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    • Un’ora con… Ilenia Zodiaco di Con amore e squallore

      Posted at 11:50 am01 by ophelinhap, on January 23, 2017

      La blogger che ospito oggi è sagace come una Serpeverde, determinata come una Grifondoro, obiettiva come una Tassorosso e amante del sapere come una Corvonero.

      Il cappello parlante di Hogwarts avrebbe insomma difficoltà ad assegnarla a una singola casa in maniera definitiva – vero, Ilenia?

      Potete trovare Ilenia sul suo blog e sul suo canale You Tube. Buona lettura!

      ilenia

      1) Con amore e squallore: come e perché?

      Mi rendo conto che “Con amore e squallore” è un nome che porta con sé delle aspettative, ma è semplicemente il titolo del mio racconto preferito di Salinger, contenuto nella raccolta Nove racconti. L’ho scelto perché la protagonista del racconto, Esmé, è una bambina atipica, dotata di una grande impertinenza ma anche di una grande sensibilità nell’intuire la sofferenza degli altri. Mi piace pensare che questo sia il mio approccio alle storie contenute nei libri e non solo. Almeno questa era l’idea nella mia testa, non so se sono riuscita a trasmetterla.

      2) Chi c’è dietro Con amore e squallore?

      Il mio volto e la mia identità non sono poi così misteriosi, avendo un canale YouTube in cui non solo imbastisco lunghi monologhi su tutto lo scibile umano, ma parlo spesso anche della mia vita da studentessa fuorisede. In poche parole: sono una siciliana trapiantata a Milano. Quante volte avete già sentito questa presentazione? Mi sono laureata prima in Lettere Moderne e poi in Comunicazione per le imprese e i media. Adesso mando curriculum e medito un Master in Editoria (che nel frattempo Ilenia ha iniziato, ndr), ovvero penso a fantasiosi modi per suicidare la mia carriera. Sono per natura curiosa e credo fermamente che i libri siano il mezzo migliore per imparare ciò che non conosci. Se non so fare qualcosa, di solito, è tra le pagine di un libro che cerco.

      Guardo troppe serie tv, amo molto camminare e nuoto come un pesce (ma senza il fisico della Pellegrini). Tutti rimangono stupiti dal fatto che ascolto il rap. Non è tutto qui ma l’essenziale c’è. Ah, dimenticavo. Io dico arancino, non arancina.

      3) Il tuo scaffale d’oro

      Il grande Gatsby su tutto e tutti. Ad finem fidelis. Cosmopolis di Don DeLillo. L’isola di Arturo di Elsa Morante. Middlemarch di George Eliot. Colazione da Tiffany di Truman Capote. La macchia umana di Philip Roth. La boutique del mistero di Buzzati. Il giovane Holden. Ehi, aspetta ma quanti libri ci stanno su uno scaffale? Meglio fermarsi qui.

      4) Un personaggio in cui ti immedesimi particolarmente

      Ahimè, Madame Bovary. Sempre ad aspettarsi che il meglio sia altrove. Il bovarismo credo sia inevitabile, anche in percentuali minime, per qualunque lettore.

      5) Se il tuo blog fosse una canzone..

      Like a rolling stone. Sempre irrequieta, senza una direzione precisa, un po’ persa ma almeno non ci si annoia, il viaggio è parecchio eccitante.

      6) Il tuo rapporto con la scrittura/con la lettura

      Mi piace scrivere ma la mia idea della scrittura è ormai troppo alta perché possa immaginare di avvicinarmici seriamente, visto che le mie doti sono mediocri. E poi sono molto pigra ed incostante con le parole. Le amo, le odio, ne cerco sempre di nuove e per questo preferisco affidarmi spesso al parlato che allo scritto. La conversazione e il dialogo, in questo momento, mi appartengono di più.

      So che può risultare confuso ciò che ho detto. Appunto. Per quanto riguarda la lettura, mi limito a dire che leggere ha cambiato la mia identità. Capisco che per molte persone non sia così ma lo è stato per me. Come penserei, cosa farei, chi sarei, se non avessi passato così tanto tempo dentro le menti di altri, è per me un’incognita.

