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    • Il Calendario dell’Avvento Letterario #20: il Natale di Giacomo Leopardi

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 20, 2016

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      Questa casella è scritta e aperta da Francesca de Il Club dei Libri

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      Giacomo Leopardi è uno dei poeti italiani più conosciuti e più amati del suo tempo.

      Nacque a Recanati nel 1798 da una coppia di nobili cugini e, probabilmente per questo e per le infinite ore di immobilità dovute allo studio matto e disperatissimo, il poeta non godrà mai di buona salute. È questa sua condizione, che più volte gli fa credere di essere vicino alla morte, che scatena in lui il pessimismo cosmico per il quale è tanto conosciuto.

      È sempre la sua condizione fisica che lo porta ad allontanarsi da Recanati per climi più favorevoli, come scrive nelle lettere che invia al padre:

      Ma le confesso che con questa stagione il viaggiare mi è insopportabile, ed Ella sa bene come la mia complessione è sensibile e nemica del freddo.

      (Lettera a Monaldo Leopardi, 25 Dicembre 1825)

       

      Il primo Natale che il Leopardi passa fuori casa è quello del 1822: nel novembre di quell’anno, infatti, si reca, ospite di uno zio materno, a Roma e vi rimane fino all’aprile dell’anno successivo.

      Le feste per il nostro poeta sono ulteriore fonte di tristezza, passate così lontano dalla famiglia, ma egli si tiene costantemente in contatto epistolare con il padre, i fratelli e gli amici e questo gli procura un po’ di leggerezza in cuore.

      In una lettera al padre, discute del tipo di regalo adatto da fare ai suoi ospiti:

      […] io dubito assai che, valendo molto il quadro (come pare anche a me), il dono non sia gettato; […] credo anch’io che il dono d’un quadro sarebbe forse il più a proposito.

      (Lettera a Monaldo Leopardi, 20 Dicembre 1822)

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      Dopo aver fatto ritorno a casa nell’aprile del 1823, rimane in terra natia fino al 1825 anno in cui si reca a Milano, invitato dall’editore Stella. L’ambiente culturale però non gli è congeniale e anche il clima è dannoso alla sua salute e così, nel dicembre di quello stesso anno, lo ritroviamo a Bologna dove si mantiene dando lezioni private.

      Il Natale del 1825 porta tristi notizie in quel di Bologna:

      Carissimo Signor Padre.

      Ella può figurarsi con quanto dolore leggo la carissima sua dell’altro ieri che ricevo in questo momento. La bontà del povero Zio e l’amore che mi portava mi fanno dolore della sua perdita fino all’anima.

      (Lettera a Monaldo Leopardi, 25 dicembre 1825)

       

      Il Natale del 1827 il poeta lo passa a Pisa, dove il clima mite dell’inverno toscano è un toccasana per la sua salute:

      Qui non v’è mai vento, mai nebbia; v’è sempre ombra, come in tutte le città grandi. […] qui per tutto Dicembre abbiamo avuto ed abbiamo una temperatura tale, che io mi debbo difendere dal caldo più che dal freddo.

      (Lettera a Monaldo Leopardi, 24 Dicembre 1827)

       

      Se però Giacomo è felice per il clima di quel Natale, non lo è altrettanto per quello che la missiva di suo padre gli scrive: il conte, infatti, si aspettava che il figlio passasse a Recanati le festività natalizie e gli scrive una missiva piena di amorosi rimproveri:

      Ella mi riprende dell’aridità delle mie parole, la quale deriva da mancanza di materia, ed è comune a tutte le mie lettere, perché la mia vita e monotona e senza novità. Ella desidererebbe che io vedessi il suo cuore per un solo momento, e a questo proposito mi permetta che io le faccia una protesta e una dichiarazione, la quale da ora innanzi per sempre le possa servir di lume sul mio modo di sentire verso di Lei. Le dico dunque e lo protesto con tutta la possibile verità, innanzi a Dio, che io l’amo tanto teneramente quanto è o fu mai possibile a figlio alcuno amare il suo padre.

