Impressions chosen from another time

Frammenti di letteratura, poesia, impressioni
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    • About Time – Questione di tempo + giveaway

      Posted at 11:50 pm01 by ophelinhap, on January 28, 2014
      I don’t get many things right the first time
      In fact, I am told that a lot
      Now I know all the wrong turns, the stumbles and falls
      Brought me here..
      Ben Folds, The Luckiest (About Time soundtrack)

      Tim è un ventunenne timido e impacciato, con un taglio fuori moda color pel di carota. È tanto, ma così tanto impacciato che alla festa di Capodanno della sua famiglia dà  la mano alla ragazza con cui balla invece di baciarla, lasciandola in lacrime.

      Tim abita in una bellissima casa sul mare in Cornovaglia, con la sua strampalata famiglia: sua madre, che assomiglia ad Andy Warhol e la cui icona fashion è la regina Elisabetta; suo padre, assiduo lettore di Dickens e appassionato giocatore di ping-pong ; KitKat, sua sorella, una creatura un po’ elfica coi fiori tra i capelli e perennemente scalza; e l’adorabile zio Desmond, con i suoi completi immacolati e la sua distrazione celestiale.
      Dopo la débâcle della festa di Capodanno, il padre decide di consegnare a Tim il loro segreto di famiglia: gli uomini sono capaci di viaggiare nel tempo. Non andare a spasso nel tempo, non trotterellare tra passato e futuro, quanto piuttosto tornare a un momento preciso della loro vita e riviverlo..o cambiarlo, facendo molta attenzione.
      Tim decide di usare questa sua straordinaria capacità per quello che gli sta più a cuore: trovare l’amore. Si accorge presto che tutto il tornare indietro nel tempo di questo universo non può cambiare il fatto che una ragazza non lo ricambi (la sfortunata estate con la bellissima Charlotte, amica di KitKat, ne è la prova).
      Fa la differenza, tuttavia, quando si incontra QUELLA persona, e si vuole tornare indietro per riparare a parole impacciate, carezze goffe, tempistiche allo sbaraglio. Lei è Mary, adorabile, timida, un po’ nerd, fan spassionata di Kate Moss.  I due si amano tra prime volte vissute e rivissute, un matrimonio semidisastroso in una Cornovaglia piovosissima e bambine dai riccioli rossi.
      Sembrerebbe una semplice storia d’amore a lieto fine. Ma Tim non prende sottogamba questa storia del tempo: riflette sulla sua straordinaria, ordinaria esistenza e su come tutto il tempo di questo mondo non possa allontanare il dolore, esorcizzare le perdite, cancellare alcune giornate che non si vorrebbe vivere. Tornare indietro nel tempo non può impedire a KitKat di innamorarsi dell’uomo sbagliato, iniziare a bere, rischiare di uccidersi in un incidente stradale; non può impedire al padre di Tim di ammalarsi di tumore e morire a cinquant’anni. Tuttavia, padre e figlio, forti di un  legame profondo, sincero, commovente, disarmante, ironico – che è la vera storia d’amore del film – trovano il modo di tornare indietro nel tempo, e incontrarsi nel corso dei loro lunghissimi campionati di tennis da tavolo, tra una lettura di Dickens e l’altra. Finché Mary non sta per avere un altro bambino e Tim non può più tornare indietro a momenti precedenti la sua procreazione: lascia vincere a suo padre l’ultima partita di ping-pong e insieme tornano a rivivere una giornata sulla spiaggia, quando Tim era bambino.

       

       

      Suo padre lo lascia con un’altra consegna: provare a rivivere tutte le sue giornata, per imparare ad apprezzare quelle sfumature che ci sfuggono la prima volta, quei dettagli, quei piccoli momenti, all’apparenza insignificanti, che messi insieme costruiscono una vita, e le danno un senso. Nel corso degli anni, Tim capisce però che l’unico modo di gestire il proprio tempo è imparare a soffermarsi sugli istanti, sui piccoli eventi: i risvegli mattutini, pieni di sonno e di sbadigli, il libro letto al parco in pausa pranzo, il saluto di sua figlia prima di entrare a scuola. Uno sguardo, una parola, un sorriso. Una carezza. Un gesto. Un sussurro. Decide quindi di non viaggiare più nel tempo, ma di viverlo.

      Tim: We’re all travelling through time together every day of our life…all we can do is do our best to relish this remarkable right (viaggiamo tutti insieme nel tempo, ogni giorno della nostra vita..tutto quello che possiamo fare è fare del nostro meglio per apprezzare questo dono straordinario).

       

      Il tempo resta sempre un argomento spinoso. Passa troppo in fretta o troppo lentamente, è spietato o compassionevole, non si ripete mai due volte, non torna mai indietro.
      Non abbiamo mai tempo: non dobbiamo perderlo, lo rincorriamo, e non c’è tempo da perdere, e bisogna alzarsi presto perché il mattino ha l’oro in bocca, e chi ha tempo non aspetti tempo.
      Il tempo ci tormenta. Ci tormentano tutte le occasione perdute, ci tormentano quei momenti che vorremmo cambiare, gli errori che vorremmo correggere. La routine uccide il nostro tempo: e, alla fine, di ventiquattr’ore non ci restano che quei cinque minuti, quella luce diversa, quello sguardo, quel groppo in gola, quel peso sullo stomaco, quella carezza appena percepita. E, quando il momento è passato, vorremmo tornare indietro per riviverlo, per fissarlo nella memoria: ma è troppo tardi.
       

      Ho apprezzato molto questo film (good food for thoughts) e mi sono goduta la sua bellissima colonna sonora, che comprende la struggente Into my Arms di Nick Cave, The Luckiest di Ben Folds, Mid Air di Paul Buchanan e Gold in Them Hills di Ron Sexsmith (che trovate anche qui), oltre a classici come Friday I’m in love dei mitici The Cure, Back to black della sfortunata Amy Winehouse e perfino l’italianissima Il mondo di Jimmy Fontana, al ritmo della quale Mary percorre la navata il giorno delle sue nozze (risulta essere inspiegabilmente una delle canzoni preferite di Tim e suo padre).

      Dato che le cose belle andrebbero condivise, ho deciso di regalare un DVD di About Time a uno di voi(in Italiano o in Inglese). 

      Come fare per ricevere un DVD di About Time? Poche semplici regole:

       

      scrivere una riflessione sul tempo. Che sia una frase, un haiku o una storia breve, non importa: raccontatemi cos’è il tempo per voi. Fatene una questione di tempo.

