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  • Tag: Harry Potter

    • Il Calendario dell’Avvento letterario #23: un Natale da babbani

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 23, 2018

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      Questa magica casella è scritta e aperta da me medesima

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      Parafrasando Tolstoj: ogni Natale è magico a modo suo, ma qualcuno ci mette un po’ di magia in più. Questo Natale per me sarà diverso dai precedenti perché non lo trascorrerò in Italia, ma in Lussemburgo, mentre, per la fine dell’anno, volerò a festeggiare in Florida al Wizarding World of Harry Potter. Non vedo l’ora di accogliere l’anno nuovo non da babbana, ma circondata dalla magia di Hogwarts. Ma quali sono le differenze fondamentali tra un Natale babbano e un Natale da mago/strega?

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      La cena di Natale

      Una cena a Hogwarts non sarebbe poi così diversa da una cena di Natale babbana in Inghilterra. A Hogwarts si pasteggia a suon di tacchini e pudding flambé: nemmeno il mago più potente riesce a resistere alla bontà delle leccornie, o ad evitare di addormentarsi sul tavolo dopo il lauto pasto. Il tocco magico che manca decisamente nelle tavole babbane? Ogni volta che sono vuoti, i piatti si riempiono magicamente da soli (anche se in realtà anche molte nonne e mamme meridionali sembrano avere questo superpotere…il potere del desiderio di condividere e stare insieme supera in questo caso le bacchette magiche). Volete provare l’emozione di cenare a Hogwarts? È possibile presso gli Harry Potter Studios a Londra, che organizzano cene a tema sia per Halloween che a Natale. Se visitate Oxford, la mensa del college di Christ Church sembra uscita direttamente dalle pagine della Rowling. Se invece volete provare a portare un po’della magia di Hogwarts a casa vostra, armatevi di grembiule e di The unofficial Harry Potter cookbook. Wooden spoons at the ready!

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      I regali

      Alcuni dei regali ricevuti dal povero Harry finiscono dritti nella lista dei peggiori regali della storia (tipo gli stuzzicadenti e le monete da 50 centesimi omaggiate dai Dursley). Personalmente, non mi dispiacerebbe invece ricevere uno dei maglioni fatti a mano dalla signora Weasley (riproposti da Primark a prezzi molto accessibili, ma senza l’elemento casalingo e artigianale, purtroppo).

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      Temo invece che altri regali siano purtroppo un pelino più difficili da ricevere, tipo il mantello dell’invisibilità o una Firebolt. Si può invece rimediare a colpi di Cioccorane, caramelle di Bertie Bott o bottiglie di Burrobirra (ormai reperibili in diversi negozi specializzati o su Amazon).

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      Tradizioni natalizie

      Per alcuni versi, il Natale a Hogwarts ricorda quello babbano: eggnog, baci sotto il vischio (vi ricordate il primo bacio di Harry e Cho nella stanza delle necessità?) e canti di Natale – con la differenza che a cantarli spesso non sono carolers col cappello di Babbo Natale, ma giganti mezzi ubriachi, fantasmi quasi senza testa o il coro di Hogwarts, sotto la direzione del professor Vitious. La signora Weasley ama ascoltare le canzoni di Natale della sua cantante preferita, Celestina Warbeck; niente tombola per Harry e Ron, che preferiscono giocare agli scacchi dei maghi.

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      Non possiamo dimenticare le elitarie ed aristocratiche feste di Natale del professor Lumacorno (non che noi umili babbani saremmo mai stati invitati), o le magiche decorazioni di Natale della Sala Grande di Hogwarts, che farebbero impallidire anche i fanatici del Natale più entusiasti ed estremi: una dozzina di alberi decorati e illuminati da candeline accese, agrifoglio e gufi dorati, ghiaccioli e luci incantate che in realtà sono fatine, neve magica che cade dal soffitto.

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      Hogwarts raggiunge il suo massimo splendore in occasione dello Yule ball, diventando una Winter wonderland, un paesaggio incantato di neve e ghiaccio: una celebrazione della luce prima che Hogwarts precipiti nel caos e nell’oscurità.

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      Lo spirito del Natale

      Per dirla tutta, Natale non è sempre un periodo felice per Harry Potter. Non lo è quando vive della carità forzata dei Dursley, interrogandosi sulla sua identità e sentendo la mancanza dei genitori come non mai; non lo è durante il suo primo Natale a Hogwarts, durante le ore spese a guardare lo specchio delle brame, coltivando l’illusione di poter magicamente congiurare James e Lily  accanto a sé: non lo è quando, nell’ultimo capitolo della serie, Harry visita per la prima volta la tomba dei suoi genitori a Godric Hollow, dando una valenza quasi fisica a quella voragine che è la loro perdita.

      Ma il nostro mago preferito è magico anche e soprattutto perché non ha paura di confrontarsi con il dolore, con la perdita, con il male, con l’oscurità che alberga dentro di lui, con la confusione, con la rabbia. Nel bene e nel male, Hogwarts gli regala una casa, una famiglia di amici, un posto nel mondo: anche quando la pace e la serenità di questo posto vengono messe in discussione dalle forze del male, Hogwarts rimane sempre la casa di Harry e di tutti noi che amiamo rifugiarci tra le pagine della Rowling.

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      A Hogwarts Harry riceve i suoi primi regali di Natale: il mantello dell’invisibilità, il maglione fatto a mano dalla mamma di Ron, il flauto di legno fatto da Hagrid, le cioccorane di Ermione. In realtà, tra quei pacchetti più o meno magici sono nascosti i veri regali che Harry riceve: il senso di appartenenza, una maggiore consapevolezza e accettazione della sua identità e del suo passato, una famiglia di amici che rimarrà accanto a lui per tutta la vita, in modi e forme diverse.

      Che sia un Natale magico per tutti, anche per noi babbani.

      Soundtrack: Carol of the Bells

      Posted in Il Calendario dell'Avvento Letterario | 8 Comments | Tagged #AvventoLetterario, Harry Potter, Il Calendario dell'Avvento Letterario, JK Rowling, Molly Weasley, Natale in letteratura, Natale inglese, Potterhead, Ron Weasley
    • Non dà sollievo il tempo

      Posted at 11:50 am08 by ophelinhap, on August 20, 2018
      separation

      Separation, Munch

      Non ci sono parole che possano descrivere cosa significhi perdere qualcuno che si ama. Rassegnarsi alla silenziosa, ma onnipresente disperazione di non vederlo più, di non udire mai più il suono della sua voce, di non poterlo riabbracciare. Di dimenticare – lentamente ma inesorabilmente – la mappa dei suoi nei, le imperfezioni, la purezza dei sorrisi, le inflessioni.

      C’è una sorta di gerarchia del dolore a cui sottomettersi e da rispettare. Perdere i genitori o un compagno è socialmente riconosciuto come lutto. Perdere qualcuno di piccolo o di giovane è una tragedia indicibile. Io ho perso la persona della mia famiglia alla quale ero più vicina, ma era ‘ solo’ una nonna, quindi apparentemente non conta. Non importa che fosse la donna più incredibile che abbia mai conosciuto, una roccia, una presenza silenziosa e costante, un’amica, un genitore che ha sopperito alla defezione e alla mancanza infinita di mio padre: non importa che mi trascini con il cuore a metà, e un peso sul petto che mi toglie il respiro. Era anziana, dicono. Ha vissuto la sua vita.

