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  • Tag: Gianni Rodari

    • Il Calendario dell’Avvento letterario #12: il pianeta degli alberi di Natale

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 12, 2018

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      Questa casella è scritta e aperta da Irene di Librangolo acuto

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      Anche quest’anno, come tutti gli anni, non poteva mancare il mio post “natalizio ma non troppo” su questo blog.

      Giuro, quest’anno ci ho provato – e lo dico veramente – a farmi pervadere dalla gioia del Natale, dalle luci dei mercatini e dal profumo di cannella.

      Proprio ieri sono uscita a farmi un giro per negozi, per scegliere qualche regalo da acquistare e farmi, appunto, pervadere dalla gioia.

      Ho passeggiato per le strade del centro di Barcellona, ho comprato una sciarpa in puro acrilico della quale non avevo bisogno, ho bevuto un caffè bollente accompagnato da una treccina di pasta sfoglia, ho guardato le vetrine e valutato l’ipotesi di acquistare una barretta di cioccolato avvolta in una carta colorata e piena di simpatici pupazzi di neve.

      Ho fatto tutto secondo i piani, ho seguito le azioni e le regole di chi, appunto, gioisce del Natale.

      E quindi, mi chiederete, come è andata? Eh. È andata che non vedevo l’ora di tornare a casa, che ho dribblato la gente per le strade, ho ingurgitato la treccia al cioccolato senza neanche masticarla, ho bevuto il caffè rischiando un’ustione di terzo grado alla lingua, ho scelto la sciarpa meno natalizia all’interno di tutto il negozio e poi, per tornare alla normalità, sono andata al Lidl a comprare la carta igienica, preferendola alla barretta di cioccolato con pupazzetti e fiocchi di neve.

      Dove ho sbagliato? Non lo so dove ho sbagliato, forse, in verità, semplicemente non sono ancora pronta.

      Una cosa, però, rispetto agli anni scorsi è sicuramente cambiata: ho iniziato a considerare di leggere anche romanzi normali in questo periodo dell’anno.

      Ebbene sì, gente, forse la vecchiaia mi fa essere meno scontroso Grinch e più nostalgica Piccola fiammiferaia. Certo, pur sempre in quantità molto limitate, per non dire quasi completamente nulle, ma meglio di niente. Sono cosciente, diciamo, di avere margini di miglioramento ma che non tutto è perduto: la mia umanità è salva!

      Per questa casella, infatti, non ho scelto libri che parlano di morti sanguinolente, parchi natalizi dell’orrore ed efferati omicidi, nossignori. Per questa casella ho scelto di parlarvi di Gianni Rodari e del suo Il pianeta degli alberi di Natale.

       

      Ho conosciuto Rodari ad appena 6 anni, credo, grazie al suo romanzo C’era due volte il Barone Lamberto ovvero i misteri dell’isola di San Giulio. Lo leggevo a ripetizione, giuro, forse una volta ogni tre-quattro mesi, perché mi divertiva moltissimo, lo trovavo geniale e piacevole (la dolcissima signorina Delfina occuperà per sempre un posticino nel mio cuore).

      Per anni – e vi assicuro che non ero più una bambina ma una grande, grossa adolescente con svariati problemi ormonali e di seboregolazione –, ho cercato di diffonderne il verbo, regalandone copie a destra e a manca e costringendo mia cugina ad ascoltarmi mentre lo leggevo ad alta voce, sputacchiando parole a caso a causa dell’evidente difetto di pronuncia dovuto all’apparecchio per i denti.

      Purtroppo la mia passione è rimasta solo mia: il Barone Lamberto nessuno delle mie conoscenze se lo è cagato di striscio e io ho imparato a capire quando è bene lottare per qualcosa e quando, invece, il rischio concreto di identificarsi con il Don Quijote è dietro l’angolo.

      Così, visto che con lo sfigato Lamberto non ho ottenuto nulla di buono e visto soprattutto che un po’ di quell’animo giovane e combattivo mi è rimasto, quest’anno ho deciso di riprovare a diffondere il verbo di Rodari e ho scelto Marco invece che il Barone, sperando di trovare qualcuno, questa volta, che mi stia a sentire.

