampshire, la Austen si dedica sempre di più alla scrittura).

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      Jane è stata bruciata: ha amato ed è stata lasciata, senza nemmeno poter vedere Tom un’ultima volta, senza nemmeno dirgli addio. Se lui chiama la prima figlia Jane Christmas Lefroy, lei trasforma passione amorosa e dolore in grande letteratura, condendo il tutto di una buona dose delle sua inimitabile ironia.

      Mi piace pensare che il cuore spezzato di Jane abbia trovato sollievo tra le braccia dell’amata sorella Cassandra e quelle materne. Mi piace pensare che Jane sia stata assorbita dai preparativi degli ultimi giorni delle festività natalizie, e abbia preferito essere attiva, scendendo ad aiutare in cucina, magari preparando il bread pudding di mamma Austen, che oggi potete provare a preparare anche voi, grazie a Sigrid de Il cavoletto di Bruxelles . Sigrid, ispirandosi a questa ricetta in versi di mamma Austen, ha ricreato la sua propria variante di bread pudding con un twist à la cavoletto.
      La ricetta e le foto che seguono sono opera delle manine, della cucina e della macchina fotografica di Sigrid.

      Il bread pudding di Mrs Austen

      brioche del giorno dopo 420g
      latte 500ml
      burro 100g
      uvetta di Corinto 100g
      zucchero 100d
      tuorli 3
      acqua di rosa 3 cucchiai
      cardamomo macinato mezzo cucchiaino
      chiodi di garofano 3
      noce moscata una grattugiata
      una bustina di tè nero

      1. Preparare una tazza di tè, versarla sull’uvetta e lasciare in ammollo per 10 minuti.
      2. Tagliare la brioche a cubetti e versarli in una teglia da forno.
      3. Portare il latte a ebollizione insieme al cardamomo e ai chiodi di garofano.
      4. Preparare una crema inglese: sbattere i tuorli con lo zucchero, fino a ottenere un composto di color chiaro. Versarci sopra il latte (dal quale avrete tolto i chiodi di garofano), mescolare bene con la frusta, poi riversare il tutto nel pentolino del latte e mescolare con un cucchiaio di legna a fuoco basso (attenzione, il composto non deve bollire) fino a quando la crema si sarà leggermente addensata. Spegnere, incorporare il burro tagliato a pezzettini, l’acqua di rosa e la noce moscata.
      5. Scolare l’uvetta e mescolarla con i dadini di brioche. Versare la crema profumata sui dadini di brioche, coprire e lasciar riposare per un paio d’ore o una notte intera.
      6. Infornare il tutto a 180°C per circa 50 minuti o fino a quando si forma una crosticina in superficie. Servire tiepido, cosparso di zucchero a velo.

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      Soundtrack: Deck the halls, un altro dei miei Christmas carols preferiti (deck the halls with boughs of holly, tis the season to be jolly)

      Per saperne di più:

      A Jane Austen Christmas: Celebrating the Season of Romance, Ribbons and Mistletoe, Carlo De Vito

      Bonus extra: un’infografica sul Natale inglese

      anglotopia-christmas-infographic1.png

      Posted in Letteratura e dintorni | 13 Comments | Tagged #AvventoLetterario, A Jane Austen Christmas, Anglofilia, Ashe, Becoming Jane, bread pudding, Bridget Jones, Carlo Devito, Cassandra Austen, christmas carols, Christmas pudding, Claire Tomalin, Crociate, Deck the halls, Elizabeth Bennet, era georgiana, Hampshire, Hannover, i dodici giorni di Natale, il bread pudding di Mrs Austen, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Il cavoletto di Bruxelles, Jane Austen, Jane Austen: a life, ma dove vai se l'infografica non ce l'hai, Madam Lefroy, Michiko Kakutani, Mr Collins, Natale 1795, Natale inglese, New York Times, Oliver Cromwell, orgoglio e pregiudizio, Puritani, Regency, sciarade, Sigrid Verbert, Steventon, Thomas Langlois Lefroy, tis the season to be jolly, Twelfth night, Twelfth Night cake, Twelve nights of Christmas, Yule
    • Le cose che ho imparato dalle eroine di Jane Austen

      Posted at 11:50 am06 by ophelinhap, on June 19, 2015

      jane-austen-quotesNel mio percorso di lettrice quasi onnivora e blogger incostante e disordinata, mi sono resa conto  – con sorpresa e non senza una certa amarezza – che i lettori si dividono in due grandi fazioni: i Janeite (aka fan di Jane Austen: qui spiego l’origine del termine) e coloro che nel tempo ho deciso di definire Austenskeptics.