      (Lettera a Monaldo Leopardi, 25 dicembre 1825)

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      L’ultimo Natale della sua vita il nostro amato poeta lo passa in una Napoli colpita dal colera che, con la morte di tre impiegati alla posta, causa la mancata consegna delle amate lettere paterne.  Solo l’11 dicembre ne riceve sette, tutte arretrate, insieme a 41 colonnati. Leopardi non se la passa bene, sono sette anni ch’io ho passati fra i giunchi marini e non tra le rose come credono i genitori; vive alla giornata, spesso gli manca il pane e, altrettanto spesso, si è ritrovato in angustie della terribile natura. Inoltre pareva che il colera, a Napoli, fosse passato invece

       

      […] la mortalità è rialzata di nuovo. Io ho notabilmente sofferto nella salute dell’umidità di questo casino nella cattiva stagione.

      […] Mio caro Papà, Iddio mi conceda di rivederla, Ella e la Mamma e i fratelli conosceranno che in questi sette anni io non ho demeritata una menoma particella del bene che mi hanno voluto innanzi, salvo se le infelicità non iscemano l’amore nei genitori e nei fratelli, come l’estinguono in tutti gli uomini. Se morrò prima, la mia giustificazione sarà affidata alla Provvidenza.

      Iddio conceda a tutti loro nelle prossime feste quell’allegrezza che io difficilmente proverò. […]

      (Lettera a Monaldo Leopardi, 11 dicembre 1836)

       

      Al colera napoletano del 1836 Giacomo sopravvivrà, ma morirà nel giugno dell’anno dopo a causa dell’aggravarsi delle sue già precarie condizioni di salute.

      È stata una tragedia la sua morte, ma ci sono rimaste, oltre alla corrispondenza che intratteneva con i suoi cari e gli amici, anche le poesie, le Operette Morali e lo Zibaldone.

      E non mancò nemmeno di scrivere, in tenera età, un componimento sul Natale.

      Per il Santo Natale

       

      Tacciano i venti tutti,

      Del mar si arrestin l’acque,

      Gesù, Gesù già nacque,

      Già nacque il Redentor.

       

      Il Sommo Nume eterno

      Scese dall’alto cielo,

      Il misterioso velo

      Già ruppe il Salvator.

       

      Nascesti alfin nascesti,

      Pacifico Signore,

      Al mondo apportatore

      D’alma felicità.

       

      L’empia, funesta colpa

      Giacque da te fiaccata,

      Gioisci, o avventurata,

      Felice umanità.

       

      Sorgi, e solleva il capo

      Dal sonno tuo profondo;

      Il Redentor del mondo

      Omai ti liberò.

      No più non senti il giogo

      Di servitù pesante,

      Son le catene infrante

      Da lui che ti salvò.

       

      Gloria sia dunque al sommo

      Onnipossente Iddio,

      Guerra per sempre al rio

      D’Averno abitator.

       

      Dia lode e cielo, e terra, 

      Al Redentor Divino,

      Al sommo Re Bambino

      Di pace alto Signor. 

       

      Le lettere e la poesia finale sono tratte da Scrivimi se mi vuoi bene. Lettere e pagine fra Natale e anno nuovo, Interlinea edizioni.

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      Posted in Letteratura e dintorni | 0 Comments | Tagged Francesca Baro, Giacomo Leopardi, Il Club dei Libri, Interlinea edizioni, Lettere, Operette morali, Scrivimi se mi vuoi bene. Lettere e pagine fra Natale e anno nuovo, Zibaldone
    • Il Calendario dell’Avvento Letterario#22: un albero cresce a Brooklyn

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 22, 2015

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      Questa casella è scritta e aperta da Francesca de Il Club dei Libri

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      È il 1912 e siamo a New York, per la precisione a Brooklyn. È dicembre, il Natale è alle porte e sulle strade i venditori di abeti hanno allestito dei boschetti provvisori, attorno ai quali i newyorkesi si accalcano per scegliere l’albero che adornerà il loro salotto. Molte delle persone che sono su quel marciapiede, però, quell’albero possono solo sognarlo e tra loro ci sono anche i fratelli Nolan, Francie e Neeley, che individuano l’abete più grosso e più bello e sperano che rimanga invenduto fino alla sera della vigilia, perché, se così sarà, potranno provare a vincerlo partecipando al crudele lancio dell’abete.

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      È infatti usanza, sui marciapiedi di Brooklyn, che la sera della vigilia i venditori degli alberi di Natale li lancino addosso ai bambini: se questi non crollano sotto al peso dell’abete, allora lo possono avere gratis.