       
      Lupus in fabula, avete tempo fino al 10 febbraio. Chi ha tempo…non ne aspetti.
      https://youtube.googleapis.com/v/-bugCwPpP9o&source=uds
       
      And the winner is…Sostiene Pereira, col suo bellissimo commento sul tempo e sull’amore
      Grazie dei vostri commenti*
      Posted in Ophelinha scrive | 14 Comments | Tagged Giveaway, Movies
    • Un sogno possibile per il 2013 (premiazione giveaway)

      Posted at 11:50 pm01 by ophelinhap, on January 1, 2013
      Smile though your heart is aching
      Smile even though it’s breaking
      When there are clouds in the sky, you’ll get by
      If you smile through your fear and sorrow
      Smile and maybe tomorrow
      You’ll see the sun come shining through for you
      Nat King Cole
       

      Ogni fine e – ogni nuovo inizio –  incutono una certa decadente malinconia: per tutti i momenti che scivolano lentamente nell’oblio del tempo, sia quelli belli che quelli brutti; perchè ogni nuovo inizio incute sempre un certo timore, una certa diffidenza.
      Insieme all’entusiasmo dell’ignoto, della possibilità, di 365 giorni da scartare come regali accatastati sotto un immenso abete natalizio.

      Il primo dell’anno è il giorno dei buoni propositi, o dei propositi in generale; ma, soprattutto, dei desideri. E dei sogni.

      Grazie di avermi raccontato i vostri sogni possibili. Tutti bellissimi.

      Oggi voglio regalarvi quello di Chiara Maria. che mi ha colpito per l’eleganza della sua metafora, di barberyana memoria (avete letto L’Eleganza del riccio? Ecco un proposito di lettura per il 2013….)

      Nel mio caso,mi disegnerò una porta su ogni occhio e ogni sguardo sarà un incontro. Acconcerò i miei capelli con un tetto a mò di tegole e ogni parola sarà un velo di protezione. E poi licenzierò la portinaia che vive dentro di me e che non parla per voce sua ma per voce del condominio che la paga. E se non basta,mi accovaccerò in terra e tramuterò in roccia e sarò casa della mia casa. Perché non c’è nulla di più spaventoso di dove sei libero di essere te stesso. Il sogno che custodisco è per l’appunto questo,in chiave metaforica,s’intende.
       

      Cara Chiara Maria, che il 2013 sia per te un anno di incontri fortuiti e inaspettati, di sguardi obliqui e in controluce, di parole non solo come veli di protezione, ma come ponti verso mondi sconosciuti, verso l’altro da sè. Come chiavi magiche per aprire la porta – la tua, e quella degli altri. E se proprio devi assumere una portiera per il tuo stabile, cerca una Renée, che faccia finta di guardare le soap opera e guardi invece raffinati film giapponesi collezionando attimi di bellezza ed edizioni vintage di Anna Karenina. Attendo i tuoi recapiti perchè tu possa continuare a sognare con Olivia, ovvero la lista dei sogni possibili di Paola Calvetti.

      Auguri, sognatori in cerca del tempo perduto.

      Il più bello dei mari
      è quello che non navigammo.
      Il più bello dei nostri figli
      non è ancora cresciuto.
      I più belli dei nostri giorni
      non li abbiamo ancora vissuti.
      E quello
      che vorrei dirti di più bello
      non te l’ho ancora detto.

      Nazim Hikmet
       

      Posted in Ophelinha legge | 8 Comments | Tagged Bookworms, Dreams, Giveaway, Great Expectations
    • Xmas Giveaway:raccontatemi i vostri sogni possibili

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 17, 2012

      Quand Olivia rêvait
      C’était d’un grand amour
      Plus grand que la forêt
      Et plus beau que le jour
      Mais qui saura jamais
      Le triste et doux secret
      Qui l’enchantait
      Quand Olivia rêvait ?
      André Claveau, Olivia

      (nella foto, Olivia è l’attrice Angela Christofilou)

      E’ da un po’ di tempo che avevo in mente di parlarvi di questo libro, Olivia ovvero la lista dei sogni possibili, della talentuosa Paola Calvetti. Quale momento migliore che il Natale per farvene dono, e condividere con voi personaggi, storie e parole che mi hanno tenuto compagnia, avvincendomi con la loro grazia.

      Natale e la fine dell’anno sono momenti di bilanci. Ma sono anche momenti in cui si rincorre quel po’ di magia e di serendipità rimaste in un mondo sempre più cinico, sempre più disilluso, sempre più disincantato.

      Perchè ho amato Olivia? Il libro mi è stato consigliato da diversi amici, dicendomi che mi sarei rispecchiata in lei per molti tratti, per diverse caratteristiche. Ed è vero: Olivia è un po’ tutte noi, a cavallo di questa generazione di choosy mancati che vivono in uno stato di precarietà permanente, spostandosi di nazione o addirittura di continente per inseguire sogni possibili ed impossibili, accontentandosi di quello che si riesce ad ottenere.

      Questa è la nostra Olivia: eroina d’altri tempi, di allendiana memoria (mi ricorda la Clara dalla distrazione celestiale de La Casa degli Spiriti). La ritroviamo con la sua bella scatola di effetti personali in mano, fresca di licenziamento, in una giornata di capelli impazziti, a rifugiarsi in una tabaccheria, un po’ alla Fernando Pessoa. E qui, cioccolata calda dopo cioccolata, Olivia, che ama le parole, per il suono ed il sapore che evocano, passa in rassegna la sua vita, racchiusa in quei pochi fogli che rappresentano il suo curriculum vitae, o, come lo definisce lei, il suo CVD (Come Volevasi Dimostrare, sei un foglio inutile).

      “A scorrerlo con un filo di onestà, è soltanto una radiografia imperfetta che tralascia ciò che conta davvero: gli incontri che mi hanno segnato, gli amori veri e quelli che credevo lo fossero, le persone che mi mancano, quelle che hanno smesso di mancarmi, gli amici, gli insensibili che ho incrociato senza rendermi conto di quanto fossero senza cuore, le persone che amo e non ho fatto in tempo ad abbracciare. (…) Sui curricula non c’è spazio per le passioni, i sogni, i fallimenti.

      Per la forza dei desideri.”

      Questo pensa Olivia, paladina della purezza del linguaggio alla ricerca della bellezza, che cattura con la fedele Polaroid regalatale dalla nonna, che le insegnava a inseguire la felicità.