      Non riesco a guardare questa perdita in faccia. Non riesco a chiamarla col suo nome. Il tempo, mi dicono, faccia miracoli. Ma io sono con Edna St Vincent sulla questione: il tempo non dà sollievo, è una pietosa bugia che ci raccontiamo per ingannarci, per illuderci di sentire meno dolore:

       

      Time does not bring relief; you all have lied  

      Who told me time would ease me of my pain!  

       

      In questi giorni penso e ripenso al privilegio di essere stata vicina a mia nonna nei suoi ultimi giorni e nelle sue ultime notti. Quella stanzetta anonima di ospedale, in cui io avevo sempre freddo e lei aveva sempre caldo. L’intimità della condivisione di uno spazio e di un tempo fuori dal tempo – quelle notti infinite, che adesso mi sembrano cortissime, passate su una sedia di plastica, nella penombra, a guardarci e a comunicare con poche parole. La sua preoccupazione, fino alla fine, è stata la mia stanchezza, il mio mal di collo, quel freddo che non se ne andava mai via. Dormi, continuava a ripetermi con gli occhi lucidi di febbre, stanchezza e paura. Riposati.

      E io non riuscivo a chiudere gli occhi, consapevole che mi stesse scivolando via, condannata dall’impossibilità di tenerla ancora un po’con me, quella donna sempre più piccola ma infinitamente grande, aperta alla vita e al mondo, che ha abbracciato le mie scelte di vita poco convenzionali – impensabili per una brava ragazza di un paesino calabrese – con amore e accettazione. Che, quando ho avuto problemi di salute, ha preso per la prima volta un aereo senza pensarci due volte ed è venuta ad assistermi a Bruxelles, dormendo su una brandina ai piedi del mio letto. Che ha passato maggio leggendo Jane Austen a casa mia a Lussemburgo e ha fatto le ore piccolo una sera con me per finire la versione della BBC di Orgoglio e pregiudizio. Che amava la saga di ‘quel mago’, Harry Potter. Non riuscivo a chiudere gli occhi, accecata dall’ indifferenza della maggior parte del personale medico e assistenziale nei confronti di un anziano che soffre: l’isolamento, la solitudine, la mancanza di ascolto e di conforto, sia da nei confronti del paziente che nei confronti della famiglia. Sto cercando di leggere tanto, di informarmi su iniziative intraprese per garantire dignità agli anziani ammalati, per restare umani fino alla fine: ho trovato un interessante studio della Fondazione Isal sull’umanizzazione delle cure all’anziano in ambito ospedaliero, e vi invito a diffonderlo e a sostenerlo, se potete.

      Qualche giorno prima mi andarsene, mi ha detto: ‘Poi non dite che la nonna non ha fatto niente nella vita’. Ho provato a descrivere cosa sia stata, per me, ma non credo di esserci riuscita.

       

      tu sei

      piccola,

      timida,

      ritrosa,

      riservata,

      esile,

      fragile

      (come se volessi occupare

      meno spazio possibile)

       

      tu sei

      più grande della furia

      della vita stessa,

       

      sei pallida e rosea e azzurra

      hai lo stesso odore della mia infanzia

       

      hai sorriso per me

      quando ho scoperto la morte

      (un sorriso incomprensibile

      – come hai potuto?

      ma l’hai fatto – per me)

      e

      ogni sera

      olio tiepido sul mio collo indolenzito

      (balsamo tiepido sul mio cuore confuso)

      un rituale

      una cosa da niente

      un gesto

      così pieno di amore e tenerezza,

      un tocco leggero

      delle dita artritiche

      (la sola, l’unica che comprende

      senza parole

      rabbia e paura,

      la mia gemella, tu sei)

      vorrei che fossi

      forte ora,

      più forte che mai,

      più

      di quando ti hanno portato via

      cinque pezzi di cuore

       

      vorrei che fossi forte

      – per me

       

      Soundtrack: la sua canzone

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      Posted in Ophelinha scrive | 1 Comment | Tagged edna st vincent millais, Harry Potter, Jane Austen, Poetry
    • Cartoline da Londra: tè letterari, Harry Potter, librerie bellissime e tanto amore

      Posted at 11:50 am05 by ophelinhap, on May 2, 2018

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      Per chi mi conosce o mi legge da più di cinque minuti, non è un mistero: Londra è il mio posto preferito al mondo. Ci ho vissuto quando ero ancora una studentessa e poi appena laureata: per me, la capitale del Regno Unito è il simbolo, decadente e romanzato, di tutti quei sogni che sono stati a punto di realizzarsi ma non ce l’hanno fatta, di quelli andati a male e di quelli che aspettano speranzosi nel cassetto, chiedendo a gran voce una possibilità.

      Cerco di andare a Londra almeno una, due volte all’anno: quando vivevo a Bruxelles era molto più semplice grazie all’Eurostar, da Lussemburgo è un po’ più complicato, ma nessun ostacolo riuscirebbe a trattenermi dall’andare ad abbracciare gli amici, barcamenarmi tra mostre, musical e mercatini e rilassarmi con l’immancabile rituale dell’afternoon tea.

      A questo giro, si è trattato di un tè davvero speciale: quello offerto dal Charlotte Street Hotel e ispirato al Bloomsbury group, un rivoluzionario circolo artistico e letterario degli anni Venti che annovera tra i suoi membri Virginia e Leonard Woolf, Vanessa e Clive Bell, E. M. Forster e l’economista John Maynard Keynes.

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      I membri del Bloomsbury group si contraddistinguono per la creatività e il desiderio di cambiamento e innovazione, per la libertà e l’irriverenza. Vivono nell’area intorno a Charlotte Street, dove si incontrano per discutere ed esprimere la loro ribellione nei confronti dei soffocanti costumi vittoriani, tanto che si dice che vivessero in quadrati, dipingessero in circonferenze e amassero in triangoli.

      Gli interni del Charlotte Street Hotel sono stati fortemente influenzati dagli illustri vicini; l’hotel ospita capolavori originali di Vanessa Bell, Roger Fry e Duncan Grant.

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      Per i membri del Bloomsbury, sedersi a tavola a mangiare tutti insieme è un momento unico e irrinunciabile di condivisione e dialogo; le ricette ricreate dagli chef del Charlotte Street Hotel sono state ispirate da ‘The Bloomsbury Cookbook – Recipes for Life, Love and Art’ di Jans Ondantje Rolls.

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      Nessuna passeggiata londinese che si rispetti sarebbe completa senza una tappa potteriana: questa volta è toccato a House of Minalima, negozio-museo dei graphic designer Eduardo Lima and Miraphora Mina, che hanno dato vita alle grafiche e ai prop dei film di Harry Potter e sono poi passati alla saga di Fantastic Beast. Il negozio-museo è situato in un adorabile, fatiscente edificio che non sarebbe affatto fuori posto a Diagon Alley.

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      Il terzo piano è un tuffo nella New York degli anni Venti e ospita illustrazioni, riproduzioni e stampe dal magico mondo di Fantastic Beasts and Where to Find Them; il primo e il secondo piano ospitano invece una mostra dedicata a Harry Potter e all’incredibile universo di Hogwarts.

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      Il piano terra ospita il negozio vero e proprio, dove ho potuto ammirare dei fantastici libri di favole pop up (i miei preferiti sono La Bella e la Bestia e La Sirenetta).

