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  • Tag: Mark Twain

    • Il Calendario dell’Avvento Letterario #2: Babbo Mark Twain

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 2, 2016

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      Questa casella è scritta e aperta da Valentina di Peek A Book

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      Le foto d’epoca ce lo presentano sempre un po’ così, duro, accigliato, questi baffoni che nascondono ogni parvenza di sorriso, ma anche Mark Twain sapeva diventare dolce come il miele, almeno sotto Natale, per le sue figlie.

      Nello specifico abbiamo memoria di una lettera che scrisse nientepopodimeno che nelle vesti di Babbo Natale, in risposta a quella che sua figlia Susy aveva inviato al vecchio portatore di regali con la sua richiesta di doni.

      Di solito le lettere a Babbo Natale sono a senso unico, si mandano e non si riceve mai risposta, se non sotto forma di desideri esauditi; questa volta, invece, la piccola Susy ha avuto il grande dono di ricevere una risposta, lunga, articolata, la risposta che farebbe tremare di felicità le gambe di ogni bambino.

      Ed ecco a voi la lettera di Babbo Natale Twain per Susy:

       

      Palazzo di San Nicola, sulla Luna

      Mattina di Natale

       

       Mia cara Susy Clemens,

       

      ho ricevuto e letto tutte le lettere che mi avete scritto tu e la tua sorellina… so leggere senza alcun problema la grafia frastagliata e fantasiosa, tua e della piccola. Ma ho avuto qualche problema con le lettere che avete dettato a vostra madre e alle balie, perché sono straniero e non so leggere bene in inglese. Vedrete che non ho commesso errori per quanto riguarda le cose che tu e la piccolina avete chiesto nelle vostre lettere – sono sceso lungo il vostro camino a mezzanotte mentre dormivate e vi ho portato tutto personalmente – e ho anche dato un bacio a entrambe… Ma… c’erano una o due piccole richieste che non ho potuto esaudire, perché abbiamo finito le scorte…

       C’erano una o due parole nella lettera della tua mamma che… penso fossero “un baule pieno di vestitini per le bambole”, è così? Mi farò trovare alla porta della cucina intorno alle nove di questa mattina per chiedertelo. Ma non devo vedere nessuno né parlare con nessun altro a parte te. Quando il campanello della cucina suonerà, George deve essere bendato e mandato ad aprire. Devi dire a George di camminare in punta di piedi e di non parlare – altrimenti morirà, un giorno. Quindi devi salire nella cameretta e stare in piedi sulla sedia o sul letto della tata e appoggiare l’orecchio al citofono che dà sulla cucina e, quando io ci fischierò dentro, dovrai dire: «benvenuto, Babbo Natale!» Quindi ti chiederò se era un baule che volevi. Se dirai di sì, ti chiederò di che colore lo vuoi… e dovrai descrivermi in ogni singolo dettaglio le cose che vuoi che contenga. Quindi, quando dirò: «arrivederci e buon Natale alla mia piccola Susy Clemens» tu devi dire «arrivederci, buon vecchio Babbo Natale, ti ringrazio moltissimo». Quindi devi scendere nella biblioteca e dire a George di chiudere tutte le porte che danno sulla sala e tutti devono stare fermi per un pochino. Andrò sulla Luna e, in pochi minuti, prenderò le cose che mi avete chiesto, tornerò passando per il camino della sala – se vuoi un baule – perché non posso far passare un baule dal camino della cameretta, sai… se lascio della neve nella sala, dite a George di spazzarla nel camino perché io non avrò il tempo di farlo. George non dovrà usare la scopa, ma uno straccio – o di nuovo, un giorno morirà… se i miei stivali lasciano una macchia sul marmo, George non dovrà pulirlo con la pietra pomice. Lasciatela lì per sempre a memoria della mia visita, e ogni volta che la guarderai o la mostrerai a qualcuno, deve ricordarti sempre di essere una brava bambina. Ogni volta che ti comporterai male e qualcuno ti indicherà quella macchia che lo stivale del buon vecchio Babbo Natale ha lasciato sul marmo, cosa dirai, piccolo tesoro mio?

