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  • Tag: Marta Ciccolari Micaldi

    • Il Calendario dell’Avvento letterario #6: nothing but a child…and a book

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 6, 2017

      rosso intenso 2

      Questa casella è scritta e aperta da Marta di La McMusa

      Natale 1963, San Antonio, Texas.

      Una casa in un quartiere malfamato, un mese soltanto dopo l’assassinio del Presidente poco più a nord. Erano andati in macchina tutti quanti, a salutare la First Lady a Dallas. Erano tornati tutti, ma tutti feriti nel cuore e una di loro anche a un braccio. Graciela si era ferita, lei e Jackie erano riuscite a scambiarsi uno sguardo all’aeroporto, una dietro una transenna, l’altra mentre scendeva le scale dell’aereo. Si erano guardate e poi, nella confusione del momento, Graciela si era sporta troppo oltre la transenna e la transenna le aveva ferito un braccio.

      La casa si chiama Yellow Rose, la via del quartiere malfamato di San Antonio South Presa Strip.

      È Natale e, nonostante sia passato già un mese, il braccio di Graciela non è ancora guarito. Sanguina ogni volta che lei si avvicina a qualcuno che soffre. Sanguina ogni volta che una ragazza bussa alla porta del Yellow Rose per usufruire dei “servizi” che lì vengono offerti. Sanguina ogni volta che Graciela si ricorda di quando lei stessa bussò a quella porta completamente perduta, innocente, incinta. Il braccio sanguina tutte quelle volte e poi, miracolosamente, smette. Smette ma non guarisce veramente mai.

      In quel Natale del 1963, in una delle stanze della Yellow Rose – qualcuno pensa che sia un bordello, qualcun altro un ospedale per disgraziati, per qualcuno è semplicemente casa, tutti concordano nel ritenerlo un luogo speciale, forse magico – si festeggia un Natale così, un multicultural affair a cui nessuno è invitato formalmente ma a cui tutti si presentano; un pranzo in cui si rispolverano antiche ricette americane che mischiano i loro aromi nell’aria con il chili, alcune frijoles e incredibili quantità di cumino messicano; una giornata in cui si agghinda l’albero con festoni di pop-corn e si balla qualsiasi musica mandi il jukebox. Musica preferibilmente ballabile, musica preferibilmente country.

      Hank-Williams-007

      È proprio da qui, dalla musica country tipica del Southwest americano, che arriva questa storia magica, un po’ bizzarra e finora inedita in Italia: si tratta di uno dei due romanzi scritti da Steve Earle, cantautore country – appunto – che nella sua carriera di storyteller a un certo punto ha deciso – con successo, secondo me – di posare la chitarra e imbracciare momentaneamente la penna. O meglio, di narrare la stessa storia sia in musica che in un romanzo.

      I’ll Never Get Out of This World Alive – di cui vi ho raccontato la scena centrale, quella natalizia, una delle più felici e rappresentative dell’intera storia – è un disco ed è un libro. È un disco e un libro di Steve Earle, ma è in realtà anche qualcos’altro. Un accenno, una citazione di quel mondo country da cui arriva la magia della storia; una porta che si apre su un altro mondo e che ci fa credere che quello in cui viviamo non sia completamente chiuso in se stesso e intelligibile.

      cover.jpg

       Sulla soglia di questo mondo, sulla soglia della sala del Yellow Rose dove Graciela balla con Monny e Doc la guarda ballare, c’è Hank Williams, il cantante country per eccellenza nonché l’autore della canzone che dà titolo al libro. Hank è morto e la sua presenza nel libro è puramente spirituale. Non nell’accezione sacra del termine, però: Hank è morto nel pieno della sua ebbrezza da morfina e adesso perseguita Doc – medico di grande scienza con qualche guaio di troppo nel suo passato e qualche dipendenza scomoda nel suo presente – ogni volta che anche quest’ultimo è preda dello stesso eccesso.

      I due sembrano aver raggiunto un turbolento equilibrio sulla soglia della vita e della morte, sulla soglia della sobrietà e dell’ebbrezza, della serietà e dell’ironia finché nella loro vita non arriva Graciela, la ragazza messicana che sa fare i miracoli e che possiede tutta l’innocenza che i due hanno perduto. Un personaggio dolce, delicato e quasi inafferrabile su cui Steve Earle si sofferma con tangibile piacere e che tratteggia con la stessa poesia che si ascolta nelle sue canzoni. In una in particolare, a dire il vero. In quella canzone che racconta la storia di un altro miracolo: quello natalizio, quello di ogni bambino che arriva nella vita di qualcuno e manda all’aria ogni equilibrio. Che sia turbolento o meno.  

      Buon ascolto, buona lettura e buon Natale (dal Texas dove il country è davvero la magia di tutti giorni, compreso il Natale).

      Posted in Letteratura americana, Letteratura e dintorni | 7 Comments | Tagged #AvventoLetterario, bookriders, I’ll Never Get Out of This World Alive, Il Calendario dell'Avvento Letterario, la mcmusa, Marta Ciccolari Micaldi, Steve Earle, Texas
    • Il Calendario dell’Avvento Letterario#6 – Un Natale a New Orleans

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 6, 2015

      bannervale

      Questa casella è scritta e aperta da Marta di La McMusa.