      Vi risparmierò la lettura ad alta voce, soprattutto perché negli anni ho appreso che sono brava solo a leggere gli oroscopi con lo stesso tono di voce e lo stesso irrefrenabile entusiasmo dell’ora esatta e vi risparmierò anche il regalo di una copia sgualcita trovata al mercatino dell’usato (cosa che ho fatto, credetemi, per diversi anni con il povero Lamberto).

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      Marco è un bambino romano – di Testaccio, per essere precisi – che per il giorno del suo compleanno riceve in regalo dal nonno un cavallo a dondolo, di quelli di legno, un po’ vintage, che nessuno, ormai, regala più. Triste e un po’ deluso da questo regalo insolito e anche un po’ sgradito, poco prima di mettersi a letto, decide di maledirlo un po’ e poi di montarci su.

      D’un tratto, senza che se ne renda neanche conto, Marco viene catapultato nello spazio e poi su una navicella spaziale e si trova così lontano, ma così lontano, che la Terra non è che un anonimo puntino.

      Senza che vi sveli troppo i dettagli del perché e del per come – che sì che tanto siamo tra amici e ce piace cazzarà, ma lo spoiler va accuratamente negato –, Marco raggiunge il pianeta degli alberi di Natale, dove l’aria è sempre dolce, non piove mai e se piove piovono coriandoli, le vetrine non hanno i vetri, esistono i marciapiedi mobili e, cosa più importante, ogni giorno è giorno di Natale.  Le strade sono sempre addobbate e sui davanzali delle finestre, in piccoli vasi colorati, si trovano degli alberi di Natale che nascono già decorati, con palline, nastrini, stelle comete e tutto l’armamentario.

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      Su questo pianeta, più piccolo della Terra, l’anno solare dura solo 6 mesi, ogni mese dura 15 giorni e ogni settimana dura solamente 3 giorni: un sabato e due domeniche.

      Il clima non è mai troppo caldo o troppo freddo, non esistono i soldi o le monete e gli abitanti del posto, oltre ad andare in giro sempre in pigiama – che è e rimarrà per sempre un mio sogno nel cassetto – si cibano di tristecche e zuppe di mattoni traforati ripieni.

      In un posto così, nonostante la mia avversione per il clima natalizio, ci vivrei persino io, per poter chiamare il 17 e farmi raccontare delle fiabe al telefono, quando non riesco a dormire.

      Certo, l’alimentazione a base di mattoni non è esattamente invidiabile, ma è un compromesso al quale posso scendere. Nel Pianeta degli alberi di Natale non manca nulla, sono tutti felici, l’aria profuma di mughetto, è possibile farsi intestare le strade e basta semplicemente chiedere per avere qualcosa, senza che sia necessario acquistarla, dopo aver magari fatto un giro sul cavallo a dondolo mezzo pubblico della città.

      L’unica preoccupazione degli abitanti di questo pianeta è la Terra, da loro chiamata Serena, con i suoi abitanti. Quando i sereniani scopriranno l’esistenza di questo pianeta, come si comporteranno con i suoi abitanti? Saranno ostili e cercheranno di sopraffarli? Avranno paura del diverso oppure cercheranno una soluzione per coesistere e, perché no, coabitare garantendo la pace cosmica?

      Lo scopo della visita di Marco e di tantissimi bambini come lui è proprio quello di scongiurare un possibile atteggiamento di chiusura.

      Un libro, questo, dedicato “ai bambini di oggi, astronauti di domani”, portavoce del cambiamento e del progresso tecnologico.

      È questa, in fondo, la preoccupazione di Rodari e anche un po’ la mia: gli esseri umani smetteranno mai di avere paura del diverso? Forse sì, ma solo se si lavora su di loro prima che diventino astronauti del domani.

      Il Natale, con tutto il suo carico di buoni sentimenti e altruismo, mi sembra proprio un ottimo momento per riflettere e far riflettere su questo argomento. Magari i diversi di oggi non vivono la loro giornata in pigiama e non mangiano tristecche, non usano i trinocoli per guardare in mare e non si spostano con i cavalli a dondolo, ma forse importa?