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      Posted in Guestpost e interviste | 1 Comment | Tagged bovarismo, Colazione da Tiffany, con amore e squallore, cosmopolis, Dino Buzzati, Don DeLillo, Elsa Morante, emma bovary, Francis Scott Fitzgerald, george eliot, Il giovane Holden, Il grande Gatsby, Ilenia Zodiaco, J.D. Salinger, L'isola di Arturo, la boutique del mistero, La macchia umana, Philip Roth, Madame Bovary, middlemarch, Philip Roth, Truman Capote, un'ora con
    • Un’ora con…Norma Amitrano di Il soffitto si riempie di nuvole

      Posted at 11:50 am10 by ophelinhap, on October 25, 2016

      norma

       

      Quello di Norma è un bel mondo.

      È un mondo colorato, pieno di intraprendenza, di fantasia e di creatività.

      È un mondo delicato, intessuto di ricordi e memorie leggere come quelle nuvole che riempiono il soffitto del blog.

      È un mondo genuino, creato da una persona che non si sforza di adattarsi alle mode e non cerca di piacere a tutti i costi, ma rimane se stessa, sempre.

      È un mondo ironico, in cui spesso l’ansia fa capolino, ma viene decostruita e sdrammatizzata con leggerezza.

      Ora però ve lo faccio raccontare da Norma, il suo mondo, che è meglio.

       

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      Il soffitto si riempie di nuvole: come e perché?

      Quando ero adolescente scrivevo poesie. In ogni classe che si rispetti c’è sempre la ragazzetta pallida col trucco sbavato di nero che scrive poesie, nella mia classe si era deciso che dovessi essere io. Di solito si trattava di versucoli malinconici, pervasi da quello che mi pareva spleen ma in realtà erano i 17 anni. Ogni tanto, però, sbucavano dal nulla sprazzi di speranza, colori chiari, cieli azzurri, voli di rondini, soffitti pieni di nuvole.

      E infatti Il soffitto si riempie di nuvole è il verso iniziale di un componimento, per il resto dimenticabile, che dovrei aver scritto da qualche parte in un diario del 2005.

      Non mi è più tornato in mente fino al 2011, quando decisi di aprire un blog. Non sapevo cosa mai avrei potuto scriverci dentro, sapevo solo che doveva essere azzurro e leggero.

       

      Chi c’è dietro Il soffitto si riempie di nuvole?

      Norma, 30 anni, perenne indecisa e perfezionista, di fronte alla richiesta di una presentazione si blocca come un cerbiatto che ha appena udito un fruscio tra le foglie, certo della morte imminente.

      Questa presentazione in particolare l’ho cominciata, penso, 720 volte.

      Sono curiosa, cocciuta, idealista e suscettibile. Il mio ruolo nel mondo è dare risposta alla domanda “Insicurezza e narcisismo sono conciliabili?” 1

      Lavoro come copywriter e come barista, a volte nello stesso momento.

      Leggo appena posso, cammino sempre, potrei essere presa come testimonial delle linee di autobus della mia città.

      Sono afflitta da una lieve ossessione per i quaderni: ne ho uno per ogni occasione. Il mio primo diario risale al 1994. Rileggendoli a distanza di tempo, scopro che ci scrivo dentro quasi sempre le stesse cose: “Cambierò? Migliorerò? Supererò questo e quest’altro? Diventerò all’improvviso una persona meno ansiosa?” 2

      Amo i travestimenti, la recitazione e il teatro. Sì, amo anche il palcoscenico, camminare finalmente sulle assi di legno diseguali dopo mesi di prove in uno stanzone, sentire il calore delle luci sulla testa e l’odore polveroso del sipario nelle narici, mettermi nei panni del personaggio, guardarmi allo specchio e riconoscermi. Sì, sono reduce da uno spettacolo, non parlatemi della realtà, è troppo difficile.

       

      1 La risposta è naturalmente sì

      2 La risposta è naturalmente no

      teatrobis

       

      Il tuo scaffale d’oro

      Lo prendo e lo spargo sul tavolo, mescolando le età, facendo incontrare i personaggi tra di loro.

      Ci sono Le correzioni di Franzen, Revolutionary Road di Yates, Olive Kitteridge di Elizabeth Strout. Ci sono Anna Karenina ed Emma Bovary. Oh, e c’è Lolita. E Julien Sorel, mio adorato stronzetto, dove ti eri nascosto?