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      Ovviamente, le librerie. Londra ne ha tante, di tutti i tipi, da quelle di settore a quelle di seconda mano, da quelle estremamente curate a quelle piccole e polverose, da quelle che hanno ispirato film celebri (Notting Hill, anyone?) alle piccole opere d’arte, come Daunt Books a Marylebone.

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      Lo ammetto: il mio sguardo su Londra è quello di una persona innamorata e leggermente ubriaca, che inforca i suoi occhiali rosa e imposta il filtro ‘ricordi più belli’. Mi rendo conto che sia del tutto irrazionale, ma Londra mi fa battere il cuore, arrossire e perdere la testa, facendomi sentire viva, vitale, piena di speranze e possibilità. È una storia d’amore che dura da quasi vent’anni, e che è difficile da spiegare e da condividere: dopotutto, quella che vedo, quella che amo è la mia Londra, mia e di nessuno. Ho provato a spiegarlo qualche anno fa in questi versi, ma non so se ci sono riuscita: le cose più belle, più intime e personali sono le più difficili da condividere.

      My London would never be your London, you said,

      because you never fell in love in the city, with the city;

      let me set this straight

      the city

      as seen through your eyes

      was the city

      seen for the first time

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      Per saperne di più sul Bloomsbury group:

      • Adorata creatura. Le lettere di Vita Sackville a Virginia Woolf
      • Una stanza tutta per sé

      Per sbirciare nella mia collezione di cartoline:

      • Cartoline da Parigi: la libreria Shakespeare and company
      • Cartoline da New York: passeggiate letterarie
      • Cartoline dallo Hampshire, tra i luoghi di Jane Austen
      • Cartoline da Riga: il Globuss bookstore
      • Cartoline da Lisbona: a casa di Fernando Pessoa per il suo compleanno

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      Posted in Cartoline | 7 Comments | Tagged Anglofilia, Bloomsbury group, Daunt Books, Harry Potter, House of Minalima, Leonard Woolf, Librerie bellissime, London, Turismo letterario, Virginia Woolf
    • It’s my party (and I’ll read if I want to)

      Posted at 11:50 am02 by ophelinhap, on February 16, 2018

      Raise me a dais of silk and down;

      Hang it with vair and purple dyes;

      Carve it in doves and pomegranates,

      And peacocks with a hundred eyes;

      Work it in gold and silver grapes,

      In leaves and silver fleurs-de-lys;

      Because the birthday of my life

      Is come, my love is come to me.

      (Christina Rossetti)

       

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      Credits: A Royal Day Out

       

      So che è un giorno come tutti gli altri e che è sciocco affidare a un arco temporale di ventiquattr’ore una valenza emotiva e un carico di aspettative e revisioni pari e quello affidato al primo dell’anno, da sempre festival dei bilanci e dei buoni (o cattivi) propositi.

      Il mio compleanno per me è sempre stato un big deal, un ‘evento’ significativo, un giorno a cui non assegnare un sassolino bianco o nero nello stile dei Romani, ma un sassolino rosa (perché rosa è il mio colore preferito, noblesse oblige).

      Ci sono compleanni che ricordo più degli altri: i miei ventiquattro anni, arrivati quasi a tradimento in un dormitorio universitario a Islington, Londra. Ero arrivata a gennaio e conoscevo ancora pochissima gente: a mezzanotte mi ero quindi trascinata verso la cucina comune per festeggiare con una tazza di tè caldo e un pacchetto di Hobnobs, sentendomi sola e triste. Ho incontrato in cucina un ragazzo afro-portoghese che avevo visto solo di sfuggita, nei corridoi della residenza: mi ha chiesto perché avessi gli occhi così tristi, il ghiaccio si è rotto e abbiamo trascorso la notte a chiacchierare. La mattina, quando mi sono svegliata, ho trovato un post-it giallo attaccato sulla porta della mia stanza, con un aggettivo – quixotic, donchisciottesco – e la sua definizione – persona astratta, idealista, prone a rincorrere illusioni (e a combattere contro gli eventuali mulini a vento). Continuo a pensare che sia una delle definizioni più calzanti ed esplicative del disordine discreto, della malinconia e dell’infinita irrequietudine che mi porto dentro.

      Ci sono stati i trent’anni, per i quali non mi sentivo assolutamente pronta e che si sono tradotti in una festa improvvisata nel mio vecchio appartamento di Bruxelles, tra fiumi di champagne (ovviamente rosa) e un karaoke incentrato sull’intera colonna sonora di Mamma mia! (la mia versione di Dancing queen, della quale rimangono imbarazzanti testimonianze fotografiche, è passata alla storia). Di quel compleanno ricordo i fiumi di lacrime (le mie, da vera drama queen quale sono) versate la notte precedente di fronte alla prospettiva di abbandonare la comfort zone dei vent’anni e l’assortimento di amici che si sono presentati alla mia festa improvvisata: diversissimi per età, lingua e nazionalità, uniti dal generoso impulso di aiutarmi a salutare i miei vent’anni con un party decadente ‘degno di Kate Moss’ (parole di una delle invitate).

      Ci sono stati i miei trentadue anni, festeggiati in anticipo con un afternoon tea a Covent Garden, nella mia Londra (e dove, se no?) e con una visita alla libreria della mia casa editrice preferita, The Folio Society, dove mi sono regalata le edizioni di Anna Karenina e Lolita più belle del mondo. Avrei poi trascorso il mio compleanno effettivo in un triste hotel business di Helsinki per un colloquio di lavoro, festeggiando con una barretta di noccioline comprata da Tiger (non mi hanno nemmeno offerto il lavoro, ma questa è un’altra storia).

      Cosa vorrei per questo compleanno incipiente (a parte essere a Londra, cosa che quest’anno non si verificherà, a parte miracoli dell’ultimo momento?) Vorrei essere sorpresa. Vorrei la capacità di sorprendermi ancora. Vorrei la capacità di sperare che, anche se l’ultimo anno non è andato come avrei voluto e mi sento quasi imprigionata in una serie di situazioni che mi rendono claustrofobica, le cose possono cambiare, e cambieranno presto. Vorrei ventiquattr’ore di leggerezza.

      Nel frattempo, se non posso fermare il tempo in attesa che le cose prendano un corso diverso, vorrei la capacità di riuscire a guardare fuori dal finestrino e godermi il paesaggio e quei momenti preziosi – i sorrisi, le risate, le pagine, i bicchieri di vino, i tramonti inaspettati – che rischiano altrimenti di passare inosservati.

      Dato che sono (anche) una ragazza materiale, ci sono anche alcune cose più o meno tangibili che mi piacerebbe ricevere per il mio compleanno:

      • uno dei Libri Muti di Slow Design, bellissimi taccuini realizzati a mano che riproducono le copertine di celebri classici (quello che mi piace di più è Lolita);

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      • un inglesissimo afternoon tea con A Royal Day Out, un servizio londinese ideato da una coppia di creativi, Lauren e Max, che promettono di far trascorrere una giornata nel XVIII secolo, con tanto di abiti d’epoca, parrucche, trucchi e picnic a Kensington Gardens. Ho sempre pensato di essere nata nel secolo sbagliato, quindi un giorno di lenta, decadente celebrazione stile Marie Antoinette (meno la faccenda della decapitazione) sarebbe un’esperienza indimenticabile;
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      Credits: A Royal Day Out

       

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      Credits: A Royal Day Out

       

      • una notte all’Hotel la Librairie du Marais a Parigi, una suite-libreria in un appartamento nel cuore del Marais;
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      Credit: Paris Boutik Hotels

       

      • una notte ad Edinburgo, una delle mie città del cuore, in un appartamento ispirato a Hogwarts;

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      • un’edizione di The Folio Society per continuare la mia collezione (preferibilmente Little Women o Anne of Green Gables).