      Quello scelto dai fratelli Nolan è davvero enorme, alto, massiccio e pesante e, quando il venditore annuncia che sarà proprio quello il primo ad essere messo in palio, Francie non esita un secondo ad annunciare di volerci provare. Neeley è spaventato dall’impresa, ma non vuole contraddire la sorella e così si lascia piazzare davanti a lei nonostante i ragazzi più grandi li scherniscano e chiedano loro a gran voce di farsi da parte.

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      Quando l’uomo degli abeti assiste alla scena, il suo primo pensiero va al coraggio immenso di questi due minuscoli bambini; il secondo è un sentimento paterno: sicuramente si faranno male, soprattutto il maschio, così piccolo e minuto; il terzo è un sentimento di carità: perché non posso semplicemente regalar loro quest’albero e basta? Perché devo sottoporli per forza a questa usanza, meschina per certi aspetti?

      Alla fine, però, prevale il senso del commercio: se lo regalo a loro, anche tutti gli altri ragazzi pretenderanno di averlo in dono e io non potrò più venire a vendere i miei abeti il prossimo Natale. Quindi che tentino, che imparino presto che a questo mondo nessuno dà niente per niente, che devi lottare con le unghie e con i denti per ottenere quello che vuoi.

      Bene bambini, preparatevi.

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      Francie si posiziona il fratello davanti, così può sostenerlo nel caso il suo corpicino ceda sotto il peso dell’albero, poi tutto accade come in un sogno: non c’è niente sul quel marciapiede, è sparita New York, è sparito l’uomo degli abeti, è sparito Neeley e sono spariti i ragazzi più grandi. C’è solo lei con la sua determinazione e la sua forza.

      E, all’improvviso, l’albero di Natale dei suo sogni che le piomba addosso, graffiandole mani e viso e colpendole la testa.

      Ma ce l’hanno fatta. I fratelli Nolan non sono crollati sotto tutto quel peso e sono riusciti a ottenere l’albero di Natale più bello e più grosso di tutta la città.

      Ancora non ci credono, eppure è proprio così, lo stanno trascinando lungo la strada, lo stanno davvero portando a casa!

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      E chi se ne frega se c’è quel ragazzo che salta sui rami e si fa trascinare rendendo il trasporto più faticoso, chi se ne frega del dolore alla testa, dei graffi, del sangue che cola.

      L’unica cosa che conta è che i Nolan, questo Natale, avranno il loro albero grande, grosso, enorme, che spargerà i suoi aghi sul pavimento della piccola stanza e inonderà la mattina del 25 dicembre con il suo profumo di resina e di bosco.

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      Questa storia è solo un pezzo di quello che succede a Francie e Neeley il giorno di Natale, è la parte più dolce e più bella, perché i Nolan sono una famiglia povera e in questo giorno speciale, nonostante sia un giorno di festa, non si permettono di vivere spensierati e dimentichi delle loro sfortune.

      La famiglia Nolan è la protagonista di quel magnifico libro che è Un albero cresce a Brooklyn di Betty Smith che, se non conoscete, è il caso che vi procuriate il più presto possibile.

      Non è un libro facile e con il lieto fine, è un romanzo duro, come tutti quelli che parlano di miseria e povertà e di un riscatto sociale che tarda ad arrivare, ma è una storia bellissima proprio per questo e che riporta a galla quel sogno americano che, ahimè, gli americani stessi si sono dimenticati di sognare.

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      Buon Natale cari amici e che il 2016 sia magnifico e ricco di tutto ciò che più vorreste trovare sotto l’albero.

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      Posted in Letteratura e dintorni | 6 Comments | Tagged #AvventoLetterario, Betty Smith, Francesca Baro, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Il Club dei Libri, Letteratura americana, Natale a New York, Neri Pozza, NYC, Un albero cresce a Brooklyn, Xmas is all around
    • Un’ora con Francesca Baro de Il Club dei Libri

      Posted at 11:50 am11 by ophelinhap, on November 27, 2015

       

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      In mezzo al caos di questi giorni, ho passato una piacevolissima ora (virtuale) con Francesca de Il Club dei Libri, che ha condiviso con me un momento importante: la scoperta di un libro che, da lettrice scettica e recalcitrante, l’ha fatta diventare una lettrice avida e appassionata. Oggi Francesca, oltre a scrivere di libri sul blog, organizza anche un gruppo di lettura tridimensionale (ebbene sì, esistono ancora, e il suo si preannuncia ricco di sorprese e spunti interessanti, quindi se abitate dalle parti di Ivrea non fatevelo scappare! A proposito, Francesca, quand’è che inizi a pensare di predisporre un collegamento Skype, così partecipo anch’io?)