      Proprio al funerale di questa persona così importante nella vita della protagonista, la Olivia bambina, nel suo cappottino blu con la fedele Polaroid stretta al petto, quasi a voler stringere la nonna a sè ancora una volta, a non volerla lasciar andare, incrocia lo sguardo di un bambino dalla sciarpa rossa, che nasconde una lacrima. E il destino si mette in moto.

      Conoscete quella leggenda orientale, secondo la quale gli dei legano i piedini di un bambino e una bambina non ancora nati con un nastrino rosso, e i due saranno destinati ad amarsi?

      Ma a tutto questo Olivia non pensa, mentre, triste e sperduta, seduta in quella tabaccheria, si mette a redigere la lista dei suoi sogni possibili, dei sogni realizzabili ora che ha perduto il lavoro, e deve e vuole impiegare il tempo nella maniera più impegnata e costruttiva possibile. Ma la vita è quello che succede mentre siamo distratti, è quello che troviamo – o che ci trova – mentre stiamo cercando qualcos’altro: è questa la serendipità. Così, mentre la ragazza pensa di mettersi a scrivere biografie e fare attività di volontariato alla casa di riposo per musicisti, cerca idee per vivere a basso costo e vuole mettersi a insegnare alle vecchiette a usare internet, la sua storia sta per reintrecciarsi con quella di lui, Diego – ma se n’era poi mai totalmente staccata?

      Ho amato Diego per il suo dolore. Per il suo segreto. Per quel fratello – Andrea – tanto amato, che ha scelto di morire, quando Diego è troppo piccolo per capire. Per la vita che si è fermata per sempre, in casa di Diego, per quei genitori dagli sguardi assenti che lo trattano quasi fosse un soprammobile di cristallo, prezioso e fragile.
      Diego ha paura di amare.

      ..Sono un cretino. Dietro di noi lasciamo scie che a volte non svaniscono del tutto.
      Vorrei essere amato e riuscire a fare altrettanto.
      Ho la fissa di non voler fare soffrire nessuno.
      Devo staccarmi da te anche se è l’ultimo dei miei desideri e so che mi sentirò solissimo senza di te.
      Non puoi attaccarti a un fantasma, no?

      Intanto, Olivia continua a filtrare messaggi, email e chiamate della migliore amica, Sarah, mentre compila la sua lista: aprire un blog; imparare a organizzare un picnic; coltivare la certezza che la vita continua; inaugurare un gruppo d’acquisto nel condominio.
      Ma la serendipità, sotto forma di Sarah, ha altri piani per lei, alla quale l’amica la convice/costringe a partecipare, col mantra “GLIELA FACCIAMO VEDERE NOI, AL DESTINO!”

      E così.

      Ci sono istanti nella vita in cui tutto cambia. Istanti in cui succede qualcosa che modifica radicalmente tutto quello che è esistito fino all’attimo che li ha preceduti.

      Succede tutto in fretta. Sguardi che si incrociano, mani che si sfiorano.

      Si può morire di timidezza?

      …Allungo una mano verso la sua.

      Mi porge una mano. Tendo la mia.

      Le nostre dita si sfiorano.

      ….

      Ci sono tante cose che vorrei dirle.

      Ci sono tante cose che potrei dirgli.

      “Auguri”.

      …..

      Ed è come stringersi la mano di nuovo.

      Attimi di pura poesia. Suggellati dalla poesia finale, Chiamerò, chiamerò il tuo nome, di Pablo Paolo Peretti:

      E ti penso
      e ti scrivo due righe
      perchè
      solo imparando a memoria
      il tuo amore
      ti potrai ricordare di me
      e amarmi per sempre.
      Ci meritiamo una nostra esistenza.
      Voglia di mani
      di mamma, di nonna, di sorella, di amica…
      Voglia di tenerezza.
      La felicità
      è precedere il dolore.
      E’ stato scritto su un muro
      “Siate felici con prudenza”
      e io voglio essere una falena
      noncurante del sole
      e vivere tra la luce
      voltando le spalle a notti troppo nere
      troppo notti!
      Amami e basta!
      Amami e basta!
      Incoraggiata
      da angeli confusi
      mi lascerò rapire dal sonno
      in questo cimitero di ricordi
      dove cipressi maestosi e sorpresi
      si nutriranno del mio pensarti
      lasciando libera
      la mia stanca ombra.
      E sarà primavera per sempre.

      Vi è piaciuta la storia di Olivia? A me si, tanto. E vorrei farne dono a uno di voi.
      Poche, semplici regole per ricevere sotto l’albero una copia di Olivia ovvero la lista dei sogni possibili:

      – raccontatemi un vostro sogno possibile. Piccolo, grande, sul breve o lunghissimo periodo, non importa. Questo Natale raccolgo sogni;
      – se vi fa piacere, diventate follower di Impressions chosen from another time su Blogger, Facebook e Twitter;
      – condividete il giveaway sui vostri blog, pagine Facebook. Twitter e quant’altro.

      Avete tempo fino alla fine dell’anno (mezzanotte del 31 dicembre) per raccontarmi i vostri sogni possibili.

      Colgo l’occasione per ringraziare la bravissima Paola Calvetti per questi perfetti istanti di serendipità.

      Posted in Uncategorized | 24 Comments | Tagged Giveaway, Literature and Beyond
    • Pablo e Matilde, premiazione giveaway Love Letters, Italy:Love It or Leave It

      Posted at 11:50 pm05 by ophelinhap, on May 21, 2012

      Dopo un weekend lungo e triste, un weekend in cui troppe sono state le parole e ancora più numerose le immagini, resto ancora barricata dietro il muro di chi le parole le ha perse, da tempo, e continua a perderle, mentre guardo dall’esterno il mio Paese, a cui continuo ad essere vincolata da una sorta di cordone ombelicale, da un’appartenenza che è anche esigenza di combattere quella non appartenenza, quel senso di sradicamento che aumenta di giorno in giorno e mi rende ancora più aliena a me stessa.
      Italy:Love It or Leave It, amala o lasciala, vattene: non potevano trovare titolo più appropriato gli autori del docu-trip, il viaggio-documentario che tanto ha fatto parlare di sè nelle ultime settimane (per ulteriori riferimenti vi rimando al sito ufficiale). Ma, cari Gustav e Luca, cosa succede quando la ami ma devi lasciarla, per questo, quello o quell’altro motivo? O meglio ancora: cosa succede quando nutri nei suoi riguardi ammirazione e rancore, nostalgia e rabbia, quel binomio tanto indissolubile quanto ossimorico di amore ed odio?