      Soundtrack: Strokes come se piovesse, da I’ll try anything once (Soon you were born/ In 1984) a What ever happened? (Oh, that’s an ending that I can’t write/’Cause I’ve got you to let me down)

      Posted in Ophelinha scrive | 0 Comments | Tagged A Royal Day Out, Christina Rossetti, Confessions of a Dangerous Mind, Harry Potter, Libri Muti, The Folio Society
    • Un’ora con…Selene&Serena di The Sisters’ Room

      Posted at 11:50 am06 by ophelinhap, on June 29, 2017

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      Nelle mie giornate sempre più frenetiche amo ritagliarmi dei momenti tutti per me, rifugiarmi in oasi di bellezza che abbiano poco o nulla a che vedere con le trappole e gli scorni del quotidiano. Il blog di Selene e Serena, The Sisters’ Room, è uno dei miei antidoti preferiti: basta un click per ritrovarsi nella Haworth del 1800, in mezzo alle sudate carte di Charlotte, Emily, Anne e Branwell Brontë, illustri esponenti di una delle più famose famiglie letterarie di tutti i tempi che ci ha regalato classici immortali come Jane Eyre e Cime tempestose.

      Che abbiate voglia di approfondire gli scritti delle Brontë, di scoprire maggiori dettagli biografici sulla loro famiglia o anche semplicemente di fare una passeggiata virtuale per le brumose lande di Cathy e Heathcliff, scoprirete che The Sisters’ Room è un posto incantato, fuori dal tempo. Pronte a indossare crinoline e cuffiette e a scoprirlo?

       

      1) The Sisters’ Room: come e perché?

      Selene e Serena: La passione per la vita e le opere delle sorelle Brontë ci unisce dall’inizio della nostra amicizia, durante gli anni universitari. Quando ci siamo rese conto che questo amore immenso ci portava sempre più a studiare e viaggiare abbiamo deciso di provare a condividerlo. La prima volta che siamo state in viaggio a Haworth e abbiamo visitato il Brontë Parsonage Museum, il posto che fu la casa di queste splendide autrici, per noi è stata un’emozione fortissima. In una di quelle stanze sono stati scritti i romanzi che amiamo di più, e così ci siamo lasciate ispirare: anche noi avremmo costruito una stanza, virtuale in questo caso, nostra ma anche di tutti, in cui fosse possibile leggere, studiare e scambiarsi idee e passioni su queste sorelle straordinarie che ci hanno dato, e continuano a darci, tantissimo.

       

      2) Chi c’è dietro The Sisters’ room?

      Selene: Amo viaggiare, il freddo e l’Inghilterra. Vivo la mia vita a metà tra il presente e il passato, tra due Paesi e due lingue, nutrendomi di letteratura inglese sotto ogni sua forma, serie televisive, e caffè.

      Serena: La mia anima è nata in un mondo più antico di quello in cui vive il mio corpo, probabilmente questo è il motivo per cui sono una blogger ma scrivo ancora lettere a mano. Sono fatta di cose che ho imparato dai libri, grandi sogni, e venti forti che mi spostano sempre. Compenso la mia naturale tendenza al buio con una sfrenata passione per il trash, ma solo di qualità!

       

      3) Il vostro scaffale d’oro

      Selene: Sul mio scaffale d’oro ci sono i tre libri che più mi rappresentano: Wuthering Heights (Emily Brontë), Villette (Charlotte Brontë), Una stanza tutta per sé (Virginia Woolf).

      Serena: Direi Wuthering Heights (Emily Brontë), Jane Eyre (Charlotte Brontë), Harry Potter (J.K.Rowling), To Kill A Mockingbird (Harper Lee). Sono i libri dai quali ho imparato le cose più importanti.

       

      4) Un personaggio in cui vi immedesimate particolarmente

      Selene: Lucy Snowe, la protagonista di Villette. Il suo coraggio e la sua forza nonostante le difficoltà sono di grande ispirazione.

      Serena: Hermione Granger probabilmente. Mi piace imparare, credo profondamente nella lealtà e nell’amicizia. Combatto tutti i giorni contro i miei capelli crespi.

       

      5) Se il vostro blog fosse una canzone

      Selene e Serena: beh se non fosse Wuthering Heights di Kate Bush probabilmente sarebbe Scarborough Fair di Simon & Garfunkel, non tanto per le connessioni bronteane quanto perché spesso e volentieri ci ha fatto da colonna sonora durante la creazione del blog.

       

      6)Il vostro rapporto con la scrittura/con la lettura

      Selene e Serena: da laureate in lingue abbiamo sempre dato un valore importante alle parole. Lettura e scrittura sono elementi fondamentali nelle nostre vite. Siamo lettrici appassionate sin da bambine, e i libri ci accompagnano da sempre nel nostro percorso di crescita individuale aiutandoci a conoscere il mondo, gli altri e noi stesse.

       

      7) Progetti in cantiere

      I progetti sono tanti e diversi, e mirano tutti a portare la letteratura fuori dalle pagine dei libri trasformandola in esperienze, viaggi, incontri e condivisione. Proprio in questi giorni abbiamo inaugurato il nostro nuovissimo sito ufficiale, www.thesistersroom.com: una “stanza” più grande e solida in cui speriamo di accogliere sempre più amici e lettori. Stiamo anche pensando a un modo per festeggiare i primi due anni di The Sisters’ Room con tutti i nostri lettori per il compleanno del blog il 22 luglio. Inoltre all’orizzonte ci sono anche nuovi viaggi, collaborazioni con diverse case editrici… e non solo! Ma non possiamo svelarvi tutto, perché come direbbe Charlotte Brontë: The human heart has hidden treasures- In secret kept, in silence sealed; – The thoughts, the hopes, the dreams, the pleasures- Whose charms were broken if revealed.

      Posted in Guestpost e interviste | 11 Comments | Tagged Anne Brontë, blogging, Brontë Parsonage Museum, Cathy Earnshaw, Charlotte Brontë, Cime tempestose, Emily Brontë, Harper Lee, Harry Potter, heathcliff, Hermione Granger, J.K.Rowling, Jane Eyre, Kate Bush, Lucy Snowe, Rochester, Simon and Garfunkel, The Sisters' Room, To Kill a Mockingbird, Una stanza tutta per sé, Villette, Virginia Woolf, Wuthering Heights
    • Il Calendario dell’Avvento Letterario #5: Natale a Grimmauld Place

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 5, 2016

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      Questa casella è scritta e aperta da Ilenia di Ilenia Zodiaco

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      Nella mia immaginazione – e scommetto, anche nella vostra – il Natale perfetto è ambientato ad Hogwarts. I dodici alberi imponenti che decorano la Sala Grande, il banchetto sontuoso, il cielo stellato al posto del tetto, la neve e qualche fantasma a burlarsi di voi. Ma non fatico a credere che abbiate bene in mente anche la scena in cui Harry e Ron, undici anni a stento, la mattina di Natale, si salutano e si scambiano i regali davanti al camino della Sala Comune di Grifondoro. La scena acquista un significato particolare perché sappiamo che è il primo vero Natale felice di Harry (che ha trascorso degli anni infernali dai Dursley), ma è anche una celebrazione di quello che sappiamo fin da piccoli: a Natale ci si può sentire felici e appagati per le cose più semplici, grati che coloro che ci stanno intorno si facciano “contagiare” dal clima di festa. Il Natale ha il potere di diffondersi e di superare il malumore individuale.