      C’è Neil Gaiman che sa sempre in quale mondo portarmi a spasso.

      C’è Harry Potter: ho iniziato a leggerlo solo un anno fa, mi chiedo perché non l’abbia fatto prima. C’è Sylvia Plath, sempre e da sempre. C’è Rimbaud, che, anche se non lo leggo da anni, è ancora lì che passeggia mani in tasca, Petit-Poucet rêveur. Ci sono i Wu Ming. C’è Calvino con le sue città invisibili, c’è L’isola di Arturo col suo incanto senza fine.

      Ci sono i libri di quando ero bambina, come Piccole donne o qualsiasi romanzo di Bianca Pitzorno, Le streghe di Roahl Dahl, Il Mistero di Agnes Cecilia di Maria Gripe (che ha decisamente vinto il premio di Libro più letto dalla sottoscritta).

       

      Un personaggio in cui ti immedesimi particolarmente

      Per motivi che prima o poi mi diventeranno lampanti, tendo a immedesimarmi quasi sempre nei personaggi antipatici e insopportabili. Inizia subito un rapporto d’odio che si trasforma piano piano in comprensione e infine in riconoscimento.

      Mi è successo soprattutto con Emma Woodhouse, la protagonista del romanzo di Jane Austen, che mi ha messo di fronte a uno specchio con questa frase:

      “Che cosa meritate?”
      “Oh, merito sempre il trattamento migliore, perché non ne accetto altri.”

      Mi sono sentita e mi sento tuttora Emma Bovary, Julien Sorel, Cathy Earnshaw – irrequietezza allo stato puro.

      Alle elementari, invece, mi immedesimavo decisamente in Harriet la spia, la protagonista di Professione? Spia! di Louise Fitzhugh, tant’è che per un periodo me ne sono andata in giro scrivendo sul taccuino ogni cosa o movimento che vedessi, alla ricerca di chissà quali scoop di paese.

      Se invece dovessi scegliere il personaggio di una serie, la parte di me più altera e snob sta già trasformandosi in Lady Mary mentre scende la scalinata di Downton Abbey. E lì siamo ben oltre l’antipatia e l’insopportabilità, ma sarei abbigliata benissimo e andrei a cavallo e potrei finalmente alzare il sopracciglio con aria di superiorità di fronte alla maggior parte delle cose della vita – sarebbe bellissimo.

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      Termino col personaggio di un film che amo molto: Ofelia de Il labirinto del fauno. Le lacrime che piango quando lo guardo sono per lei e per me.

      (Perdonami Manuela, tu mi hai chiesto un personaggio, io te ne ho scritti 79. E pensare che all’inizio non me ne veniva in mente neanche uno!) Ma figurati! Anzi, come sempre, mi stupisco della quantità di cose che abbiamo in comune…)

       

      Se il tuo blog fosse una canzone…

      Nothing brings me down di Emiliana Torrini. Mi piacerebbe riuscire a trasmettere la stessa dolcezza e purezza, lo stesso incanto.

      Invece, se il mio blog fosse il pezzo che ascolto quasi sempre quando scrivo, sarebbe Friends of the night dei Mogwai (messo su in loop fino a che non ho finito, se no l’atmosfera cambia e la qui presente autrice della domenica perde l’ispirazione).

       

      Il tuo rapporto con la scrittura/con la lettura

      Ho sempre amato scrivere, ma ammetto con candore che da bambina era più facile. Se la mia testolina pensava a una storia, dopo cinque minuti la mia mano la stava scrivendo. Ho avuto la fase “Storie a tema miominipony” e la fase “Storie del mistero”, in cui impavidi gruppi di dodicenni risolvevano questo o l’altro caso, di solito dopo essere scappati di casa.

      Questo rapporto ideale si è incrinato crescendo, quando sono sopraggiunte domande esistenziali come “Ma perché mai dovrei fare lo sforzo di scrivere questa scemenza?”.

      L’abitudine di scrivere per me stessa però non l’ho mai persa: non viaggio mai senza il mio diario, bisognerebbe avere sempre qualcosa di sensazionale da leggere in treno, direbbe la mia cara Gwendoline Fairfax.