      Arrivederci tra pochi minuti, quando verrò sulla terra e suonerò il campanello della cucina.

       Il tuo amorevole Babbo Natale,

      che ogni tanto viene chiamato Uomo della Luna.

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      Non si sa esattamente come sia andata quella mattina, come si sia comportata Susy dopo aver letto e ricevuto la lettera, però ne è arrivata un’altra  fino a noi scritta dalla piccola, nella quale racconta del suo incontro con Babbo Natale (Mark Twain travestito?). Eccone uno stralcio:

       

      […] Una sera Rosa e tutti gli altri hanno detto che Babbo Natale sarebbe venuto prima di Natale e si sarebbe fatto vedere da tutti. Rosa ha detto che temeva che Babbo Natale non sarebbe venuto da noi perché non siamo tedeschi [in quel periodo la famiglia di Twain si trovava a Monaco, in Germania]. Mamma e tutti gli altri hanno detto che pensavano che Babbo Natale non sarebbe venuto. Quando mamma si è seduta a tavola, per mangiare il dolce, abbiamo sentito bussare alla porta ed è entrata Fraulein Dahlweiner e, dietro di lei, Babbo Natale. È entrato portando un sacco di tela e ha detto «Noch ein Sach!» («Un altro sacco!»). Ha tirato fuori un pacchetto, e quel pacchetto conteneva delle candele, poi ha tirato fuori due bambole, poi delle noci dorate e delle mele e delle gemme. Er hat gesagt (ha detto): «Wenn du nicht brav bischt, denn gibt es ‘was!» («Se non fai la brava le prendi!»). Aveva in testa un cappellone e continuava a coprirsi, non voleva che nessuno lo vedesse in faccia. L’ho guardato in faccia, a lungo, e ha riso. Andandosene ha detto: «Ich hab’ viele unnadige Knabe’n dass ich in Wasser [hinein] werfen muss, und wieder naus nehmen» («Ho un sacco di bambini cattivi da buttare in acqua e poi tirare fuori») – quindi ha salutato e se n’è andato. Questo è tutto, per quanto riguarda Babbo Natale. […]

      Olivia L. e Olivia Susan (Susy) Clemens

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      “L’ho guardato in faccia, a lungo, e ha riso”, chissà se Susy ha intravisto sotto la barba di Babbo Natale le fattezze del suo papà, chissà se l’ha riconosciuto dalla risata, chissà se le è venuto un piccolo dubbio.

      E, soprattutto, chissà se i suoi piccoli aiutanti erano Tom Sawyer e Huckleberry Finn 😉

       

       

      Posted in Letteratura e dintorni | 2 Comments | Tagged Il Calendario dell'Avvento Letterario, Letteratura americana, Mark Twain, Olivia Susan Clemens, Peek A Book, Samuel Clemens, Storie dietro la storia
    • Cocktail letterari, tra libri e bollicine

      Posted at 11:50 am07 by ophelinhap, on July 14, 2015

       

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      Avvertenza: un numero considerevole di cocktail è stato consumato per scrivere questo post. Quali sacrifici non si fanno in nome della ricerca…

      Image courtesy of http://bit.ly/1LIAEzc

      Image courtesy of http://bit.ly/1LIAEzc

      Siete tutti in vacanza? Siete tutti al mare, come sembrerebbe dal flusso di foto vacanziere su Instagram? Su, ditemi di no, per favore.

      Da queste parti, purtroppo, le tanto agognate vacanze quest’anno non sembrano altro che un sogno lontano, difficilmente destinato a concretizzarsi. E per me estate è sinonimo di temperature tropicali, sale sulla pelle, capelli spettinati, quella sabbia bianchissima e ostinata che sembra resistere a ogni tentativo di lavaggio, acque verdazzurre, e un Mojito al tramonto.