      A me piacerebbe averceli amici gli abitanti di questo pianeta, sia mai che dovessero esportare il brevetto dei marciapiedi mobili, soprattutto nei tratti in salita!

      Posted in Il Calendario dell'Avvento Letterario | 3 Comments | Tagged #AvventoLetterario, Einaudi editore, Gianni Rodari, Il Calendario dell'Avvento Letterario, il pianeta degli alberi di Natale, Irene Daino, LibrAngoloAcuto
    • Il Calendario dell’Avvento Letterario#12: le notti bianche del Natale

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 12, 2015

      bannervale

      Questa casella è scritta e aperta da Nellie di Just Another Point.

      Vintage Russian winter card

      A me piace molto il fantastico mondo dei Se.

      Non ho ricordo o avvenimento realmente accaduto che la mia testa non abbia trasformato in un grande e immenso Se, in un’alternativa possibile (ma a volte nemmeno troppo), un mondo parallelo dove la mia storia avrebbe potuto avere un finale e/o un risultato diverso. È un vizio che mi porto sin da bambina, da quando dicevo a mia madre che la mia io, su un pianeta parallelo al nostro , in una galassia parallela alla nostra, poteva mangiare il cioccolatino che io volevo, ma che mia madre mi negava (spoiler: non funzionava mai).

      Ancora oggi, a distanza di anni, mi ritrovo a fare gli stessi ragionamenti assurdi, con la differenza, però, che mi ritrovo ad applicarli anche al mondo dei libri, dove la fantasia può trasformare e rivisitare storie infinite volte (e Gianni Rodari lo sapeva bene, tanto da scriverne la Grammatica della Fantasia). È proprio in occasione di questo avvento letterario, quindi, che ho pensato a un nuovo Se: cosa sarebbe accaduto se Le Notti Bianche di Fëdor Dostoevskij fossero state ambientate nei quattro giorni precedenti al Natale?
      Mi perdonino gli studiosi e gli accaniti appassionati dello scrittore russo che molto probabilmente stanno già inforcando le armi, ma la mia è solo una supposizione, che nasce in realtà da un piccolo ma enorme problema di memoria (anche questo ereditato dall’infanzia: mai saputo ripetere una poesia a memoria in vita mia). Proverò subito a spiegarvi meglio.

      Vintage Russian2
      Lessi Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij nel lontano 22 marzo 2013, dopo un’abbuffata in uno dei miei ex ristoranti giapponesi preferiti (tranquilli, ricordo tutto ciò semplicemente perché è scritto nella prima pagina della mia copia – il motivo per il quale il ristorante sia uno degli “ex” preferiti lo si può leggere fra le righe). Insomma, stavo facendo una passeggiata con la pancia piena di sushi e sashimi e riso saltato con la soia e altre leccornie simili, quando in una libreria dell’usato mi decisi ad acquistare una copia di uno dei classici più amati della letteratura russa (forse perché, pardon ancora una volta a tutti i russofili, il più breve?).

      Inutile dire che me ne innamorai dalla prima pagina, quasi quanto inutile aggiungere che a distanza di più di due anni mi son ritrovata a ricordarne solo lo schiaffo finale e la panchina lungo il fiume (quest’ultima reminiscenza, forse, perché pochi giorni dopo la lettura de Le notti bianche  vidi Manhattan di Woody Allen, ma questa è decisamente un’altra storia).
      Ma torniamo a Fëdor Dostoevskij: nel mio cassetto della memoria (decisamente troppo impolverato), il nostro solitario protagonista incontrava Nasten’ka sotto la neve. Ho ripreso in mano il libro a distanza di due anni e di questo fenomeno meteorologico nemmeno si parla; anzi, nelle prime righe del racconto ho ritrovato proprio tutt’altra descrizione.