      1. truman capote

      C’era una volta un bambino preoccupato: aveva più o meno sei anni, viveva in Alabama con alcuni zii e una cara cugina di nome Sook, molto molto più grande di lui, e, che fosse inverno o no, credeva in Santa Claus. Un giorno di dicembre, all’improvviso, il bambino preoccupato ricevette una lettera decisa e misteriosa in cui veniva richiesto.

      Veniva richiesto dal padre – un signore lontano che aveva visto poche altre volte nella sua vita e che abitava a New Orleans – che adesso lo invitava a trascorrere il Natale con lui. Padre e figlio, e una manciata di giorni insieme per ricordarsi, forse, di un calore ormai disperso. Spaventato e in lacrime, il bambino disse a Sook che a New Orleans per Natale non ci voleva andare e che avrebbe preferito stare con lei a scartare i regali che Santa Claus avrebbe di certo consegnato sotto l’albero della loro casa di campagna la notte del 24 dicembre: un cappello da cowboy con tanto di lazo, un coltello con il manico di perla, un fucile ad aria con cui sparare ai passeri.

      “Non piangere, Buddy. Magari a New Orleans vedrai la neve!”

      Il bambino preoccupato, convinto allora dal sogno della neve, prese la corriera e, quando arrivò a New Orleans dopo 400 miglia di terre paludose, per sopportare il distacco, la paura e la solitudine, si mise in attesa di fiocchi bianchi e un poco di magia. Si mise in attesa di un soffio di fiaba abbagliante come abbagliante era stata la neve delle storie che gli leggeva Sook da quando era piccolo per dargli la buonanotte.

      Solo che la neve, a New Orleans, non arrivò mai. Né quel Natale, né gli altri. Al suo posto il bambino preoccupato conobbe per la prima volta i suoni e frastuoni dei tram di quella grande città afosa, il vociare della gente nelle strade, la radio e il frigorifero (insieme, nella casa del padre, nel bel mezzo della Grande Depressione), il balcone della stanza da letto con i merletti di ferro, il cortile con i fiori e la fontana a forma di sirena, una mezza dozzina di amiche del padre, un aereo.

      2. vintage aeroplane toy

      Stava in una vetrina di un negozio di giocattoli. Il giorno prima di Natale, camminando per Canal Street, il bambino preoccupato era rimasto ammaliato: l’aereo aveva i pedali, un motore rosso ed era tanto grosso da poterci entrare dentro e pedalare fino a prendere il volo. Con quell’aereo sì che avrebbe fatto ridere i suoi cugini; con quell’aereo sì che avrebbe potuto correre in mezzo alle nuvole; con quell’aereo sì che Santa Claus l’avrebbe reso felice.

      Il bambino preoccupato quella notte si mise a pregare e pregò proprio rivolto a Santa Claus: il Signore raccoglie gli ordini, Santa Claus li consegna sotto forma di regalo. Così diceva Sook.

      Fu quella notte stessa, però, che il bambino preoccupato – che di nome faceva Truman e come cognome portava la malinconia agitata di un matrimonio durato poco e finito male tra un ricco uomo d’affari di New Orleans e una tipica southern belle che era stata anche Miss Alabama – scoprì che Santa Claus non esisteva: la piramide di regali sotto l’albero stava sì prendendo forma, ma la stava costruendo il padre, tradendo rumore e prosaicità nel bel mezzo della notte più poetica dell’anno.

      “Un ragazzino della tua età non può credere ancora nel Signore. E neanche in Santa Claus.”

      Senza lacrime ma con rabbia, Truman pregò allora per un altro padre, che pochi anni dopo arrivò e gli diede il cognome Capote, un’istruzione prestigiosa e una stabilità emotiva che non aveva mai avuto ma che adesso, forse, era troppo tardi per apprezzare. Pregò allora anche per un’altra madre, che da quel Natale fino alla sua morte divenne proprio New Orleans, la città senza neve e con un grosso aeroplano in vetrina, la città dove vivono le sirene, i colori, uomini e donne in costume, e la libertà di poter credere a Santa Claus perché Santa Claus, in fondo, altro non è che la bellezza di avere qualcosa in cui credere.

      3. new orleans at xmas

      Il racconto One Christmas di Truman Capote – da cui è tratta la mia storia natalizia di oggi – lo potete trovare in una vecchia edizione Garzanti intitolata Un Natale e altri racconti. È una storia  semplicemente perfetta, di cui io ho modificato il finale facendolo convergere sulla vita vera, ma che sulla pagina fa il paio con il celeberrimo (almeno in America) racconto Un ricordo di Natale: nostalgia, dolcezza e amicizia proiettati nell’infanzia e riportati in vita nel presente da uno degli scrittori più amabili e potenti della storia letteraria contemporanea. Non solo americana.

      Buon Natale 🙂

      Posted in Letteratura e dintorni | 9 Comments | Tagged #AvventoLetterario, Alabama, Garzanti, Grande Depressione, Il Calendario dell'Avvento Letterario, la mcmusa, Letteratura americana, Marta Ciccolari Micaldi, New Orleans, One Christmas, Santa Claus, Sook, Truman Capote, Un Natale e altri racconti, Un ricordo di Natale, Xmas is all around
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