      Qui le notizie arrivano come attutite da tutto questo grigio, da questo cielo biancastro che crea una sorta di tempo fuori dal tempo, in questo Paese-altro-da-me che mi rimane sempre cosi estraneo, dove esistono solo due lunghissime stagioni, autunno ed inverno. E ti ritrovi a boccheggiare per un sorso di aria primaverile, per un sussulto di primavera, per un raggio di sole che dia un senso maggiore a quelle giornate che sembrano davvero upside down, in cui il mondo – sia quello interiore che quello esterno – sembra aver perso ogni senso ed ogni logica.

      Qualche weekend fa, in una giornata di fine aprile permeata di aria frizzante e novembrina, per risollevarmi il morale mi sono regalata Cien sonetos de amor di Pablo Neruda (Seix Barral, Biblioteca Breve).

      Questa è la bellissima dedica di Pablo alla sua Matilde:

      Señora mía muy amada, gran padecimiento tuve al escribirte estos mal llamados sonetos y harto me dolieron y costaron, pero la alegría de ofrecértelos es mayor que una pradera. Al proponérmelo bien sabía que al costado de cada uno, por afición electiva y elegancia, los poetas de todo tiempo dispusieron rimas que sonaron como platería, cristal o cañonazo. Yo, con mucha humildad hice estos sonetos de madera, les di el sonido de esta opaca y pura substancia y así deben llegar a tus oidos. Tu y yo caminando por bosques y arenales, por lagos perdidos, por cenicientas latitudes, recogimos fragmentos de palo puro, de maderos sometidos al vaivén del agua y la intemperie. De tales suavizadísimos vestigios construí con hacha, cuchillo, cortaplumas, estas madererías de amor y edifiqué pequeñas casas de catorce tablas para que en ellas vivan tus ojos que adoro y canto. Así establecidas mis razones de amor te entrego esta centuria: sonetos de madera que sólo se levantaron porque tú les diste la vida.
      Octubre de 1959

      “Mia amatissima signora,
      questi sonetti – erroneamente definiti tali – mi sono costati immensa fatica e sofferenza, ma la felicità che provo nell’offrirteli è più vasta di una prateria.
      Quando ho preso questa risoluzione, sapevo bene che al fianco di ognuno, per affinità elettiva ed eleganza, i poeti di ogni tempo hanno disposto rime che suonavano come argenteria, cristallo o cannonata. Io, molto umilmente, ho fatti questi sonetti di legno, ho dato loro il suono di questa sostanza opaca e pura e tali devono giungere alle tue orecchie. Io e te, camminando per boschi e spiagge, per laghi perduti, per latitudini di cenere, abbiamo raccolto frammenti di puro albero, pezzi di legno sottomessi all’andirivieni dell’acqua e delle intemperie.
      Di queste vestigia soavi ho costruito con accetta, coltello, temperino queste legnamerie d’amore e ho edificato piccole case di quattordici tavole perché in esse vivano i tuoi occhi, che adoro e che canto.
      Così, avendoti esposto le ragioni del mio cuore, ti affido questa centuria: sonetti di madera che presero il volo solo perché tu desti loro la vita.


      Ottobre 1959″
      (Traduzione a cura di OphelinhaPequena)



      Tornando a noi…a giudizio insindacabile della giuria 🙂 composta da me e da Nininho, che per una volta ha interrotto le sue peregrinazioni astrali per farmi visita (o forse è stato solo un sogno..come potrei dirlo?) si aggiudicano i due premi del giveaway letterario “Love letters”:

      – Donatella (che ha commentato la lettera tratta dal film “Mine Vaganti”) vince il libro “Ti amo come l’hanno detto gli uomini famosi” di Ursula Doyle;

      – Why  (che ha commentato l’ultima lettera di Aldo Moro a sua moglie Eleonora) vince i Valentine Lollypop Earrings.

      Vorrei ringraziare tutti per i commenti e la partecipazione e ricordare alle due vincitrici di inviarmi il loro indirizzo a ophelinha.pequena[at]gmail[.]com.

      Vi auguro un buon inizio di settimana, per quanto possibile, in qualunque parte del mondo vi troviate. Sperando che dalle parti vostre ci sia almeno un raggio di sole. Perché, se è vero che i Guns’N’Roses cantavano nothing lasts forever, even cold November rain, ci sono altri tipi di pioggia che durano per sempre. O forse no.
      Io aspetto, ogni giorno un po’ meno fiduciosa.

      Posted in Uncategorized | 0 Comments | Tagged Confessions of a Dangerous Mind, Giveaway, Lettere d'amore, Literature and Beyond, Nininho, Poetry
    • Love letters +SECOND GIVEAWAY(s)

      Posted at 11:50 pm05 by ophelinhap, on May 2, 2012
      Fernando e Ophelinha, Casa Pessoa, Lisbona. Giugno 2011

      Ho evitato il mio piccolo spazio privato per un po’ di giorni, in parte di proposito, un po’ per mancanza di tempo, un po’ per non mettere nero su bianco pensieri che ultimamente frullano nella mia testolina bacata..perchè una volta che sono messi per iscritto esistono, e forse non voglio confrontarmi con loro, non adesso, non qui. Basti sapere che ho sbagliato strada ad un incrocio e ora non riesco a trovare il modo di fare inversione di marcia.

      Qui fuori è grigio e freddo, come quel pomeriggio di sette mesi fa in cui ho iniziato a depositare in questa finestrella pensieri, impressioni, versi, appunti di passaggio. Nemmeno maggio è stato in grado di donarci un po’ di primavera, ma solo pioggia e una nebbia sottile che confonde ancora di più idee ed emozioni, ragioni della testa e ragioni del cuore. In un pomeriggio di novembre simile a questo maggio autunnale che sembra quasi inverno, nell’archivio storico del Corriere della Sera ho trovato due bellissimi articoli, che vi raccomando caldamente: Pessoa in ginocchio da Ofelia e Amori veri e amori ridicoli, a firma del grande Tabucchi. E mi sono tornate in mente tanti piccoli particolari: la biblioteca dell’università, i pomeriggi bui e polverosi, l’edizione Adelphi di Lettere alla fidanzata. Tutte le volte in cui mi sono sentita ridicola, in cui mi sono immedesimata nell’eterea Ophelinha, che rifiuta ogni pretendente e inizia a scrivere all’incostante Fernando. Entrambi sono impiegati nello stesso ufficio, e un giorno l’imprevedibile Nininho, l’Ibis della sua anima, le si dichiara con gli stessi immortali versi che Amleto aveva usato nella tragedia shakesperiana per dichiararsi alla sua Ofelia:

      Oh! Cara Ofelia! Maneggio male i miei versi, ho poca arte per misurare i miei sospiri, ma ti amo all’estremo! Oh, fino all’ultimo estremo, credilo!