      Per lavoro, mi è capitato di scrivere di qualsiasi argomento, pure di biomagneti e urne funerarie (non necessariamente nello stesso testo).

      Sul blog, scrivo soprattutto per desiderio di leggerezza. La domanda di cui sopra continuo comunque sempre a farmela.

      La lettura ha seguito all’incirca le stesse fasi: esplosione da bambina, timore misto a senso di colpa crescendo. Ho ricominciato a leggere con tranquillità e gusto solo da alcuni anni. Forse non leggo tanto quanto vorrei, ma non me ne faccio un cruccio. Mi distraggo facilmente e se in testa ho altri pensieri, altre storie o qualcuna delle mie fantamirabolanti idee geniali, non riesco a mettermi col naso su un libro.

      Detto ciò, sono una lettrice viziata: a casa ho una sessantina di libri ancora da leggere e sono capace di non trovare nulla che possa concorrere al titolo di Prossima Lettura.

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      Progetti in cantiere

      Il mio blog è un cantiere perenne, anche se non si vede. Da mesi mi ripeto che devo dargli una sistemata, ma rimando e rimando e rimando. A giugno mi ero promessa che entro settembre l’avrei fatto. No, non fatemi notare che ormai è ottobre.

      Ho delle rubriche in mente e vorrei portarle avanti con costanza, che non è di certo una delle mie virtù principali. Ad esempio, ci sono Le guide definitiveLe guide definitive, ovvero: come affrontare cose più o meno pratiche della vita di tutti i giorni se sei una persona poco pratica come la sottoscritta. Però non posso programmarle, perché mi vengono in mente sempre e solo quando è troppo tardi e sto già sclerando e l’unico modo per superare la frustrazione è riderci su scrivendo.

      Una rubrica iniziata e subito abbandonata (forse perché nata nel momento sbagliato) è Interviste tra le nuvole. L’idea era quella di andare a trovare persone che mi piacciono che fanno cose che mi piacciono nei luoghi dove le fanno e raccontarle attraverso un’intervista libera e non programmata (quelle che di solito si chiamano chiacchiere). La vorrei riprendere, ma qualcosa mi blocca. Che dici Manuela, riparto? Sì J

      Di certo so che continuerò a invitare ospiti per la rubrica I libri dei ricordi, perché frugare tra gli scatoloni dei libri e dei momenti dell’infanzia mi fa sempre sorridere gli occhi.

      Posted in Guestpost e interviste | 9 Comments | Tagged Anna Karenina, Elizabeth Strout, Elsa Morante, emma bovary, Harry Potter, Il soffitto si riempie di nuvole, Jonathan Franzen, Julien Sorel, L'isola di Arturo, Le correzioni, Lolita, Neil Gaiman, Norma Amitrano, Olive Kitteridge, Revolutionary Road, Richard Yates, Rimbaud, Sylvia Plath
    • Gli svantaggi di un’educazione (molto) bovaristica

      Posted at 11:50 am10 by ophelinhap, on October 20, 2016

      La colpa è tutta di mia madre.

      Mi ha iniziato alla lettura di Prévert, Jimenez, Pablo Neruda quando ero ancora all’asilo e avrebbe dovuto nutrirmi di Fiabe sonore (ve le ricordate?)

      Mi ha regalato la sua vecchia copia di Love Story, ingiallita, consumata dall’uso (e dalle lacrime).

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      Ero giovane e naïve. Avrei dovuto rendermi conto di quello che stava succedendo e fermarmi in tempo, ma non sono stata in grado di farlo.

      Non c’è dunque da sorprendersi se ho sviluppato un’irrefrenabile dipendenza dalle eroine letterarie, sintomo di quella pericolosa infermità letteraria meglio nota col nome di bovarismo (grazie, Flaubert), trasmissibile per via testuale, praticamente impossibile da curare.

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      Questa pericolosa malattia, che ha continuato a mietere vittime a partire dall’incostante, capricciosa Emma Bovary, può essere descritta come una sorta di insopportabile irrequietezza causata dal divario (enorme) tra aspirazioni eroiche e monotono tran-tran della vita quotidiana. I soggetti più a rischio sono le aspiranti eroine con un debole per le complicazioni amorose, le situazioni difficili, quegli intrichi sentimentali pari solo a puzzle monocromi da 15000 pezzi.