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      Le immagini che compongono il nostro sogno di Natale sono inevitabilmente classiche perché, molto banalmente, il Natale è tradizionale. Forse una delle poche tradizioni che si mantiene da secoli, pressoché inalterata nei suoi tratti fondamentali. Quando ero una bambina ricordo di essere rimasta molto colpita dal fatto che persino nei libri di Harry Potter questa festività di stampo cristiano venisse celebrata anche in un mondo magico e quindi “eretico”. Il Natale esiste persino in Harry Potter. Perché? Può essere snervante ritrovarsi con i nostri parenti, specialmente se abbiamo una famiglia disfunzionale e infelice (chi non ce l’ha?). Può essere impegnativo, fino ai limiti della commiserazione, il non riuscire a trovare idee o tempo per fare regali per tutti o l’impossibilità di comprarli per problemi economici. Può essere mortificante dover ricevere continuamente domande sulla propria immobile vita professionale o sentimentale. E poi certo, il Natale può essere molto più che un’esperienza imbarazzante. Può rappresentare l’occasione di sentirsi ancora più soli, di avere paura, provare dolore. Eppure persino in un mondo parallelo, fatto di bacchette e incantesimi, sembra proprio un appuntamento irrinunciabile.

      Particolarmente significativo sono i festeggiamenti natalizi presenti ne L’Ordine della Fenice. Sebbene sia forse il Natale più affollato della storia dei libri di Harry Potter (si celebra nel quartier generale dell’Ordine quindi c’è un via vai continuo), è anche uno dei più precari. Siamo sull’orlo della guerra contro Voldemort, la segretezza e la clandestinità rovinano in qualche modo l’atmosfera di festa. In più, Arthur Weasley si trova in pessime condizioni di salute perché morso da Nagini.
      Il Natale a Grimmauld Place è atipico anche perché c’è l’idea di una famiglia “allargata” che assomiglia più ad un’accozzaglia di disperati (MUGUNDUS FLETCHER!). La casa poi non è di certo La Tana ma una polverosa dimora di purosangue con idee piuttosto ristrette e ottuse di come dovrebbe comportarsi un mago.
      I personaggi quindi sono trapiantati in un contesto quasi ostile, Sirius è addirittura segregato in una casa che ha sempre odiato e in cui ha trascorso gli anni più infelici della sua vita (e chissà quanti Natali neri!).

      Eppure, tutti ritengono importante dare una parvenza festiva per il Natale: dalla disinfestazione domestica, alla preparazione della cena fino allo scambio di regali (potevamo mica farci mancare i maglioni di Molly per i gemelli?). Uniti nel malumore, si cerca di stare insieme perché, come dicevamo all’inizio, sono i momenti più semplici che ci ricorderemo e che proveremo sempre a ricreare, anche “negli attimi più bui”.

      Sirius dirà: “Quando tutto questo sarà finito, saremo una vera famiglia”. Sappiamo che non succederà ma quel momento, il fatto che lui l’abbia detto, sarà un ricordo importante per Harry. E i ricordi sono l’unica vera magia a noi accessibile in questo mondo. Almeno, la più potente. Il Natale ci ricorda di costruirli insieme. Melenso? Forse. Ma chiediamoci allora perché continuiamo a festeggiarlo.

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      Posted in Letteratura e dintorni | 1 Comment | Tagged #AvventoLetterario, Arthur Weasley, Con amore e con squallore, Grimmauld Place, Harry Potter, Hogwarts, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Ilenia Zodiaco, Molly Weasley, Mugundus Fletcher, Nagini, Ordine della Fenice, Sirius Black, Voldemort
    • Non c’è Halloween senza burrobirra

      Posted at 11:50 pm10 by ophelinhap, on October 31, 2016

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      Buon Halloween, gente!

      Qui i festeggiamenti sono iniziati già nel fine settimana – con mia somma gioia, febbre a parte, perché Halloween è uno dei miei momenti preferiti dell’anno, e non è poi tanto lontano da tradizioni e leggende che accompagnano il giorno dei morti in tante regioni diverse – Sud Italia compreso.

      Comunque, ho finalmente approfittato di questa ricorrenza per sperimentare un paio di ricette di burrobirra, il mitico bibitozzo tanto à la page dalle parti di Hogwarts. Dopo varie ricerche, devo dire che la mia ricetta preferita resta quella del blog Food in Literature, che propone interi menù ispirati a Harry Potter, nonché una selezione di free printables – io ad esempio ho utilizzato questi per personalizzare i bicchieroni di carta dove  ho servito la burrobirra.

      Trovate la ricetta originale qui; io ho modificato un paio di cose, perché non sono riuscita a trovare alcuni ingredienti (tipo questo, una sorta di sciroppo al sapore di burro, che comunque non è che mi ispirasse tantissima fiducia). Non ho nemmeno trovato lo sciroppo di butterscotch, ma l’ho sostituito con la Sticky toffee sauce di Marks & Spencer (quindi, in sostanza, uno sciroppo al caramello), che comunque ci sta benissimo.

      Il procedimento è facile – a prova di una persona impaziente e impedita come me – e il risultato è sorprendentemente simile a quello della burrobirra che ho assaggiato a febbraio agli studios della Warner Bros a Londra. Inutile dire che, essendo un concentrato di zuccheri, se ne può bere al massimo una tazzina (ma piccola, eh).

      Burrobirra di Harry Potter (a prova di impedite)

      Dosi per sei persone

      Per la cream soda:

      –           2 tazze di zucchero bianco

      –           1 tazza di acqua

      –           mezzo cucchiaino di cremor tartaro

      –           1 cucchiaino di estratto di vaniglia

      Per la burrobirra:

      –           ¾ di una tazza di cream soda

      –           ¾ di una tazza di sciroppo di caramello/butterscotch

      –           acqua frizzante a piacimento

      –           panna montata e sciroppo per decorare

      Preparate prima la cream soda: versate l’acqua e lo zucchero in un pentolino, mescolando in continuazione. Aggiungete poi il cremor tartaro e la vaniglia. Quando il composto inizia ad addensarsi e ad acquisire una consistenza sciropposa, spegnete e lasciate a riposare per un’ora.

      Versate in una tazza (o bicchiere) due cucchiaini di cream soda, due cucchiaini di sciroppo di caramello e acqua frizzante a volontà. Mescolate e decorate con panna montata e caramello e voilà, la vostra burrobirra è pronta. Facile, no?

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      Volete realizzare una versione alcolica della burrobirra? Provate questa ricetta, a base di ale (una birra ad alta fermentazione molto diffusa nella perfida Albione).

      Volete sperimentare qualche altro cocktail letterario? Qui trovate un mio post dell’anno scorso con un sacco di proposte, dall’Huckeberry sin all’Infinite zest.