      “Era una notte incantevole, una di quelle notti come ci possono forse capitare solo quando siamo giovani, caro lettore. Il cielo era un cielo così stellato, così luminoso che, guardandolo, non si poteva fare a meno di chiedersi: è mai possibile che esistano sotto un simile cielo persone irritate e capricciose?“

      Avevo forse scambiato tutta questa magia con quell’atmosfera felice e spensierata che si respira proprio nei giorni precedenti al Natale? Ho deciso, di conseguenza, di rileggere l’intero racconto e a lettura terminata mi è stato fin troppo chiaro che nella mia testa c’era proprio un errore stagionale.

      “C’è qualcosa di indicibilmente toccante nella nostra natura pietroburghese, quando d’improvviso, all’apparire della primavera mostra tutta la sua potenza, tutte le energie donatele dal cielo, si adorna, si agghinda, si colora di fiori..”

      Lo ammetto, non un errore stagionale ma un enorme e abominevole errore stagionale in cui in realtà mi sarebbe bastato sapere che “le notti bianche”, nella Russia del Nord, sono quel periodo dell’anno in cui il sole tramonta dopo le 22. Eppure tutte quelle stelle, tutto quell’agghindare la città non poteva essere scambiato per alberi e luci e preparativi alla festa più attesa di tutto l’anno?  Non poteva essere una notte fredda ma con un cielo limpido a cui mancava solo la stella cometa a fare da ciliegina sulla torta?

      “(..) e non faccio che sognare, ogni giorno, che alla fine, chissà quando, incontrerò qualcuno. Ah, se sapeste quante volte sono stato innamorato in questo modo!”
      “Ma come dunque, di chi?”
      “Ma di nessuno, di un ideale, di colei che mi appare in sogno. Io in ogni sogno creo interi romanzi. (..)”

      Madre lo dice sempre che sono un’incallita sognatrice: credo lo dica più per disperazione che per orgoglio, ma io lo prendo sempre come un complimento. Sta di fatto che rileggere Le notti bianche e scoprire che mancano la neve e gli alberi di Natale mi ha fatto proprio arrabbiare, tanto da decidere, perciò, di tenere il ricordo che avevo e raccontarmi questo classico come lo vorrei io, anzi, con una piccola aggiunta. Perché, nel mio finale, nel  mattino dopo la quarta notte il sognatore con il cuore spezzato trova una sorpresa.

      “Le mie notti finirono un mattino.”

      Torna a casa e la ragnatela sul soffitto della camera non c’è più semplicemente perché Matrëna sta addobbando l’albero, scusandosi per il ritardo ma facendo intendere che il profumino che sale dalle scale sarà il pranzo di Natale più inaspettato e goloso che il sognatore si sarebbe potuto aspettare.

      Albert Chevallier Tyler

      The Christmas Tree, Albert Chevallier Tyler, 1911

      Si spiegherebbero così molte cose, si spiegherebbe come, tornando a casa la sera prima (la Vigilia di Natale!), molte persone gli avessero sorriso nonostante il suo umore gelido e il cuore freddo, nonostante il suo aver detto addio a quel sogno che era stato così vicino a diventare reale. Quel mattino, il suo cuore si sarebbe scaldato, l’atmosfera natalizia l’avrebbe cullato e il pranzo in compagnia l’avrebbe fatto sentire meno solo, contento per Nasten’ka come in ogni caso sarebbe stato, ma contento anche per sé che solo, nella sua testa, avrebbe potuto continuare a sognare, ma aiutato da quell’atmosfera che scalda il cuore ogni anno.
      A Natale tutto è possibile, no?

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      Posted in Letteratura e dintorni | 8 Comments | Tagged #AvventoLetterario, Fëdor Dostoevskij, Gianni Rodari, Grammatica della Fantasia, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Just Another Point, Le notti bianche, Letteratura russa, Manhattan, Matrëna, Nasten'ka, Nellie Airoldi, Woody Allen, Xmas is all around
    • Un’ora con… Irene Daino di LibrAngolo Acuto

      Posted at 11:50 am10 by ophelinhap, on October 29, 2015

      Irene – che molti di voi conosceranno come Nereia, crudele e irresistibile stroncatrice di copertine brutte su LibrAngolo Acuto – ha risposto alle mie domande esordendo con “scusa se è tipo l’intervista più lunga che tu abbia mai fatto. My fault, sono logorroica seriamente”, cosa che me l’ha resa ancora più simpatica, perché le sue risposte sono tutto tranne che logorroiche: sono brillanti, sincere, spontanee. E questa è la cosa bella del conoscersi, no? Parlarsi senza troppi artifici, senza preoccuparsi di sembrare una cosa o quell’altra: essere se stessi, nella scrittura come nella vita di tutti i giorni. Da quello che leggo, mi sembra che Irene riesca a farlo egregiamente.