      Questo post vuole essere una riflessione sulle tappe letterarie che mi hanno portato a soffrire cronicamente di quest’incurabile condizione, nella speranza che incaute lettrici possano identificarne i sintomi e curarsi per tempo. A buon intenditor, eccetera, insomma.

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      Cime Tempestose, Emily Brontë

      Grazie a Emily Brontë, ho passeggiato per le desolate brughiere dello Yorkshire con Cathy e Heathcliff, rifugiandomi in cucina nelle chiacchiere rassicuranti di Nellie e convincendomi del fatto che sì, volevo quello che aveva Cathy: volevo innamorarmi di qualcuno che fosse me più di me stessa, la cui anima fosse fatta delle stessa sostanza della mia. Ho odiato Cathy per aver sposato Linton; ho pianto fino al mal di testa, trovando consolazione solo nella Nutella, quando Cathy è morta e Heathcliff ha iniziato a sbattere la testa contro un albero, urlando al vento di non poter vivere né morire senza la sua anima.

      Per il mio inesperto cuoricino, Cime Tempestose era l’apoteosi del romanticismo, unendo in sé fuoco, passione, amori impossibili, dannazione. Da Cime tempestose in poi, la tragedia è diventata per me l’unità di misura del romanticismo, mentre mi convincevo del fatto che un amore dovesse essere ostacolato o addirittura impossibile per essere degno di essere vissuto (a mia discolpa, ero giovane e molto, molto ingenua. Quanti crepacuori avrai evitato, negli anni, se non fossi stata ciecamente invaghita di un’idea contorta e impossibile dell’amore!)

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      Emma Bovary, Gustave Flaubert

      Non ho mai sopportato le lagne di Emma Bovary, che ho sempre trovato vanitosa, indecisa, illusa, noiosa e francamente antipatica. Nonostante ciò, ero convinta di capire come si dovesse sentire, di riuscire a indentificarmi in quel suo lancinante bisogno di avere qualcosa di più, senza sapere bene cosa. Emma voleva sentirsi mancare la terra sotto i piedi; voleva qualcuno che la facesse sentire bella, unica ed insostituibile, che le mandasse lettere d’amore così appassionate da toglierle il respiro, che le dicesse di non essere in grado di vivere senza di lei. Voleva essere costantemente sorpresa, senza doversi arrendere alla vuota banalità di un’esistenza sempre uguale (l’unica esistenza che il prevedibile marito Charles sembrava in grado di assicurarle). Emma aveva semplicemente bisogno di sentirsi innamorata, ma aveva il pessimo vizio di scegliere sempre l’uomo sbagliato, incapace di donarle quella felicità così astratta alla quale ambiva un po’ alla cieca. Sapete tutti com’è andata a finire, no?

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      Doctor Zivago, Boris Pasternak

      Se non ho mai sopportato Emma Bovary e le sue manie di protagonismo, ho amato Lara, l’intrepida eroina de Il dottor Zivago. La Antipova è un’eroina coi piedi ben saldi per terra e sa quello che vuole – Yuri Zivago. Non è passiva, non aspetta che qualcuno la salvi: cerca di prendersi quello che vuole e di costruire una vita per lei e Yuri, nonostante siano entrambi sposati – lei col freddo, cinico Antipov/Strelnikov, che si è dimostrato privo di scrupoli e capace di efferate crudeltà; lui con Tonia, la sua migliore amica e madre dei suoi figli. Certo, Lara compie un errore imperdonabile: lasciare Varikino col crudele Komarovsky, che l’ha sedotta quando era ancora una ragazzina. Lara si lascia irretire dalle promesse di Yuri, che si impegna a raggiungerla; vuole disperatamente credergli, ben sapendo, dentro di sé, che Yuri non accetterebbe mai l’aiuto di un uomo che odia e disprezza. La sua decisione di partire senza di lui è ingenua anche un po’ stupida, considerando che aspetta la sua bambina: mi fa pensare sempre alla Ilse di Casablanca, che si reca in aeroporto convinta di partire con Rick (mentre in fondo sa bene che Rick è un uomo d’onore e non lascerebbe mai il partigiano Laszlo in mano ai tedeschi. A proposito, sono l’unica che quando guarda il film si mette a strillare non partire Ilse, non farlo? Effetti collaterali del bovarismo…)

      Anche la fine del film su Zivago di David Len mi spezza il cuore ogni volta: Yuri crede di aver visto Lara, scende dal tram e la rincorre. Mentre corre, ha un infarto e muore, senza essere mai riuscito a rivederla. E niente, sarebbe stato bello se si fossero incontrati prima, anche solo di un giorno. E qui scappa ancora la lacrimuccia.