      Siete già in modalità natalizia? Provate allora l’eggnog di Edgar Allan Poe.

      Insomma, da queste parti si legge tanto, ma si festeggia (e si pasteggia) appena se ne presenta l’occasione. Happy Halloween!

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      Posted in Letteratura e dintorni | 0 Comments | Tagged burrobirra, butterbeer, cocktail letterari, Edgar Allan Poe, eggnog, Food in Literature, Halloween, Harry Potter, Hogwarts, ricette letterarie
    • Un’ora con…Norma Amitrano di Il soffitto si riempie di nuvole

      Posted at 11:50 am10 by ophelinhap, on October 25, 2016

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      Quello di Norma è un bel mondo.

      È un mondo colorato, pieno di intraprendenza, di fantasia e di creatività.

      È un mondo delicato, intessuto di ricordi e memorie leggere come quelle nuvole che riempiono il soffitto del blog.

      È un mondo genuino, creato da una persona che non si sforza di adattarsi alle mode e non cerca di piacere a tutti i costi, ma rimane se stessa, sempre.

      È un mondo ironico, in cui spesso l’ansia fa capolino, ma viene decostruita e sdrammatizzata con leggerezza.

      Ora però ve lo faccio raccontare da Norma, il suo mondo, che è meglio.

       

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      Il soffitto si riempie di nuvole: come e perché?

      Quando ero adolescente scrivevo poesie. In ogni classe che si rispetti c’è sempre la ragazzetta pallida col trucco sbavato di nero che scrive poesie, nella mia classe si era deciso che dovessi essere io. Di solito si trattava di versucoli malinconici, pervasi da quello che mi pareva spleen ma in realtà erano i 17 anni. Ogni tanto, però, sbucavano dal nulla sprazzi di speranza, colori chiari, cieli azzurri, voli di rondini, soffitti pieni di nuvole.

      E infatti Il soffitto si riempie di nuvole è il verso iniziale di un componimento, per il resto dimenticabile, che dovrei aver scritto da qualche parte in un diario del 2005.

      Non mi è più tornato in mente fino al 2011, quando decisi di aprire un blog. Non sapevo cosa mai avrei potuto scriverci dentro, sapevo solo che doveva essere azzurro e leggero.

       

      Chi c’è dietro Il soffitto si riempie di nuvole?

      Norma, 30 anni, perenne indecisa e perfezionista, di fronte alla richiesta di una presentazione si blocca come un cerbiatto che ha appena udito un fruscio tra le foglie, certo della morte imminente.

      Questa presentazione in particolare l’ho cominciata, penso, 720 volte.

      Sono curiosa, cocciuta, idealista e suscettibile. Il mio ruolo nel mondo è dare risposta alla domanda “Insicurezza e narcisismo sono conciliabili?” 1

      Lavoro come copywriter e come barista, a volte nello stesso momento.

      Leggo appena posso, cammino sempre, potrei essere presa come testimonial delle linee di autobus della mia città.

      Sono afflitta da una lieve ossessione per i quaderni: ne ho uno per ogni occasione. Il mio primo diario risale al 1994. Rileggendoli a distanza di tempo, scopro che ci scrivo dentro quasi sempre le stesse cose: “Cambierò? Migliorerò? Supererò questo e quest’altro? Diventerò all’improvviso una persona meno ansiosa?” 2

      Amo i travestimenti, la recitazione e il teatro. Sì, amo anche il palcoscenico, camminare finalmente sulle assi di legno diseguali dopo mesi di prove in uno stanzone, sentire il calore delle luci sulla testa e l’odore polveroso del sipario nelle narici, mettermi nei panni del personaggio, guardarmi allo specchio e riconoscermi. Sì, sono reduce da uno spettacolo, non parlatemi della realtà, è troppo difficile.

       

      1 La risposta è naturalmente sì

      2 La risposta è naturalmente no

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      Il tuo scaffale d’oro

      Lo prendo e lo spargo sul tavolo, mescolando le età, facendo incontrare i personaggi tra di loro.

      Ci sono Le correzioni di Franzen, Revolutionary Road di Yates, Olive Kitteridge di Elizabeth Strout. Ci sono Anna Karenina ed Emma Bovary. Oh, e c’è Lolita. E Julien Sorel, mio adorato stronzetto, dove ti eri nascosto?

      C’è Neil Gaiman che sa sempre in quale mondo portarmi a spasso.

      C’è Harry Potter: ho iniziato a leggerlo solo un anno fa, mi chiedo perché non l’abbia fatto prima. C’è Sylvia Plath, sempre e da sempre. C’è Rimbaud, che, anche se non lo leggo da anni, è ancora lì che passeggia mani in tasca, Petit-Poucet rêveur. Ci sono i Wu Ming. C’è Calvino con le sue città invisibili, c’è L’isola di Arturo col suo incanto senza fine.

      Ci sono i libri di quando ero bambina, come Piccole donne o qualsiasi romanzo di Bianca Pitzorno, Le streghe di Roahl Dahl, Il Mistero di Agnes Cecilia di Maria Gripe (che ha decisamente vinto il premio di Libro più letto dalla sottoscritta).

       

      Un personaggio in cui ti immedesimi particolarmente

      Per motivi che prima o poi mi diventeranno lampanti, tendo a immedesimarmi quasi sempre nei personaggi antipatici e insopportabili. Inizia subito un rapporto d’odio che si trasforma piano piano in comprensione e infine in riconoscimento.

      Mi è successo soprattutto con Emma Woodhouse, la protagonista del romanzo di Jane Austen, che mi ha messo di fronte a uno specchio con questa frase:

      “Che cosa meritate?”
      “Oh, merito sempre il trattamento migliore, perché non ne accetto altri.”

      Mi sono sentita e mi sento tuttora Emma Bovary, Julien Sorel, Cathy Earnshaw – irrequietezza allo stato puro.

      Alle elementari, invece, mi immedesimavo decisamente in Harriet la spia, la protagonista di Professione? Spia! di Louise Fitzhugh, tant’è che per un periodo me ne sono andata in giro scrivendo sul taccuino ogni cosa o movimento che vedessi, alla ricerca di chissà quali scoop di paese.

      Se invece dovessi scegliere il personaggio di una serie, la parte di me più altera e snob sta già trasformandosi in Lady Mary mentre scende la scalinata di Downton Abbey. E lì siamo ben oltre l’antipatia e l’insopportabilità, ma sarei abbigliata benissimo e andrei a cavallo e potrei finalmente alzare il sopracciglio con aria di superiorità di fronte alla maggior parte delle cose della vita – sarebbe bellissimo.

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      Termino col personaggio di un film che amo molto: Ofelia de Il labirinto del fauno. Le lacrime che piango quando lo guardo sono per lei e per me.

      (Perdonami Manuela, tu mi hai chiesto un personaggio, io te ne ho scritti 79. E pensare che all’inizio non me ne veniva in mente neanche uno!) Ma figurati! Anzi, come sempre, mi stupisco della quantità di cose che abbiamo in comune…)

       

      Se il tuo blog fosse una canzone…

      Nothing brings me down di Emiliana Torrini. Mi piacerebbe riuscire a trasmettere la stessa dolcezza e purezza, lo stesso incanto.