      E Fernando la bacia improvvisamente, appassionatamente. E Ophelinha inizia a scrivergli. Lettere quotidiane, lettere semplici. Lettere di fuoco, lettere appassionate.
      Oggi voglio regalarvi una lettera, la mia preferita. La lettera che Fernando scrive ad Ophelia e chiusura della prima fase del loro namoro (fidanzamento), il 29 novembre 1920.
      I due riprenderanno a scriversi anni dopo, nel 1929: ma Fernando è cambiato, è totalmente ossessionato all’opera poetica alla quale si è consacrato, le interferenze di Alvaro de Campos, uno degli eteronimi di Pessoa, sono sempre più ingerenti.
      Tornerò a parlare di Nininho e Ophelinha: per ora vorrei solo che ve li immaginaste così, uno scricciolo diciannovenne che insegue un amore impossibile a scapito di altri ben più reali e un ometto con cappello scuro e gli occhiali che ha paura di vivere, e si rifugia dietro altri io, dietro fogli, dietro parole di carta.

      La traduzione della lettera riportata di seguito è tratta da Lettere alla fidanzata di Antonio Tabucchi, fonte che ho usato per scrivere questo post insieme a Finzioni d’amore, a cura di Paolo Collo (Passigli Editore).

      Ophélia Queiroz all’epoca del namoro con Fernando Pessoa

      29 novembre 1920

      Ophelinha,

      la ringrazio per la sua lettera. Essa mi ha portato dolore e sollievo allo stesso tempo. Dolore, perchè queste cose addolorano sempre; sollievo perchè in verità l’unica soluzione è questa: non prolungare oltre una situazione che ormai non trova più giustificazione nell’amore, nè da una parte nè dall’altra. Da parte mia, almeno, resta una stima profonda, un’amicizia inalterabile.

      Lei non mi negherà altrettanto, vero?

      Nè lei, Ophelinha, nè io, abbiamo colpa di tutto questo. Solo il Destino ne avrebbe la colpa, se il Destino fosse una persona a cui potere attribuire delle colpe.

      Il Tempo, che invecchia i volti e i capelli, invecchia anche, ma ancora più rapidamente, gli affetti violenti. La maggior parte della gente, per la sua stupidità, riesce a non accorgersene, e crede di continuare ad amare perchè ha contratto abitudine a sentire se stessa che ama. Se non fosse così, non vi sarebbe al mondo gente felice. Le creature superiori, tuttavia, sono private della possibilità di codesta illusione, perchè non possono credere che l’amore sia duraturo, nè, quando sentono che esso è finito, si sbagliano interpretando come amore la stima, o la gratitudine, che esso ha lasciato.

      Queste cose fanno soffrire, ma poi il dolore passa. Se la stessa vita, che è tutto, passa, perchè non dovrebbero passare l’amore, il dolore e tutte le cose che sono solo parti della vita?

      Nella sua lettera (nella lettera del 27 novembre Ophelina chiude il namoro con Fernando, a causa delle lettere mai arrivate, della sua presunta o vera che fosse mancanza di interesse, terminando con le parole “E’ stata fatta la sua volontà. Le auguro di essere felice”, ndr) è ingiusta con me, ma la comprendo e la scuso. Certo l’ha scritta con irritazione, forse perfino con dolore: ma la maggior parte della gente – uomini e donne – avrebbe scritto, nel suo caso, in un tono ancora più acerbo e in termini ancora più ingiusti. Ma lei, Ophelinha, ha un meraviglioso carattere, e perfino la sua irritazione non riesce ad essere cattiva. Quando si sposerà, se non avrà la felicità che merita, certamente non sarà colpa sua.

      Quanto a me…

      L’amore è passato. Ma le mantengo un affetto inalterabile,e non la dimenticherò mai – mai, lo creda – nè la sua figurina graziosa e i suoi modi di ragazzina, nè la sua tenerezza, la sua dedizione, la sua adorabile indole, può essere che mi sbagli, e che queste qualità che le attribuisco fossero una mia illusione: ma non credo lo fossero nè, se lo sono state, sarei villano ad attribuirgliele.

      Non so cosa desidera che le restituisca: lettere o che altro ancora.

      Io preferirei non restituirle niente, conservare le sue lettere come il ricordo vivo di un passato morto come ogni passato: come un qualcosa di commovente in una vita quale la mia, in cui l’avanzare negli anni va di pari passo con l’avanzare nell’infelicità e nella delusione.

      Le chiedo di non fare come la gente comune, che è sempre grossolana: che non giri la testa quando ci incontreremo; nè abbia di me un ricordo in cui ci sia spazio per il rancore.

      La prego, siamo l’uno con l’altro come due persone che si conoscono dall’infanzia, che si amarono da bambini e, sebbene nella vita adulta seguano altre strade e altri affetti, conservano sempre, in una piega dell’animo, il ricordo profondo del loro amore antico e inutile.

      Per quanto forse “altri affetti” e “altre strade” possano concernere lei, Ophelinha, non cero me stesso. Il mio destino appartiene ad altra Legge (la Poesia, ndr), della cui esistenza lei è all’oscuro, ed è subordinato sempre di più all’obbedienza a Maestri (gli eteronimi? ndr) che non permettono e non perdonano.

      Ma non è necessario che capisca quanto dico. Basta che mi conservi affettuosamente nel suo ricordo come io, sempre, la conserverò nel mio.