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      Anna Karenina, Lev Tolstoj

      Con Anna Karenina la situazione è precipitata.

      Avevo quindici anni ed ero stata appena lasciata dal mio primo ragazzo. Avevo deciso di affrontare la situazione come una vera eroina letteraria: marinando scuola per la prima volta, tagliandomi i capelli, fumando la mia prima sigaretta, che doveva farmi sembrare tragica quanto basta e incredibilmente sofisticata, ma in realtà mi ha solo causato una nausea insopportabile.  Dopo il fallimento di questi primi rimedi, ho deciso di affrontare lacrime e insonnia leggendo per la prima volta il romanzone di Tolstoj. Anna mi è subito sembrata l’eroina per eccellenza: intelligente, colta e bellissima, madre affettuosa, moglie frustrata e annoiata. Mi è sembrato inevitabile che si prendesse una cotta per l’affasciante Vronskj, nonostante lui non mi sembrasse altro che un borioso damerino pieno di sé, del tutto indegno dell’amore e delle attenzioni di Anna.

      Mi sembrava di riuscire a vederla, bellissima nel suo vestito nero, illuminata dalle candele della sala da ballo, le braccia bianchissime e i ricci neri, capace di eclissare senza sforzo alcuno la giovane Kitty e di sfidare coraggiosamente i pregiudizi dell’ammuffita aristocrazia russa. L’ho seguita nel tragitto da casa sua a quel treno che avrebbe spezzato la sua vita: era bella ed elegante come sempre, ma stroncata dalla delusione, da un amore tossico, dalla nostalgia per il figlio. Mi sono indignata tantissimo per le parole della madre di Vronskj, che si permette di dire che Anna ha avuto la fine che si merita, brutta come la vita che ha condotto.

      Quello che ho capito, dopo diversi anni, una rilettura del romanzo e varie delusioni sentimentali, è che Vronskj rende Anna infelice per quasi tutta la durata della loro storia, e che il vero amore di Anna è il figlio Serioza, che le manca terribilmente.  Quello che ho capito è che il vero cattivo della storia è il finto, ipocrita perbenismo dell’aristocrazia russa, pronta a condonare le scappatelle maschili con un sorrisetto compiaciuto e una pacca sulla spalla, ma inesorabile nella condanna delle donne.

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      Nel corso di varie riletture, mi sono anche resa conto che Cathy è infantile, viziata e capricciosa e Heathcliff ossessionato da lei (un po’ stile stalker, per intenderci) ed estremamente vendicativo; che Emma Bovary è una sciocca che si sarebbe dovuta dare una bella svegliata; che Lara e Yuri sarebbero dovuti scappare insieme, senza se e senza ma; che la mia amata Anna avrebbe dovuto abbandonare sia marito che amante e iniziare una nuova vita coi figli lontana dal clima gelido (in tutti i sensi) della società russa, magari in Spagna o in Portogallo.

      Sì, sono cresciuta, ho riletto i miei amati classici, li ho guardati con occhi nuovi e più maturi: eppure, sotto sotto, rimango un’inguaribile romantica vecchio stile. Anche questo è uno di quegli antipatici effetti collaterali del bovarismo per il quale non è stata ancora trovata una cura adeguata.

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      Soundtrack: Wicked game, Chris Isaak

      PS: per gli anglofoni/anglofili, qui la versione inglese dell’articolo

      Posted in Letteratura e dintorni | 17 Comments | Tagged Anna Karenina, Boris Pasternak, Casablanca, Cathy Earnshaw, Cime tempestose, Dottor Zivago, Emily Brontë, emma bovary, Gustave Flaubert, heathcliff, Jacques Prévert, Juan Ramón Jiménez, Lara, Lev Tolstoj, Love Story, Pablo Neruda
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