      Invece, se il mio blog fosse il pezzo che ascolto quasi sempre quando scrivo, sarebbe Friends of the night dei Mogwai (messo su in loop fino a che non ho finito, se no l’atmosfera cambia e la qui presente autrice della domenica perde l’ispirazione).

       

      Il tuo rapporto con la scrittura/con la lettura

      Ho sempre amato scrivere, ma ammetto con candore che da bambina era più facile. Se la mia testolina pensava a una storia, dopo cinque minuti la mia mano la stava scrivendo. Ho avuto la fase “Storie a tema miominipony” e la fase “Storie del mistero”, in cui impavidi gruppi di dodicenni risolvevano questo o l’altro caso, di solito dopo essere scappati di casa.

      Questo rapporto ideale si è incrinato crescendo, quando sono sopraggiunte domande esistenziali come “Ma perché mai dovrei fare lo sforzo di scrivere questa scemenza?”.

      L’abitudine di scrivere per me stessa però non l’ho mai persa: non viaggio mai senza il mio diario, bisognerebbe avere sempre qualcosa di sensazionale da leggere in treno, direbbe la mia cara Gwendoline Fairfax.

      Per lavoro, mi è capitato di scrivere di qualsiasi argomento, pure di biomagneti e urne funerarie (non necessariamente nello stesso testo).

      Sul blog, scrivo soprattutto per desiderio di leggerezza. La domanda di cui sopra continuo comunque sempre a farmela.

      La lettura ha seguito all’incirca le stesse fasi: esplosione da bambina, timore misto a senso di colpa crescendo. Ho ricominciato a leggere con tranquillità e gusto solo da alcuni anni. Forse non leggo tanto quanto vorrei, ma non me ne faccio un cruccio. Mi distraggo facilmente e se in testa ho altri pensieri, altre storie o qualcuna delle mie fantamirabolanti idee geniali, non riesco a mettermi col naso su un libro.

      Detto ciò, sono una lettrice viziata: a casa ho una sessantina di libri ancora da leggere e sono capace di non trovare nulla che possa concorrere al titolo di Prossima Lettura.

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      Progetti in cantiere

      Il mio blog è un cantiere perenne, anche se non si vede. Da mesi mi ripeto che devo dargli una sistemata, ma rimando e rimando e rimando. A giugno mi ero promessa che entro settembre l’avrei fatto. No, non fatemi notare che ormai è ottobre.

      Ho delle rubriche in mente e vorrei portarle avanti con costanza, che non è di certo una delle mie virtù principali. Ad esempio, ci sono Le guide definitiveLe guide definitive, ovvero: come affrontare cose più o meno pratiche della vita di tutti i giorni se sei una persona poco pratica come la sottoscritta. Però non posso programmarle, perché mi vengono in mente sempre e solo quando è troppo tardi e sto già sclerando e l’unico modo per superare la frustrazione è riderci su scrivendo.

      Una rubrica iniziata e subito abbandonata (forse perché nata nel momento sbagliato) è Interviste tra le nuvole. L’idea era quella di andare a trovare persone che mi piacciono che fanno cose che mi piacciono nei luoghi dove le fanno e raccontarle attraverso un’intervista libera e non programmata (quelle che di solito si chiamano chiacchiere). La vorrei riprendere, ma qualcosa mi blocca. Che dici Manuela, riparto? Sì J

      Di certo so che continuerò a invitare ospiti per la rubrica I libri dei ricordi, perché frugare tra gli scatoloni dei libri e dei momenti dell’infanzia mi fa sempre sorridere gli occhi.

      Posted in Guestpost e interviste | 9 Comments | Tagged Anna Karenina, Elizabeth Strout, Elsa Morante, emma bovary, Harry Potter, Il soffitto si riempie di nuvole, Jonathan Franzen, Julien Sorel, L'isola di Arturo, Le correzioni, Lolita, Neil Gaiman, Norma Amitrano, Olive Kitteridge, Revolutionary Road, Richard Yates, Rimbaud, Sylvia Plath
    • Un’ora con…Laura Ganzetti de Il tè tostato

      Posted at 11:50 am03 by ophelinhap, on March 22, 2016

       

      Che dire di Laura, meglio nota come la fanciulla del tè tostato e dei libri?

      In primis che l’ammiro moltissimo: ha mille idee, realizza tantissimi progetti e si dedica a tutti con passione ed entusiasmo (vi rimando a questo post in cui Laura spiega di cosa si occupa e come potete seguire i suoi progetti di lettura sui social).

      Laura, ti lascio la parola e spero di incontrarti prestissimo, magari a qualche evento bronteano 😉

      laura

      1) Il tè tostato: come e perché?

      Il tè tostato è nato per mettere in fila le mie letture e non dimenticarle. Leggo tanto e a un certo punto mi è sembrato impossibile continuare ad avere tutto in testa, così ho aperto il blog; un diario non sarebbe bastato, sono un’incostante e senza un impegno all’esterno avrei smesso.

      Il nome deriva dall’altra mia passione, il tè, e appunto il tè tostato è uno di quelli che preferisco; in giapponese si dice Hojicha ed era abbastanza improbabile, così ho scelto la versione italiana, ma per un anno intero quando dicevo “Il tè tostato” tutti capivano “Il terzo stato”: è imbarazzante dover ripetere come ti chiami, ma sento di essere quasi fuori dal tunnel. Andando avanti Il tè tostato si è arricchito di idee, voglia di fare, progetti, collaborazioni, il rapporto uno a uno di me che scrivo e mio padre che leggeva è cambiato e oggi occupa moltissimo della mia giornata.

       

      2) Chi c’è dietro Il tè tostato?

      Il tè tostato è tutto mio e solo mio, in un’autarchia arcaica e felice. Dato che sono in costruzione (e demolizione) personale continua, lo è anche il blog. I libri sono la cosa che mi piace di più, la lettura e la scrittura sono il modo in cui preferisco passare il tempo, sono una solitaria, mi piace l’autunno e il malumore della pioggia. Poi c’è tutta la mia vita personale che nel blog non appare, ma lo condiziona come la lettura condiziona me. Parlando di pratica dietro c’è una negata col computer che ha imparato a starci insieme, la mia pagina l’ho fatta da sola e so che si vede, ma ne sono orgogliosa, ed è stato un passo importante, ci sono poi, e soprattutto, molte ore di lettura, di approfondimento, di discussione e confronto con chi legge, c’è l’amore per la condivisione del mondo dei libri la frequentazione di librerie e il dialogo con chi di libri vive e lavora, e moltissima curiosità.

       

      3) Il tuo scaffale d’oro

      Lo scaffale è lungo e articolato, in ordine sparso: Jack Kerouac, George Simenon, Virginia Woolf, J.D. Salinger, Jane Austen, Emily Brontë, tutti gli Harry Potter. Di alcuni autori l’intera narrativa per me è fondamentale, certo con delle preferenze di titolo, e poi c’è la saga che ha frantumato i miei pregiudizi letterari, ed è stata una sensazione di miglioramento unica. Il mio percorso di lettore mi ha portata dall’amare visceralmente gli americani della beat generation, poi a sentire la necessità di ambientazioni inglesi a partire da Peter Pan; ora, per esempio, sono inamorata di Elizabeth Jane Howard.