      Fernando

      Come si sarà sentita dopo questa lettera, la nostra virgoletta graziosa che, il 23 marzo 1920, si firmava “molto tua Ofélia Pessoa (fosse vero)”?
      E come si sarà sentito lui, Fernando, che tirava Ophelia per il braccio per baciarla negli anditi e nei portoni, ma non è stato mai capace di uscire fuori da quelle pagine e di vivere una vita vera, con lei? Come avrebbe cantato Roberto Vecchioni in Le lettere d’amore

      …dimenticando Ophelia
      per cercare un senso che non c’è
      e alla fine chiederle “scusa
      se ho lasciato le tue mani,
      ma io dovevo solo scrivere, scrivere
      e scrivere di me”…

       E ora la parola a voi. Vi chiedo di scegliere una delle lettere d’amore presentate tra l’1 e il 14 febbraio (ad eccezione della giornata di silenzio per la scomparsa di Wislawa Szymborska) o la lettera di cui abbiamo appena parlato. Basta un commento, un’emozione, un’impressione.

      I giveaway(s) in palio sono due:

      – primo classificato: la raccolta di lettere d’amore “Ti amo come l’hanno detto gli uomini famosi” di Ursula Doyle ( di cui abbiamo già parlato qui)

      – secondo classificato: gli orecchini Valentine’s Lollipop Earrings gentilmente offerti dalla mia cara The Italian Girlfriend ( il cui shop su etsy è semplicemente delizioso)…

      Le regole, come al solito, sono poche e semplici:

      – essere follower di Impressions chosen from another time su Blogger, Facebook o Twitter;
      – come al solito, il punto summenzionato è opzionale…what really matters are your impressions. Quindi passate da qui e commentate, criticate, emozionatevi, lasciate le vostre impressioni.
      Avete tempo fino al 20 maggio!

      Boa noite,

      Ophelinha

      NB: ho deciso di prolungare il giveway di qualche altro giorno..aspetto i vostri commenti!!!Share some love, leave your impressions! 🙂

      Posted in Frammenti di un discorso amoroso | 29 Comments | Tagged Antonio Tabucchi, Confessions of a Dangerous Mind, Fernando Pessoa, Giveaway, In the mood for love, Lettere d'amore, Literature and Beyond, Me myself and I, Nininho, Ophelinha
    • From the desert, roses..and the winner is…..

      Posted at 11:50 pm03 by ophelinhap, on March 15, 2012

      Rosa del deserto Adenium obesum

      Dentro. Dal deserto. è la raccolta di poesie gentilmente messa “in palio” dal carissimo Alfonso Angrisani. Che da dento di sè, dal suo deserto personale, ci regala un mazzo di rose profumate. Una tazza di tè caldo e fragrante quando fuori fa freddo. Una brezza tiepida, primaverile, che sta giungendo perfino qui, nella lontana e dimenticata Greyville.
      La cosa bella è che queste rose sono per tutti voi, che siete passati da questa finestrella virtuale e avete lasciato le vostre impressioni. Perchè se è vero che solo uno di voi, Clara Brunschvicg, riceverà la raccolta di Alfonso…c’è in serbo una sorpresa destinata a tutti. Lascio la parola al nostro Alfonso 🙂

      Premetto che vorrei ringraziare tutti per i commenti espressi, perchè da tutti ho tratto spunti di riflessione. Scegliere è sempre difficile: se poi si tratta di scegliere in campo letterario a mio modesto avviso le cose si complicano ancora di più. Ma devo farlo, e allora tanto vale accettarlo, questo relativismo. E quindi eccomi qua, mi espongo, mi sbilancio, con sincerità e quindi anche con la consapevolezza che niente di quello che dirò ha un valore “oggettivo” (parola peraltro estremamente ambigua).

      Mi ha colpito, fra tutti, quel commento che si è diffuso non soltanto su tematiche da critica letteraria ma che ha saputo anche portare – a rischio di confusione – elementi di sincera emotività nell’analisi della mia composizione.

      Ricordare con Eliot che “la vera poesia può comunicare ancora prima di essere capita” è certamente argomento suggestivo, che abilita e apre a riflessioni forse senza fine sulla “valenza” di quella particolare forma di comunicazione che da sempre risponde al nome di poesia (e che io, come sapete dalla mia intervista, preferisco chiamare “composizione”).

      Molti di noi che “osano” tentare queste strade impervie sono colti proprio da questa aspirazione: riuscire a creare una frequenza d’onda che porti su dimensioni ignote, percebili anche prima ed al di là del linguaggio razionale (Wittgenstein, aiutami tu…). E’ possibile attingere a queste misteriose dimensioni, com-ponendo? Se leggo Borges o Neruda avverto, sento, so che lo è. Ma se non si è, come nel caso del sottoscritto, altrettanto dotati (tranquilli, non è falsa modestia, è semplicemente la verità) questa aspirazione ha un senso? Non lo so, so solo che è nella natura di chi ama la composizione artistica cercare questa terra dorata e al tempo stesso maledetta, al di là di ogni ragionevole speranza di arrivarvi. Ecco perchè il commento di Clara mi ha colpito.

      Così come mi ha colpito la storia del suo “scoprire” la poesia dal Brecht-poeta in poi: e dal lasciarsi “travolgere” da questa corrente, fino a collezionare “libroni” o “mini-raccolte in edizioni introvabili scovate principalmente per strada…”. Sinceramente trovo tutto questo emozionante, sa di scoperta dell’amore senza altri aggettivi.

      Chiudo qui, con una promessa che faccio a me stesso e che spero però possa incontrare il gradimento di tutti quelli che mi hanno dedicato anche solo un minuto del loro tempo: invierò ad ognuno di voi una copia della mia prossima raccolta di composizioni, sempre se lo vorrete (Ophelinha, please, puoi conservare i recapiti di coloro che hanno scritto?).

      Grazie ancora a tutti.

      Alfonso A.

      Non c’è un vincitore. Perchè la poesia è democratica. Perchè la poesia è di tutti. Perchè la poesia è ovunque.

      Prego quindi Clara di inviarmi i suoi recapiti all’indirizzo ophelinha.pequena(at)gmail.com…e allo stesso modo tutti coloro che vorranno ricevere una copia della prossima raccolta di poesie di Alfonso, in fase di pubblicazione.
      Ringrazio di cuore Alfonso per la sua generosità ed i suoi contributi..del resto sarà spesso ospite qui (vero Alfo?) e potrete continuare a seguirlo nel suo nuovo blog, ancora under construction.

      Grazie ancora a tutti voi per la partecipazione, di cuore.

      Vi salutiamo come sappiamo fare noi, a modo nostro: con due poesie.