      In assenza di tutti  – o quasi – gli elementi citati, mi consolo con un paio di cocktail.. letterari. Ma andiamo con ordine.

      La parola “cocktail” sembra aver fatto la sua comparsa per la prima volta nel 1798 nell’edizione del 20 marzo di un giornale satirico, l’ormai defunto The Morning Post and Gazetteer, nell’ambito di una curiosa vicenda: il proprietario della taverna Axe & Gate, tra Downing e Whitehall, vince la lotteria e, estatico, cancella tutti i debiti dei santi bevitori frequentatori della sua bettola. Quattro giorni dopo, il giornale rilascia un elenco di tutti i bevitori i cui debiti erano stati cancellati dalla fortuita vincita alla lotteria, e, sorpresa sorpresa, molti erano noti uomini politici, tra cui William Pitt, il più giovane primo ministro britannico, che avrebbe dovuto pagare due bicchierini di un bibitone chiamato “l’huile de Venus”, uno di “perfeit amour” e tre quarti del (molto meno francese) “cock-tail, volgarmente chiamato ginger”.

      L’origine del “cock-tail” è in effetti molto poco romantica: il termine veniva usato per indicare quei cavalli la cui coda mozzata indicava che non erano purosangue, ma di razza mista. Un rimedio molto comune nei manuali di veterinaria dell’epoca era curare le coliche dei cavalli con un mix di acqua, avena, gin e zenzero; quindi, la prossima volta che la gastrite vi fa piegare in due, o la colite non vi lascia tregua, dimenticatevi Malox, Gaviscon&co: un G&T e passa la paura.

      Il termine “cocktail” viene battezzato con la pubblicazione della prima guida per bartender, nel 1862, ad opera di Jerry Thomas, principal bar tender al Metropolitan Hotel di New York, che nell’introduzione si vanta di fornire chiare indicazioni su come preparare drink mischiando tutte le bevande conosciute negli Stati Uniti, insieme a quelle britanniche, francesi, tedesche, italiane, russe e spagnole, dal punch al julep (giulebbe), creando combinazioni infinite. Ambizioso, il nostro Mr Thomas! Se siete curiosi, trovate la sua guida integrale qui.

      Agli inizi del XX secolo, i cocktail smettono di avere il ruolo di mere comparse e assurgono a protagonisti, anche grazie alla diffusione dei cocktail party negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale: c’è bisogno di dimenticare gli orrori della guerra, di leggerezza, di ricominciare a ridere e a celebrare la vita. Quindi via libera alle spalle scoperte, ai tagli di capelli à la gamine delle flapper, alla musica degli anni ruggenti, all’alcool che scorre a fiumi sfidando il Volstead Act, che introduce il proibizionismo negli States (dal 1919 al 1933).

      Lentamente, ma inesorabilmente, i cocktail fanno la loro comparsa anche sulla scena letteraria, dominata in precedenza dal nettare di Bacco e qualche altro liquore. Negli scrittori russi – Tolstoy e Checkov in testa – i personaggi indulgono spesso e volentieri nei piaceri dell’alcool, bevendo vino – e vodka, da – come se non ci fosse un domani.

      Gli scrittori americani si distinguono nella promozione di bollicine&co.: è difficile non associare Fitzgerald al gin, che sosteneva di preferire agli altri alcolici perché non faceva puzzare l’alito (Zelda avrà ringraziato). A Fitzgerald spetta anche l’invenzione del verbo “to cocktail”, coniugato per la prima volta in una lettera a Blanche Knopf, moglie dell’editore Alfred A. Knopf. E chi altri avrebbe potuto creare un tale neologismo, introducendo nel linguaggio un assaggio degli eccessi dei Roarin’Twenties, se non lo scrittore che ne è la perfetta incarnazione, dandy, playboy, brillante, ammirato e sregolato?