      Ma c’è un’autrice italiana a cui devo tutto ed è Natalia Ginzburg: è stato con Lessico Famigliare che ho scoperto il piacere della lettura, avevo undici anni. C’è inoltre un autore cui devo l’attenzione per la parola e la fiducia nell’immaginazione ed è Italo Calvino: Se una notte d’inverno un viaggiatore mi ha insegnato che le storie possibili sono infinite e così le vite.

       

      4) Un personaggio in cui ti immedesimi particolarmente

      Holden Caulfield, per il suo disagio cui il mio assomiglia moltissimo e la sua voglia di esistere anche. Ho una famiglia di personaggi letterari, sono figure che sento, vorrei potergli telefonare, farci una passeggiata, ma nessuno è come Holden per me. Lui sa chi sono, e seppure abbia ancora sedici anni mentre io sono diventata grande, e si spera che diventerò vecchia, Holden è in me e io lo tengo stretto. Che poi l’immedesimazione secondo me è sopravvalutata, ho amato dei libri in cui non mi sono trovata, sono stata spettatore seppure partecipe, in ogni lettura entro e esco dall’ambientazione, ma non dai personaggi, non spesso almeno, ma Holden, lui non si batte, non se ne è più andato da me.

       

      5) Se il tuo blog fosse una canzone..

      Il mio blog sarebbe Nella mia ora di libertà di Fabrizio De André, e Hotel Supramonte; ci sono poi alcune colonne sonore di film, quella di City of Angels prima di tutte, film orribile,ma brutto brutto, colonna sonora pazzesca, e poi quella di Ritorno al futuro.

      Poi c’è Mexico di James Taylor, perché l’evasione è quel posto in cui poi si va a vivere.

       

      6) Il tuo rapporto con la scrittura/con la lettura

      Con la lettura facilissimo, con la scrittura complicatissimo. Leggere e scrivere sono le uniche cose che ho sempre fatto da quando ho imparato, quelle che mi hanno salvato, divertito, sostenuto, fatto soffrire e fatto stare bene.

       

      7) Progetti in cantiere

      Uh, moltissimi! Tra quelli interni al blog e le sue derive, ho tremila idee e, contrariamente al mio solito che le contemplo e basta, ora tento di realizzarne almeno due o tre. Sto imparando a essere (almeno un po’) concreta. Comunque tra le altre dovrebbe esserci l’abbandono della mia grafica autodidatta alla volta di qualcosa meno naif , ma non troppo, e nuovi gruppi di lettura, che sono un po’ la mia missione.

      Posted in Guestpost e interviste | 4 Comments | Tagged bookblogger, City of Angels, Emily Brontë, Faber, Fabrizio De André, George Simenon, Harry Potter, Hotel Supramonte, Il tè tostato, Italo Calvino, J.D. Salinger, Jack Kerouac, Jane Austen, Laura Ganzetti, Lessico Famigliare, Natalia Ginzburg, Nella mia ora di libertà, Peter Pan, Ritorno al futuro, se una notte d'inverno un viaggiatore, un'ora con, Virginia Woolf, vita da blogger
    • The Ophelinha Gazette#8 – articoli, segnalazioni, aneddoti e curiosità letterarie – speciale rentrée

      Posted at 11:50 pm09 by ophelinhap, on September 4, 2015

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      A furor di popolo (!) torna la Ophelinha Gazette, la rubrica più volubile, squinternata, incostante e capricciosa che sia mai esistita!

      Dopo lo shock di aver utilizzato due punti esclamativi nella stessa frase (!), passiamo alla hot potato, come dicono quei simpaticoni degli Inglesi, all’elefante nella stanza: vi ricordate quando, appena due settimane fa, eravamo tutti (o quasi) sparati sulla spiaggia, a fare le nostre belle foto di libri sulla spiaggia tra un tramonto e un Mojito?

      Incredibile come pochi giorni possano introdurre cambiamenti colossali: eppure, qui a Greyville ci sono attualmente 10 gradi (!), piove ininterrottamente da due giorni e l’ufficio mi sembra più cupo e asfissiante che mai. Ecco perché ho pensato di riportarvi tutti in spiaggia con uno speciale rentrée: un post di quiz e test letterari, per distrarvi durante i 112 giorni (!) che ci separano dalle vacanze di Natale. Pronti? Via!

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      1) In quale personaggio di Alice nel paese delle meraviglie vi rispecchiate maggiormente? Attenzione ai risultati: potreste essere molto sorpresi. A me, ovviamente, è capitato il cappellaio matto…

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      2) Qual è il vostro Heimat nel mondo letterario? Che sia l’Hampshire di Jane Austen o la New York del grande Gatsby, scopritelo qui.

      3) Ah, l’ammmore, gioia e dolore, causa principale della consumazione di infiniti vasetti di Haagen-dazs (per me Strawberry cheesecake, grazie) e infiniti fazzoletti. Scoprite qui a quale coppia letteraria la vostra assomiglia maggiormente, o fate un giro da queste parti per scoprire se siete degli irresistibili rubacuori o quelli che finiscono sempre col cuore spezzato (e qui parte Bridget Jones che canta All by myself). Io apparentemente sono una Cathy Earnshaw, destinata a vagare tra le lande e le brughiere dello Yorkshire mentre Heathcliff sbatte la testa contro un albero e Linton mi aspetta inutilmente davanti al fuoco (capita anche ai migliori).

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      4) Sempre in tema di amore&altri disastri, scoprite qui chi è il vostro tipo (o la vostra tipa) letterario ideale (Mr Darcy, aspetto sempre quel famoso invito a cena).

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      5) A proposito di Janeite&co: a quale sorella Bennet assomigliate maggiormente? Indipendente, testarda, orgogliosa, senza peli sulla lingua: non potevo non essere una Lizzie. Passando a Piccole donne, per quale sorella March facevate il tifo? Scoprite qui se siete una Meg, una Jo, una Beth o una Amy.

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      6) La grammatica, questa sconosciuta. Quali sono gli errori che vi danno maggiormente fastidio? Da uno a dieci, quanto siete nerd? Scopritelo qui.

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      7) Nerd di tutto il mondo, uniamoci! Quali di questi incipit vi ricordate, e quali di questi finali?

      8) Infine, le dolenti note: riveliamo tutti la nostra età in base ai nostri gusti e alle nostre abitudini di lettori. E, per riprenderci dallo shock, riscopriamo il bambino che è in noi, oppure scopriamo di quale storia dovremmo essere i protagonisti. Senza dimenticare, come ci ricorda Samantha Ellis in How To Be A Heroine: Or, what I’ve learned from reading too much, siamo tutti protagonisti della nostra storia, che scriviamo e riscriviamo giorno per giorno, tra migliaia di errori, rimpianti e correzioni di franzeniana memoria.

      Buon weekend, e fatemi sapere nei commenti o sui social i vostri risultati (o mandatemi la solita civetta di Hogwarts).

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      Soundtrack: Nat King Cole, Those Lazy Crazy-Hazy-Days Of Summer

       

      Posted in Uncategorized | 2 Comments | Tagged Alcott, Alice nel Paese delle meraviglie, Cathy Earnshaw, Emily Brontë, Harry Potter, heathcliff, Hogwarts, How To Be A Heroine: Or, Jane Austen, Janeite, Linton, lit-nerd, Lizzie Bennet, Mr Darcy, Nat King Cole, Piccole donne, quiz, roba da nerd, Samantha Ellis, test
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