      QUADRI DI EGON SCHIELE  (Alfonso Angrisani)

      Due tazze

      di caffelatte

      e poco prima

      appena svegli

      sul letto di un livido mattino

      allora

      io non volevo immaginarla su un foglio

      questa storia

      volevo che fosse per sempre

      ma poi siamo usciti

       

      per le strade

       

      e per le strade umide di pioggia

       
      una stampa di Egon Schiele

      di quanta tristezza può vivere

      l’ amore

      di quante parole attese gesti ricordi

      silenzi _

      Guadalquivir (OphelinhaPequena)

      Ti chiesi di portarmi al fiume

      (c’è sempre un fiume, o un mare).

      Ma non eri gitano,

      e non ero ragazza, né moglie.

      Il momento passò

      e non fummo cacciatori arditi.

      Le nostre frecce non lo raggiunsero

      e vuote le nostre faretre.

      Tutto quello che rimane tra noi,

      tra l’ordito della lontananza

      e gli scherzi del tempo,

      è una notte di fine estate,

      due stelle, erba umida

      e al canto dei grilli

      quell’angolo di fiume

      che attende chi non arrivò.

      Ophelinha  & Alfonso

      Posted in Frammenti di poesia | 6 Comments | Tagged Giveaway, Guestpost, Poetry
    • Intervista al poeta A. Angrisani + PRIMO GIVEAWAY!

      Posted at 11:50 am02 by ophelinhap, on February 23, 2012

      La vita è altrove è una celebre frase di Rimbaud. Andrè Breton la cita nella conclusione del suo manifesto del Surrealismo e nel maggio del 1968 gli studenti parigini l’adottarono come slogan e la scrissero sui muri della Sorbonne. Ma il titolo originale del mio romanzo era L’età lirica. Lo cambiai all’ultimo momento, di fronte all’espressione dubbiosa dei miei editori che temevano di non riuscire a vendere un libro con un titolo così astruso.
      L’età lirica è la giovinezza. Il mio romanzo è un’epica della giovinezza e un’analisi di ciò che io chiamo “atteggiamento lirico”. L’atteggiamento lirico è una potenzialità di ogni essere umano e una delle categorie fondamentali dell’esistenza umana. La poesia lirica come genere letterario è antica di secoli, perchè antica di secoli è nell’uomo la capacità di assumere l’atteggiamento litico. La sua personificazione è il poeta. A cominciare da Dante, il poeta è anche una grande figura che attraversa tutta la storia europea. E’ un simbolo di identità nazionale (Camoes, Goethe, Mieckiewicz, Puskin), è un portavoce delle rivoluzioni (Bèranger, Petofi, Majakovskij, Lorca), è la voce della storia (Hugo, Breton), è un essere mitologico cui si tributa un culto pressocchè religioso (Petrarca, Byron, Rimbaud, Rilke), me è soprattutto il rappresentante di un valore inviolabile che noi siamo pronti a scrivere con l’iniziale maiuscola: la Poesia.
      Ma che cosa è accaduto al poeta europeo nell’ultimo mezzo secolo? Oggi la sua voce stenta ad arrivare alle nostre orecchie. Quasi senza che ce ne accorgessimo, il poeta ha lasciato la vasta e rumorosa scena del mondo (la sua scomparsa parrebbe uno dei sintomi della pericolosa epoca di transizione in cui si trova l’Europa e alla quale non abbiamo ancora imparato a dare un nome).

       (Milan Kundera, La vita è altrove. Prefazione)

      Questa breve introduzione di Kundera, tratta da La vita è altrove, sul ruolo cruciale che la figura del poeta ha sempre giocato nella società e sulla crisi che da decenni questa figura stessa sta attraversando, mi è sembrato il modo migliore per presentarvi, attraverso le sue parole per giunta, uno dei miei “compositori” contemporanei preferiti, nonchè mio carissimo amico: Alfonso Angrisani.

      Alfonso Angrisani

      Ve lo presento brevemente..tanto per rompere il ghiaccio.

      Alfonso Angrisani nasce a Bari, anno 1962, e vive a Roma.

      Nel 1997 è premiato al Concorso Nazionale di Poesia indetto dal Comune di Castelnuovo di Farfa.

      E’ tra i poeti pubblicati nella raccolta Poesie d’amore, Moncalieri poetica, Edizioni Il Proclama Saturnio, anno 2000.

      Nel 2003 ottiene la “menzione di merito” in occasione della XVII edizione del Premio di Poesia “Lorenzo Montano”, indetto dalla Rivista Anterem, e la “menzione onorevole” nel “2° Premio di letteratura Eugenio Montale”, organizzato dalla Agenzia letteraria Campigli and partners.

      E’, inoltre, tra gli autori premiati nel Premio Nazionale di Poesia “Ugo Betti”: due sue composizioni sono pubblicate nell’Antologia curata dal Centro Internazionale Studi Ugo Betti.

      Sempre nel 2003 è risultato tra i vincitori del premio indetto dalla casa editrice “Edizioni il Filo” in collaborazione con la Rome University of Fine Arts (RUFA).

      Nel 2004 pubblica la raccolta Costellazione aperta, Edizioni Il Filo, che ottiene la menzione d’onore nel Premio nazionale di poesia Città di Legnano, edizione 2005, e la segnalazione di merito al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa “Firenze Capitale d’Europa”, VII edizione, 2004.

      Questa raccolta è stata, inoltre, inserita dal Dipartimento di italianistica dell’Università di Yale nella sezione della biblioteca dedicata agli autori contemporanei.

      La sua ultima opera Dentro. Dal deserto, è stata pubblicata dalle Edizioni Il Filo nel marzo del 2006, nella collana “Nuove voci – Le Cose”.

      Ha scritto le poesie recitate nell’ambito della serata “Control Arms” organizzata, insieme al Gruppo Pop “Camomilla Isterica”, presso la “Palma Jazz Club” di Roma il 2 aprile 2006, per la raccolta di fondi in favore di Amnesty International.

      Nel 2008 è tra i finalisti del Premio De Andrè, una sua composizione è pubblicata nella relativa Antologia curata dalla Casa Editrice Zona.

      Di recente i suoi due libri “Costellazione aperta” e “Dentro. Dal deserto” sono recensiti nel catalogo autori Feltrinelli: http://www.lafeltrinelli.it/catalogo/aut/944232.html.

      La sua ultima opera “Virus” (copyright SIAE 2010) è un romanzo in attesa di pubblicazione.

      Per il resto è un avvocato, non esercita la professione forense, lavora presso una società che si occupa di servizi telematici.