      Chi sono gli Austenskeptics?

      La fascia demografica maggiormente interessata da questo scetticismo, non scevro di molti, moltissimi pregiudizi, è rappresentata da uomini, solitamente tra i 20 e i 40 anni. Nella maggior parte dei casi l’Austenskeptic non ha nemmeno aperto un libro di Jane Austen, o ha visto uno degli adattamenti cinematografici (magari uno dei peggiori, tipo Bride and Prejudice, ovvero: Jane Austen meets Bollywood), o è stato costretto a studiare Orgoglio e pregiudizio da una cattivissima professoressa di letteratura inglese, che non ha mai perdonato.

      Nella maggior parte dei casi, l’Austenskeptic ha solo una vaghissima idea di chi sia Jane Austen (che chiama Jane AustIn, scrivendolo proprio in questo modo) e rimane convinto del fatto che i suoi romanzi siano una specie di Dinasty in salsa Regency, abitati da inconsistenti fanciulle, le cui vite si diramano tra discussioni su pizzi, merletti e mussoline e complotti matrimoniali. Insomma, Becky Bloomwood, la shopaholic di Sophie Kinsella, incontra una triade composta da Gramellini, Moccia e Paulo Coelho. WRONG.

      Nella categoria degli Austenskeptics rientra anche un discreto numero di donne, tra i 20 e i 30 anni, convinte del fatto che leggere la Austen intacchi un po’ il loro status di lettrici di romanzi “forti”, e che quindi verrebbero prese meno sul serio  – come dire a un carnivoro accanito: mangi troppa carne, sicuramente il pesce non fa per te. WRONG.

      Da anglofila accanita che sogna di trasferirsi (presto) a Londra e per la pensione (che non arriverà mai, lo so, lo so) un buen retiro epicureo in un cottage nel Derbyshire o simili (magari dalle parti di Chatsworth House) ho letto e riletto i libri della Austen, apprezzandone il sarcasmo, la critica della società inglese dell’epoca, l’intelligenza e l’indipendenza delle sue eroine, lo stile, unico ed inimitabile. E, come spesso succede con quelle letture giovanili che ci si porta dietro – e dentro – da ogni vicenda, da ogni eroina ho estrapolato alcune delle lezioni di Aunt Jane.

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      Credere nelle seconde possibilità

      Anne Elliot, la timida ma decisa protagonista di Persuasione, soccombe alla pressione sociale, che la vorrebbe destinata a un buon matrimonio, e rompe il fidanzamento con l’amore della sua vita, Frederick Wentworth. Quando, anni dopo, lo incontra nuovamente, capisce di non aver mai smesso di amarlo, di aver sbagliato a lasciare che stantie convenzioni sociali diventassero causa della sua infelicità e solitudine. Wentworth non ha mai perdonato ad Anne di averlo lasciato ed è freddo e ostile con lei. Le rimprovera di aver ceduto alla persuasione esercitata alla sua famiglia, di non essere forte e decisa, di non averlo voluto abbastanza.

      Davanti alla dolcezza e alla pazienza di Anne, Wentworth abbassa le sue difese e mette da parte il suo orgoglio, concedendole una seconda chance con una delle dichiarazioni più belle che io abbia mai letto:

      Non posso più ascoltare in silenzio. Devo parlarvi con i mezzi che ho a disposizione. Mi straziate l’anima. Sono metà in agonia e metà pieno di speranza. Ditemi che non è troppo tardi, che quei preziosi sentimenti non sono svaniti per sempre. Mi offro di nuovo a voi con un cuore ancora più vostro di quando lo avete quasi spezzato la prima volta otto anni e mezzo fa. Non osate dire che un uomo dimentica più presto di una donna, che il suo amore ha una fine più prematura. Non ho amato altri che voi. Posso essere stato ingiusto, debole e pieno di risentimento, ma mai incostante.