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      1) Il Club dei Libri: come e perché?
      Nel 2012, insieme ad altre due amiche, avevo aperto un blog letterario. Ero totalmente inesperta di blog, di atmosfera nel mondo di internet, di tutto insomma. Avevo deciso di partecipare all’avventura semplicemente perché mi piaceva leggere e mi piaceva confrontarmi con gli altri sulle cose che leggevo.
      Senza stare a dilungarmi più di tanto, ho scoperto presto che non era proprio tutte rose e fiori il mondo dei blog, anche se non c’è nulla da guadagnare, non ci sono posizioni da scalare e gente da impressionare per diventare capo di qualcosa. Se la nostra avventura era iniziata ad agosto, arrivati a Natale io ero già totalmente scoraggiata e demoralizzata, mi facevo un sacco di pensieri, leggevo “per aggiornare il blog” perdendo totalmente il piace della lettura perché prevaleva il senso del dovere per qualcosa che nemmeno mi piaceva più fare.
      Le cose si sono trascinate ancora per qualche mese, fino a che a giugno del 2013 abbiamo chiuso il blog e io ho chiuso ogni cosa social che potesse in qualche modo riguardare i libri.
      Poi, però, è passato il tempo e con esso il fastidio e la rabbia per le cose che erano successe e ho cominciato di nuovo a pensare di aprire un blog letterario senza avere veramente il coraggio di farlo. Così ho iniziato su Instagram a scrivere le recensioni dei libri che leggevo sotto le foto, in forma breve e concisa e ho inventato un hashtag, #ilclubdeilibri, appunto, per far sì che altre persone potessero scrivere questi brevi pensieri libreschi e condividerli con tutti e creare così un club vero e proprio di amici lettori.
      Da questa condivisione e dall’adesione entusiasta che l’hashtag ha ricevuto (e anche grazie all’incoraggiamento di qualche amica) a febbraio è (ri)nato Il Club Dei Libri, con molte meno paranoie, molti meno pensieri, zero seghe mentali e tanta voglia di scrivere.

      2) Chi c’è dietro Il Club dei Libri?
      Francesca, che non è affatto nata lettrice. Da piccola rifiutavo i libri e la lettura come i bambini rifiutano la verdura! Mia mamma era disperata, soprattutto quando le ho comunicato che avevo deciso di fare il liceo classico.
      Da quel momento, intorno all’inizio della terza media, la sua missione era diventata una sola: convertire la figlia alla lettura. Caso vuole che, proprio di fronte a casa nostra, abitasse una maestra che è anche amica di mia mamma. È stata lei a prestarmi il libro che mi ha cambiato la vita: La lunga vita di Marianna Ucria.
      Non so nemmeno io cosa di preciso mi ha spinto a superare la prima pagina, forse le minacce di mia mamma o forse direttamente la sua presenza fisica di fianco a me, pronta ad impedirmi di muovermi fino a che non avessi letto un tot di pagine, fatto sta che non solo ne ho lette venti pagine, ma anche quaranta, ottanta centoventi e via fino alla fine. E, una volta letta l’ultima pagina, mi sono sentita persa senza Marianna, senza la sua storia e senza tutte quelle parole scritte nero su bianco.
      Insomma, la Maraini aveva compiuto il tanto sperato miracolo.
      Mi è successo un po’ quello che dice l’Holden Caulfield di Salinger:

      “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”.

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      Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e mentre cresceva Francesca, è nata e cresciuta la Francesca Lettrice che la pensa esattamente come Rigoberto di È finito il nostro carnevale del grande Fabio Stassi:

      “I libri, per me, sono sempre stati come i numeri della roulette. Una questione d’istinto e di fortuna. Non avevo la minima idea di quale avrei scelto. Mi lasciavo attirare dalla copertina, dal nome dell’autore, da una frase; ne sfogliavo le pagine come un ladro, in piedi. Era il piacere dell’imprevedibilità, lo stesso che provavo quando conoscevo una donna. Quasi sempre valeva la pena. Ed erano scoperte, innamoramenti, smanie”.