      Present: I cocktail, thou cocktail, we cocktail, you cocktail, they cocktail.

      Imperfect: I was cocktailing.

      Perfect or past definite: I cocktailed.

      Past perfect: I have cocktailed.

      Conditional: I might have cocktailed.

      Pluperfect: I had cocktailed.

      Subjunctive: I would have cocktailed.

      Voluntary subjunctive: I should have cocktailed.

      Preterit: I did cocktail.

      (Fonte: Open Culture)

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      Faulkner, da uomo del Sud tutto d’un pezzo, aveva una marcata preferenza per il mint julep (menta, ghiaccio, zucchero e bourbon).

      Il cocktail preferito di Hemingway era invece il mojito (anche il mio, Ernest, anche il mio. Vedi che sarei stata una perfetta quinta moglie?), un mix di zucchero di canna, rum e menta, che preferiva consumare a La Bodeguita del Medio, ormai iconico ristorante tipico cubano, arrivando da una lunga giornata di pesca al marlin, il bestione protagonista de Il vecchio e il mare. Ernest non disprezzava nemmeno il daiquiri (lime, rum bianco, sciroppo di zucchero, ghiaccio tritato); sulla parete de La Bodeguita campeggia una famosa frase di Hemingway, Mi mojito en la Bodeguita, mi daiquiri en La Floridita (storico ristorante di pesce e cocktail bar dell’Avana vecchia). Pare che il vecchio Ernest si cimentasse anche nella creazione di nuovi bibitoni, come il Papa doble (un daiquiri fatto col rum, succo di lime, maraschino e succo di pompelmo) e Morte nel pomeriggio (nome più che azzeccato per un mix letale di champagne e assenzio). Tuttavia, le abitudini alcoliche di Hemingway sono così leggendarie che è difficile delimitare dove finisca la realtà e inizi la mitologia: altre fonti sostengono che, essendo diabetico, lo scrittore preferisse drink senza zucchero e non disdegnasse un martini dry.

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      Il Martini è uno dei protagonisti assoluti della scena letteraria, dalla sua comparsa in Casino Royale di Ian Fleming nel 1953: James Bond lo preferisce molto forte, e la sua ricetta personale prevede tre unità di Gordon’s, una di vodka, mezza di Kina Lillet, una scorzetta di limone, da consumare in un bicchiere da champagne ampio e profondo a sufficienza.

      Tornando a Hemingway, i protagonisti della sua (alcolica) Fiesta consumano (in grande abbondanza) Martini, vino, grappa, assenzio, birra, brandy, Anis del Mono, Izzarra – un liquore basco – e il Jack Rose (applejack – un brandy invecchiato nel legno – granitina e succo di lime), che Jack Barnes ordina mentre aspetta l’affascinante e crudele Brett, ammiratrice di toreri e indossatrice di titoli nobiliari. Bung-o! (Ndrm: è il prosit utilizzato da Brett nelle sue libagioni).

      All’irrequieta Dorothy Parker sono stati attribuiti questi celeberrimi versi

       I like to have a martini, Two at the very most. After three I’m under the table, After four I’m under my host.

      (Apprezzo un martini/ due al massimo/ al terzo sono sotto il tavolo/ al quarto sotto il mio ospite).

      L’ironica poesiola è quasi certamente spuria, nata a seguito di una sua dichiarazione dopo un cocktail party particolarmente riuscito:

      Enjoyed it? One more drink and I’d have been under the host!

      (Se mi è piaciuto? Un altro drink e sarei finita sotto il mio ospite!)

      Il mito del martini di Miss Parker ha portato addirittura alla creazione di un bicchiere da martini che porta il suo nome; in realtà, si vocifera che Dottie preferisse lo scotch.

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      Parker martini glass

      Il martini fa la sua comparsa anche ne Il giovane Holden: Carl Luce, amico del protagonista, lo consuma molto secco e senza olive, mentre Holden preferisce dissetare le scapigliate nottate newyorkesi con scotch&soda.