      Potete leggerla anche su Agenda Geek (www.agendageek.it), dove scrive sempre di libri ed editoria.

      Irene

       1) LibrAngolo Acuto: come e perché

      Una delle cose che mi dicono più spesso è che io sia brava a scrivere, anche se non ci ho mai creduto realmente. Non perché non mi fidi della gente, ma perché il concetto di “ben scritto” è variabile. Nel 2011, quando ho pensato di metter su un blog, ne seguivo già diversi, di belli e di brutti, sempre a tema letterario – passami il termine.

      Seguivo più intensamente quelli di blogger che recensiscono libri che io non apprezzo particolarmente. Il motivo era semplice: possibile che loro, che leggevano libri spesso oggettivamente brutti, potessero farlo e io no? Potessero parlarne tranquillamente con altre persone? In fondo anche io ero stata, seppur per poco tempo, una utente di My Space. In quello spazio scrivevo racconti, romanzando la mia vita privata. Non avevo mai scritto di libri, ma non poteva essere più difficile che rendere migliore la propria vita agli occhi miei – che la inventavo – e degli altri. E in fondo, a detta degli stessi altri, ero anche brava a scrivere. Così l’ho pensato e creato, senza renderlo pubblico. Non aveva niente, neanche un nome. Aveva la struttura e la pagina fissa che spiega chi sono. È stato un embrione per qualche mese, volevo che fosse fatto bene, che avesse un nome e una struttura sensati. E poi non lo so come mi è venuto in mente di chiamarlo LibrAngolo Acuto, non ricordo il frangente esatto. Ricordo solo che, dentro di me, questo nome aveva perfettamente senso. L’angolo dei libri, per cui LibrAngolo, ma anche Acuto. In fondo l’angolo può essere anche acuto, no? Ed essere acuti vuol dire essere perspicaci. L’angolo acuto dei libri. Mi sembrava – e mi sembra tutt’ora – completamente sensato. Qualcuno mi ha confessato che non è esattamente intuitivo ma che importa. In fondo ha senso per me.

      2) Chi c’è dietro LibrAngolo

      Oddio, ho il terrore delle presentazioni. Mi sento sempre a una roba che è un perfetto mix tra un focus group e Ok, il prezzo è giusto. E poi non so mai che dire, ti ritrovi a elencare delle cose di cui in effetti non frega niente a nessuno. Che gli frega, a quello che manda avanti il focus o, nella peggiore delle ipotesi, ai telespettatori di dove passi il tuo sabato sera e di come ti smangiucchi le pellicine quando sei nervosa? Ma supererò questo scoglio. Ho 30 anni, mi tingo i capelli perché il mio colore naturale mi mette tristezza, mi piace l’autunno, mi piace il mare d’inverno. Sto bene con gli altri, ma anche sola con me stessa, sto meglio in compagnia degli animali. Sono aracnofobica e mi innamoro sempre della persona sbagliata. Sono spesso quella che ama, molto meno spesso quella amata. Mi piacciono i film tristi, adoro i romanzi lunghi. Sono logorroica, soprattutto quando scrivo. Mi commuovo troppo spesso, adoro i ninnoli e i fiorellini e i vestitini con il pizzo. Mi piacciono i fiocchi, ho tre tatuaggi e prima di abbracciare il dolce far niente facevo la copywriter.