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      È esattamente così che la maggior parte dei libri entrano nella mia libreria e, anche se ho preso qualche cantonata, lo ritengo un metodo parecchio infallibile perché mi ha permesso di scoprire vere e proprie meraviglie e mi ha fatto conoscere autori che, altrimenti, con forte probabilità, non credo avrei mai letto.
      È cosi che mi sono innamorata di Agatha Christie, che mi sono lasciata attirare dai best seller, che ho letto Dan Brown e Ken Follet, che ho conosciuto la letteratura inglese, un po’ quella francese, i classici russi, la letteratura israeliana che ho conosciuto con timore e mi ha catturata con passione.
      Ma quella che amo in assoluto più di tutte, che ha rubato il cuore e non me lo ha mai più restituito è la letteratura americana.
      Mi piace innanzitutto perché adoro fortemente quella terre, con le sue promesse di gloria e le sue contraddizioni profonde, mi piace il modo che gli americani hanno di guardare al loro paese e di guardare loro stessi senza farsi sconti; la crudezza del loro modo di scrivere che, accompagnata alla limpidezza del linguaggio, riesce a suscitare sentimenti ed emozioni travolgenti.
      Siccome sono anche una persona che si perde facilmente, ad aiutarmi c’è una mia carissima amica: Elisa. Ci siamo conosciute sei anni fa grazie ad uno scambio su aNobii e, da allora, siamo diventate amiche prima libresche e poi anche nella vita. E sono felice che sia al mio fianco in questa avventura.

      3) Il tuo scaffale d’oro
      Questa è sempre una domanda temuta da tutti i lettori. E io, sadica, l’ho riproposta anche ai librai che intervisto. Comunque, tornando seri e tornando a noi, il mio scaffale ideale è questo:

      J.D. Salinger, qualsiasi libro
      La peste, Albert Camus
      Io sono Charlotte Simmons, Tom Wolfe
      Le ore, Michael Cunningham
      Via col vento, Margaret Mitchell
      Espiazione, Ian McEwan
      La macchia umana, Philip Roth
      Revolutionary Road, Richard Yates
      Un albero cresce a Borooklyn, Betty Smith
      The Help, Kathryn Stockett
      Principianti, Raymond Carver
      Le regole della casa del sidro, John Irving
      Il meglio della vita, Rona Jaffe
      We are family, Fabio Bartolomei
      La commedia umana, William Saroyan
      Una banda di idioti, John Kennedy Toole
      Stoner, John Williams
      L’infinito nel palmo di una mano, Gioconda Belli
      Follie di Brooklyn, Paul Auster
      Questo bacio vada al mondo intero, Colum McCann
      Molto forte, incredibilmente vicino, Jonathan Safran Foer
      Ogni cosa è illuminata, Jonathan Safran Foer
      Luce d’estate ed è subito notte, Jòn Kalman Steffànson
      Pian della Tortilla, John Steinbeck
      L’opera struggente di un formidabile genio, Dave Eggers
      La scopa del sistema, David Foster Wallace

      4) Un personaggio in cui ti immedesimi particolarmente
      Eugenia Phelan, detta Skeeter, la rossa ragazza bianca che vive nella Jackson degli anni ’60 creata dalla penna di Kathryn Stockett e protagonista del suo The Help.
      La sua voglia di cambiare le cose, che si concretizza anche in fatti e non solo nelle parole e la conseguente trasformazione in pecora nera, è una cosa che ho vissuto sulla mia pelle in un periodo particolare della mia vita. Sembra una cosa brutta, ma in realtà è una situazione difficile che porta a qualcosa di bellissimo, sempre. Ha cambiato in meglio me e la mia vita e la stessa cosa è successa a Skeeter.
      (Anch’io adoro Skeeter, Francesca! Sarà che combatto con i ricci, come lei, e non sopporto il conformismo?)