      (trad. Giuseppe Ierolli)

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      L’arte di avere pazienza

      Quando Jane Bennet (la bellissima sorella di Lizzie Bennet in Orgoglio e pregiudizio) crede aver di improvvisamente – e senza apparente ragione – perduto l’amore di Bingley, convinto di esserle indifferente, non inizia immediatamente ad odiarlo, non passa al prossimo spasimante, non si accontenta. Aspetta. Coltiva il suo cuore spezzato, lo nutre, lo rimette insieme. E torna a sorridere, ancora prima che Bingley torni da lei.

      Detto da me, la persona più ansiosa e impaziente del mondo, può sembrare poco coerente; tuttavia, in un mondo troppo veloce, piegato alla filosofia del tutto e subito, ammiro l’ardente, coraggiosa, per nulla rassegnata pazienza delle eroine austeniane, la loro arte dell’attesa.

      In Ragione e sentimento, Elinor aspetta Edward, intrappolato in un imprudente – e infelice – fidanzamento segreto. In Persuasione, Wentworth e Anne si aspettano, e tornano insieme dopo sette anni. La Austen instilla nelle sue eroine la necessità di fare le scelte più giuste per la loro felicità, senza accontentarsi, senza aver paura di rimanere sole – lei stessa non si è mai sposata, e, in una lettera alla nipote Fanny, le suggerisce di aspettare, non avere fretta: l’uomo giusto arriva, prima o poi. E, anche se non arrivasse, non sarebbe una tragedia.

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      L’arte di non prendersi troppo sul serio

      Lizzie Bennet, la volitiva protagonista di Orgoglio e pregiudizio, ama ridere di se stessa e degli altri, vedere il ridicolo nascosto in ogni situazione, anche imbarazzante o spiacevole – ad esempio, nella proposta di matrimonio del cugino, il pomposo Mr Collins, adulatore di professione. Benché ferita nell’orgoglio, riesce a farsi una risata anche sul rifiuto di Mr Darcy di ballare con lei, perché non abbastanza bella per tentarlo.

      Se Lizzie è il sole, Mr Darcy è la luna, serio, composito, tendente al cupo. Quando, per stuzzicarlo, Elizabeth suggerisce alla sorella di Bingley di ridere di lui e lei si rifiuta, scandalizzata, la nostra eroina protesta con veemenza:

      Non si può ridere di Mr. Darcy! È un vantaggio non comune, e spero che continuerà a essere non comune, perché per me sarebbe una grossa perdita avere molte conoscenze del genere. Mi piace così tanto una bella risata. (…)Spero di non mettere mai in ridicolo ciò che è saggio e buono. Stravaganze e sciocchezze, capricci e assurdità mi divertono, lo ammetto, e ne rido ogni volta che posso.

      (trad. Giuseppe Ierolli)

       

      La stessa Jane Austen, in una lettera alla sorella Cassandra, definisce Elizabeth “la creatura più incantevole che sia mai apparsa sulla carta stampata, e non so proprio come farò a sopportare quelli a cui non piace…”. Forse nessuna eroina le assomiglia tanto: praticamente coetanee (Elizabeth dichiara di non aver ancora compiuto 21 anni, l’età della Austen quando scrive Orgoglio&Pregiudizio) le due condividono la stessa vivacità intellettuale, la stessa curiosità per la natura umana, un senso dell’umorismo molto simile.

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      Svenire è da mammolette

      Dimenticatevi sali e fiori di Bach: Jane Austen, nel suo Amore e amicizia, parodia in forma epistolare dei racconti romantici scritta a quattordici anni e mezzo, insegna che è accettabile dar di matto e correre a perdifiato, a patto di non svenire. Io, che ho la pressione perennemente bassa e sono una vera e propria drama queen, lo abbino ad un altro suggerimento di Aunt Jane: le lunghe passeggiate all’aria aperta fanno miracoli per l’incarnato e conferiscono alle guance quell’adorabile rossore che nessun blush può eguagliare. Poco male se gonna e sottoveste subiscono gli agguati del fango: eravamo giovani, e avevamo gli occhi troppo belli. Come quelli scuri di Elizabeth, splendenti nel viso arrossato dalla lunga camminata fatta per andare a trovare la sorella innamorata, mentre l’algido, inarrivabile Darcy inizia, suo malgrado, a innamorarsi di lei.