      L’indimenticabile Holly Golightly di Colazione da Tiffany ama il martini, i Manhattan, che consuma col suo “Fred baby”, i cocktail di champagne e il White Angel (vodka, gin, vermouth). E come dimenticare le orge alcoliche delle feste decadenti di Jay Gatsby? Tra tanti, il gin rickey, un mix di gin, succo di lime e acqua gassata), mentre la frivola Daisy Buchanan condivide con Faulkner la passione per il mint julep.

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      Vi è venuta sete, di cocktail e di libri? Poco male: Tim Federle, attore, scrittore e giornalista, ha compilato una deliziosa guida alle gozzoviglie letterarie, Tequila Mockingbird: cocktails with a literary twist, in cui gioca con gli ingredienti dei cocktail, adattandoli a romanzi e ribatezzandoli. Tequila Mockingbird contiene anche una guida di base per i bartender in erba, drinking games letterari, abbinamenti drink-gruppi di lettura e una miniguida a spuntini da hangover, ovviamente letterari: ad esempio, Alice’s Adventures in Wonder Bread (pane bianco con formaggio svizzero e patè di funghi) o The Deviled Egg Wears Prada ( una variante un po’ esotica delle uova ripiene, con humus, paprika e limone).

      Vi lascio con un paio di cocktail letterari suggeriti da Federle: consumate con moderazione!

      Cocktail d’autore n.1: Rye and Prejudice (da Pride and Prejudice, Orgoglio e Pregiudizio, Jane Austen)

      • tre once* di succo di pompelmo
      • 1/3 di oncia di rye whiskey (whisky di segale)

      Versate gli ingredienti su un bicchiere riempito a metà di ghiaccio, mescolando come se aveste a che fare con un cuore innamorato, pieno di complicazioni.

      Cocktail d’autore n.2: Love in the time of Kahlua (da Love in the time of Cholera, L’amore ai tempi del colera, Gabriel Garcìa Marquez)

      • 1 oncia di rum
      • ½ oncia di liquore al caffè (tipo il Kalhua)
      • 2 once di panna
      • cannella o noce moscata a piacimento

      Mescolate rum, liquore al caffè e ghiaccio, aggiungendo poi la panna e spezie a volontà, per un drink pieno di passioni non corrisposte ed esplosive.

      Cocktail d’autore n.3: Romeo and Julep (da Romeo e Giulietta, William Shakespeare)

      • 6 rametti di menta fresco
      • un cucchiaino da tè di zucchero di canna
      • ½ oncia di schnapps alla pesca
      • ½ oncia di bourbon
      • una lattina di bevanda gassata al limone o al lime

      Mescolate il tutto on the rocks finché lo zucchero si sarà sciolto, poi aggiungete la bevanda al limone/lime e preparatevi ad innamorarvi, velocemente, inesorabilmente.

      Cocktail d’autore n.4: Huckleberry Sin (da Le avventure di Huckleberry Finn, Mark Twain)

      • 5 mirtilli, lavati
      • 2 once di vodka ai frutti di bosco
      • una lattina di gassosa

      Pestate i mirtilli in un barattolo di vetro. Aggiungete ghiaccio a piacimento, la vodka e la gassosa. Sedetevi sui gradini del portico, e godetevi il tramonto (facendo attenzione alle zattere di banditi scalzi che risalgono il fiume).

      Cocktail d’autore n.5: Infinite zest (da Infinite jest, David Foster Wallace)

      • 2 once di vodka
      • un’oncia di limoncello
      • ½ oncia di succo di limone

      Shakerate per bene gli ingredienti e versateli in un bicchiere da cocktail, aggiungendo ghiaccio a piacimento, per un drink giallo come un pallina da tennis.