      5) Se il tuo blog fosse una canzone
      People are strange dei The Doors perché il mio blog ed io siamo decisamente strange: Il Club dei Libri è nato per un puro piacere personale, per soddisfare me stessa e il mio bisogno di mettere per iscritto le sensazioni e i pensieri che i libri mi suscitano. Ovvio che, una volta creato, l’ho pubblicizzato e ho creato la pagina facebook e ogni volta che vedo il numerino salire sono contenta, però diciamo che non mi deprimo e non mi strappo i capelli se questo non succede.
      Quando ho deciso di aprire di nuovo un blog, ho deciso che il mio motto sarebbe stato “take it easy” perché per me quel mio spazio è l’isola che non c’è, il luogo dove so che posso rifugiarmi quando il mondo, qua fuori, mi sta stretto. Non c’è nessuna pretesa di ricercare la fama, di farmi notare per arrivare a qualcosa, nessuna speranza o sogno di trovare un lavoro.
      Capito perché People are strange? 😉

      6) Il tuo rapporto con la lettura
      Come tutte le relazioni che funzionano bene e funzionano per anni, il nostro rapporto non è costante ma cambia nel tempo e cresce mentre cresco io. In questo periodo, ad esempio, io e la lettura ci frequentiamo molto meno assiduamente rispetto a qualche mese fa.
      Altre volte, invece, siamo compagne inseparabili e non mi vedo mai senza un libro in mano.
      In generale, però, la lettura e i libri sono il posto in cui mi rifugio ogni volta che ho bisogno di scordare il resto del mondo.
      Dopo le braccia di Alberto, ovviamente ❤

      7) Progetti in cantiere
      Sicuramente riprendere La Libreria dell’Armadillo con le interviste ai librai indipendenti: è un progetto che mi piace molto, che mi ha dato tanto, però è faticoso perché questi librai bisogna un po’ rincorrerli. Ma le cose facili a noi mica piacciono, no?
      Altro progetto che sta decollando, alla grande contro ogni mia aspettativa, è il book club che ho deciso di organizzare qui ad Ivrea: si chiama Il Club Dei Libri (poteva essere diversamente?) e lo gestisco insieme ad un’amica. Ogni mese ci troviamo, di solito il terzo venerdì, e chiacchieriamo del libro che abbiamo letto o che avremmo dovuto leggere, la partecipazione agli incontri non è legata alla lettura del libro, ovvio che se lo si legge è più bello e divertente.
      Inoltre, da qualche giorno a questa parte mi frulla in testa qualcosa che ho pensato di chiamare “American Feelings”: l’intento sarebbe quello di raccontare e approfondire autori, stati, tradizioni, correnti letterari senza alcuna pretesa accademica (di McMusa ce n’è una sola ;P), semplicemente attraverso gli occhi di una lettrice che si è innamorata dell’America anche e, soprattutto, attraverso i libri.
      Ultimo, ma non ultimo, una nuova rubrica che in nuce esiste già da mesi, ma che tra una cosa e l’altra è sempre rimasta in bozza: Con un Libro in Valigia. Ogni volta che parto per un viaggio, che sia di settimane o di due giorni, mi porto sempre in valigia un numero proporzionato di libri che poi tengo sempre in borsa. L’intento di questa rubrica sarebbe quello di raccontare i miei viaggi attraverso i libri che mi hanno accompagnato nell’avventura.
      Insomma, di carne al fuoco ce n’è tanta e spero di non perdermi per la strada.
      (Te lo auguro, grazie della chiacchierata!)

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      Posted in Guestpost e interviste | 0 Comments | Tagged Agatha Christie, È finito il nostro carnevale, Dacia Maraini, Dan Brown, Dave Eggers, Espiazione, Ian McEwan, Eugenia Phelan, Fabio Stassi, Francesca Baro, Il Club dei Libri, Il giovane Holden, Io sono Charlotte Simmons, Tom Wolfe, JD Salinger, Jonathan Safran Foer, Kathryn Stockett, Ken Follett, La lunga vita di Marianna Ucria, La macchia umana, Philip Roth, La peste, Albert Camus, La scopa del sistema, David Foster Wallace, Le ore, Le regole della casa del sidro, John Irving, Michael Cunningham, Principianti, Raymond Carver, Revolutionary Road, Richard Yates, Skeeter, The help, Un albero cresce a Borooklyn, Betty Smith, Via col vento, Margaret Mitchell
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