      Soundtrack: Angels in the room, Delta Goodrem

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      Posted in Uncategorized | 19 Comments | Tagged amore e amicizia, aunt jane, edward ferrars, elinor dashwood, Elizabeth Bennet, Jane Austen, Janeite, Letteratura inglese, Lizzie Bennet, love and freindship, Mr Collins, Mr Darcy, orgoglio e pregiudizio, pride and prejudice, Ragione e Sentimento
    • The Ophelinha Gazette#7 – articoli, segnalazioni, aneddoti e curiosità letterarie – speciale Jane Austen

      Posted at 11:50 am06 by ophelinhap, on June 5, 2015

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      Latito.

      Faccio, disfo, inizio, lascio a metà, procrastino. E latito.

      Il gazzettino doveva avere una cadenza settimanale bisettimanale mensile. Poi mi sono ricordata che la cosa che mi angoscia di più è la sveglia che suona al mattino, e che le scadenze mi fanno venire l’orticaria.

      Quindi via libera al disordine discreto, all’anarchia colorata, all’improvvisazione che ha sempre regnato sovrana in questo spazio. E, dato che ho da poco scoperto Pocket e sto letteralmente esplodendo di articoli interessanti, beccatevi uno speciale sulla mia amata Jane Austen, insieme a un weekend soleggiato e pieno di promesse recondite, latenti – quelle promesse contenute nell’arrivo di ogni estate.

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      – State vivendo in un romanzo di Jane Austen? Poco male: c’è bisogno di bellezza in questo mondo di bruti. Recatevi in pellegrinaggio presso i luoghi di zia Jane, alla ricerca di un Mr Darcy, il cui invidiabile aplomb – un misto tra snobismo e generosità, orgoglio e altruismo – nessun mortale riuscirà mai ad imitare.

      – Vorreste vivere in un romanzo di Jane Austen? Mangiate come lei. Potete iniziare dalla colazione dei campioni proposta dal Guardian, con tanto di pound cake, o dal sacro rituale del tè (just high tea for me, please).

      Breakfast: Jane Austen's pound cake

      Illustration: Zoe More O’Ferrall for the Guardian

      – Piccole Janeite crescono: c’è una quantità di roba meravigliosa per le wannabe damine Regency in erba, da libri splendidamente illustrati a cofanetti pop-up che diventano sale da ballo, popolate da figurine che rappresentano i personaggi più amati creati dalla mente geniale di zia Jane. Sono seriamente tentata di comprarli anch’io…

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      – Per i nostalgici e le romantiche démodé, l’anatomia di una lettera Regency, tra fogli di carta ingiallita e fiori appassiti. Grossi sospiri.

      – La vostra vita sentimentale fa acqua da tutte le parti? Rifatevi con i (pochi) baci rubati alle pagine austeniane, e ascoltate i consigli della saggia zia Jane: correte quanto volete, ma attente a non svenire, e non abbiate fretta, ché l’uomo giusto arriva, prima o poi (dicono).

      – Signore e signori, il trofeo Grumpy cat per l’estate 2015 va a…Stephen King, il nuovo Mark Twain, che non solo non ha mai letto Jane Austen, ma non ha nemmeno le idee molto chiare su cosa abbia scritto! Ah Stephen, Stephen, non si tratta di un 50 sfumature di grigio tra merletti e crinoline, te lo possiamo assicurare. Provare per credere.

      – Per finire, per chi pensasse ancora che zia Jane parlasse solo di come abbindolare un marito ricco senza dote, ecco un elenco di lezioni di femminismo da lei impartite nei suoi romanzi. La mia preferita? Non giudicare le altre donne per le loro scelte di vita (leggi alla voce Lizzie Bennet – Charlotte Lucas, quando quest’ultima decide di sposare il ridicolo Mr Collins).

      Donne in ascolto, imparate da Jane Austen!

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      credits: Buzzfeed

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      credits: Buzzfeed

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