      3) Il tuo scaffale d’oro

      Che domandone. Difficile rispondere. Non dirò libri a caso, anche se spesso molti di quelli che inserisco tra gli “irrinunciabili” mi rendo conto, a posteriori, che erano irrinunciabili solo riferiti a quel preciso momento. Uno che non cambierà mai è C’era due volte il barone Lamberto ovvero I misteri dell’isola di San Giulio di Gianni Rodari. Non so elencare le volte che l’ho letto ma, credimi, sono davvero tantissime. Il secondo irrinunciabile è Jane Eyre, seguito da Cime tempestose. E poi Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, Lucky di Alice Sebold, Chiedi alla polvere di John Fante. E mi fermo qui perché altrimenti ne nomino a migliaia e non diventa più uno scaffale ma una cantina d’oro.

      4) Un personaggio in cui ti immedesimi particolarmente

      Amélie Poulain, un po’ disadattata nel suo essere così naïve e gentile in un mondo abitato da persone che, spesso, non meritano alcun atto di gentilezza. Mi piace Amélie perché ci crede ancora nel genere umano, perché si emoziona ancora per le piccole cose, perché è una pura di cuore.

      5) Se il tuo blog fosse una canzone…

      Sarebbe Occhi bassi dei Tre allegri ragazzi morti. Anche se, forse, è più la canzone di Nereia che quella del suo blog. Forse questa domanda è più difficile di quella sullo scaffale d’oro. Sì, perché sto cominciando a parlare di me e Nereia come fossimo due cose distinte e non è un buon segno. (Irene, lo faccio anch’io con Ophelinha, se ti consola)

      6) Il tuo rapporto con la scrittura/lettura

      Con la scrittura ho sempre avuto un rapporto difficile, fatto di alti e bassi. Fare la copywriter è stato più difficile di quanto immaginassi. Perché, per chi non scrive, non è possibile immaginare che cosa significhi scrivere quando non sei dell’umore adatto o, peggio, quando devi trattare un argomento che non ti piace. Mi occupavo di automobili – cosa di cui, non mi vergogno a dirlo, non me ne può fregare di meno – e quando dovevo star lì e cercare di rendere accattivante qualcosa che riguardava un veicolo commerciale – immagina l’entusiasmo – mi stressavo non poco. Avevo certi mal di testa a fine giornata che non hai idea. Per il blog funziona allo stesso modo che con le automobili, più o meno, con la differenza che l’argomento mi interessa. È l’umore che non è sempre dei migliori.

      Con la lettura, invece, va decisamente meglio. Perché cambio libro a seconda dell’umore. Ciofeca quando sto male, libro intenso quando sono triste, romanzo normale quando ho il mio umore di sempre. E quando la testa è annebbiata da troppi pensieri, spazio agli young adult che se sono ridicoli è anche meglio. E pensare che un tempo ero una persona seria, leggevo molta meno spazzatura.

      7) Progetti in cantiere

      Progetti tanti, tantissimi. Mi vengono sempre in mente delle cose che potrei fare, ma poi mi mancano i mezzi oppure, spesso, vince la pigrizia e la tendenza a fare le cose alla cazzo di cane. Posso dire cazzo, vero? (Si, Irene, puoi dire quello che vuoi).

      Tra tutti c’è quello di incrementare le rubriche sul blog, non solo dedicate ai libri brutti – anche se la tentazione di specializzarmi in quel settore è forte.

      Allo stesso tempo, però, mi piacerebbe che il blog fosse leggermente più professionale, senza che questo significhi annullare del tutto l’ironia con la quale affronto il brutto e la sciatteria editoriale. Però, ecco, vorrei migliorarlo anche nell’aspetto grafico per renderlo meno chiassoso. Per l’aspetto grafico, però, devo aspettare un po’: non sono ancora pronta ad abbandonare il mio adorato ET e forse non lo sarò mai.

      E adesso che si fa, normalmente ci si saluta? Ma sì, vieni qua ragazza, fatti abbracciare! È stato un piacere 🙂

      (Anche per me, darling)

      someecards

      Posted in Guestpost e interviste | 6 Comments | Tagged Alice Sebold, blogging, Cime tempestose, Gianni Rodari, interviste, Irene Daino, Jane Eyre, john fante, LibrAngoloAcuto, Margaret Atwood, Nereia, un'ora con, vita da blogger, young adult
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