      Cocktail d’autore n.6: Gone with the wine (da Gone with the Wind, Via col Vento, Margaret Mitchell)

      Dosi per 6 drink (ideale per un gruppo di lettura, o quello che volete voi):

      • una bottiglia di vino rosso
      • 2 once di brandy alla pesca
      • 2 cucchiai di zucchero
      • una pesca, tagliata a pezzettini
      • un’arancia a spicchi
      • 2 bicchieri e mezzo di ginger ale (soft drink a base di estratto della radice di zenzero, bella fredda

      Versate il vino e il brandy in una caraffa, insieme allo zucchero e ai pezzi di frutta. Lasciate a macerare in frigorifero per almeno un’ora. Quando qualcuno degli ospiti si riferirà ad Ashley come una ragazza (non avendo chiaramente letto il libro né – sacrilegio! – visto il film), togliete la caraffa dal frigo, aggiungete la ginger ale e fate sbollentare gli ardenti spiriti, ché domani è un altro giorno

      Cocktail d’autore n.7: The Rye in the Catcher (da Catcher in the Rye, Il giovane Holden, JD Salinger)

      Dosi per 6 drink (ideale per un gruppo di lettura, o quello che volete voi):

      • ½ bottiglia di rye whiskey (whisky di segale)
      • 4 once di succo d’ananas
      • 2 once di succo di limone
      • un litro di ginger beer (letteralmente birra allo zenzero, una bevanda composta da zenzero, zucchero, acqua, succo di limone e lievito)

      Mescolate whisky e succhi di frutta, aggiungendo ghiaccio in abbondanza. Aggiungete gradualmente la ginger beer, shakerate e chiamate a raccolta i vostri amici: è tempo di scacciare quei fastidiosissimi mean reds, e andare avanti.

      Cocktail d’autore n.8: The Portrait of a pink lady (da The Portrait of a Lady, Ritratto di signora, Henry James)

      Dosi per 12 drink (ideale per un gruppo di lettura, o quello che volete voi):

      • un litro di gin
      • 3 tazze di limonata rosa (per il colore, si posso aggiungere alla limonata tradizionale fragole o succo di mirtillo q.b.)
      • 6 once di granitina (succo di melograno più zucchero granulato)
      • un litro di gassosa

      Mescolate tutti gli ingredienti, tranne la gassosa, in una zuppiera da punch. Aggiungete giaccio a piacimento e la gassosa come tocco finale per un rimedio ideale per le pene d’amore, per il rimorso di aver scelto l’uomo sbagliato, di non aver capito se alla fine l’erba era più verde oltre l’Atlantico, o meno.

      *Un’oncia equivale a circa 2,96 cl

      Ancora assetati di cocktail e di libri? Poco male: The Reading Room offre una lista di quindici abbinamenti drink/romanzi (per citarne uno, Il grande Gatsby e il French 75, un mix di gin, champagne, sciroppo, limone e ghiaccio.) Nunc est bibendum!

      Image courtesy of http://bit.ly/1HCL43y

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      Courtesy of http://bit.ly/1HBKxgr

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      Soundtrack: A little party never killed nobody, Fergie (The Great Gatsby soundtrack)

      Posted in Letteratura e dintorni | 5 Comments | Tagged Carl Luce, Casino Royale, Charlotte Brontë, cocktail, cocktail letterari, Colazione da Tiffany, Daisy Buchanan, David Foster Wallace, DFW, Dorothy Parker, Ernest Hemingway, Faulkner, Fiesta, Francis Scott Fitzgerald, Gabriel García Márquez, Henry James, Holden Caulfield, Holly Golightly, Huckleberry Finn, Ian Fleming, Il giovane Holden, Il grande Gatsby, Infinite Jest, James Bond, Jane Austen, Jane Eyre, JD Salinger, L'amore ai tempi del colera, Margaret Mitchell, Mark Twain, martini, mint julep, mojito, orgoglio e pregiudizio, pride and prejudice, Ritratto di Signora, Romeo e Giulietta, Shakespeare, The Reading Room, Truman Capote, Via col Vento, Zelda Fitzgerald
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