      Per ogni domanda, curiosità, informazione scrivetegli a: alfonsoangrisani@libero.it.

      E ora…la parola al poeta  🙂

      D: Alfonso, una tua definizione di poesia. Di getto, senza pensarci troppo.

      R: La poesia è un sostantivo presente sul vocabolario idoneo a definire, secondo me, la dimensione artistica della parola secondo parametri e contenuti ormai desueti. Poesia in senso etimologico è un fare, un fare per significare. Ma in queste ultime stagioni del mondo la poesia non può più essere un fare, in nessun senso, a meno di volerle attribuire una valenza puramente artificiosa. Per questo motivo io non parlerei più di poeti e di poesia, ma di compositori e composizioni. Per lo meno, così preferirei essere qualificato.

      D: Quando hai iniziato a scrivere? A quando risale la tua prima poesia?

      R: Ho iniziato a scrivere – lo ricordo benissimo ancora adesso – il primo giorno di scuola all’asilo, quando la maestra (che era una suora) ci consegnò delle penne Pelican. Non sapevo ancora scrivere una vocale od una consonante, ma feci dei segni sul foglio e mi misi a respirare l’odore che proveniva dall’inchiostro. Quell’odore mi piacque molto, subito, così come l’odore del foglio. La mia vocazione a scrivere è nata in quel momento. Avevo cinque anni.

      D: Quale poeta è stato in grado di donarti emozioni e di influenzare la tua produzione?

      R: Tra i poeti un riferimento sicuro è stato Prèvert. Ma non posso negare anche l’influenza esercitata si di me da Majakovskij e, se pur molto diverso da questi, di Hikmet. Tra i compositori, trovo attraenti alcune opere di Bukowski, che non a caso si definiva un non-poeta.

      D: Ancora una volta, senza pensarci…la poesia che hai amato di più. Che rileggi quando sei euforico o quando sei triste, con un bicchiere di vino bianco ghiacciato.

      R: Barbara, di Prèvert. Non so se pensandoci poi meglio la metterei al primo posto, ma ricordo ancora la mia giovinezza passata a sognare su poesie come questa, fino a vedere in ogni volto femminile quello di Barbara. Per lungo tempo ho coltivato e sofferto di questa allucinazione: mi sono rifiutato di guardare le persone per quello che sono, attribuendo così loro ali che in realtà non hanno, per quanto stupido questo possa sembrare. Ancora adesso tendo a questo, ma ora so evitarmi gli aspetti negativi di questa dimensione immaginaria.

      D: Ora una domanda un po’ più introspettiva..in quale delle tue poesie ti rispecchi di più? Quali dei tuoi versi ci rivelano il vero Alfonso?

      R: Forse la poesia intitolata Tetti, perché richiama un momento magico sospeso nel tempo e nella memoria.

      Tetti

      Era  bello

      rannicchiati  come  gatti

      guardare  dal  nostro  rifugio 

      arredato di  camini  e  antenne   televisive

      la  fuga  dei  tetti  delle case

      fino all’orizzonte

      sospendere  i  piedi  nel  vuoto

      come  se  si  potesse

      camminare  nell’aria

      sdraiarsi  e  fare  all’amore

      con  il  cemento sulla schiena

      e  il  cielo  negli  occhi

      aprire  le  braccia  nel  vento

      rubare  lenzuola 

      e  giocare  a  volare

      come  giovani  pazzi   vagabondi

      angeli  di  città _
      Alfonso Angrisani

      D: dulcis in fundo..caro dottor Angrisani :)…e qui le do del lei…abbiamo saputo che sta muovendo anche i suoi primi passi nel mondo della prosa…può darci qualche succulente dettaglio in anteprima assoluta? 🙂

      R: Chiamatemi semplicemente Alfonso, dottore o avvocato sono qualifiche che lascio ad altri ambiti della mia vita, magari altrettanto importanti, ma che non hanno relazioni dirette con la mia passione per la letteratura. Forse è bene non confondere troppo essere e dover essere, sbaglio? A parte questo, ecco, per la verità anche la narrativa l’ho sempre praticata, anche se più a livello di racconti. Nel 2010 ho però finito di scrivere un romanzo che ho depositato presso la SIAE e che è in attesa di pubblicazione. Le grandi case editrici cui mi sono direttamente rivolto l’hanno bocciato, nel migliore dei casi: altre non hanno nemmeno risposto. Forse non vale un granché dal punto di vista letterario, comunque scriverlo è stato per me molto motivante. Per quel che riguarda la trama, si tratta delle vicende di un gruppo di hacker e soprattutto del loro capo, che risponde al nome di Marco. Adesso ne sto scrivendo un secondo, ma non vorrei fare anticipazioni, anche perché il materiale su cui sto lavorando non è ancora definitivo.

      Dentro. Dal deserto, Alfonso Angrisani, Edizioni Il Filo, 2006

      Grazie ad Alfonso per la piacevole chiacchierata e per la panoramica che ci ha offerto del suo universo poetico…e le sorprese non finiscono qui! Alfonso ha infatti deciso di regalare una copia di Dentro. Dal deserto a uno di voi lettori.
      Come fare per partecipare al primo giveaway di Impressions chosen from another time? Poche semplici regole:

      – essere follower del blog su Blogger;
      – essere follower della pagina Facebook o Twitter di Impressions chosen from another time;
      – i punti 1 e 2 sono del tutto volontari, nel senso che, se vi va di farlo, mi fa piacere..la cosa davvero davvero importante è che invece passiate da questa pagina a lasciare un commento sulla poesia che Alfonso ha proposto, Tetti. I commenti verranno valutati dalla giuria insindacabile di Alfonso 🙂 …e il fortunato vincitore si porterà a casa una copia di Dentro. Dal deserto (che in ogni caso vi consiglio di leggere e di tenere sul comodino: le sue poesie vi faranno commuovere, emozionare, sognare).
      Se commentate come anonimi e non vi va di lasciare un vostro recapito, scrivetemi ad ophelinha.pequena@gmail.com in modo che io ed Alfonso possiamo inviare il libro al vincitore.

      Avete tempo fino al 15 Marzo….mi auguro davvero partecipiate numerosi e passiate a lasciare, ancora una volta, le vostre personalissime impressions chosen from another time.

      Ophelinha & Alfonso

      Posted in Frammenti di poesia, Guestpost e interviste | 28 Comments | Tagged Giveaway, Guestpost, Literature and Beyond, Poetry
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