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  • Tag: Elizabeth Gaskell

    • Il Calendario dell’Avvento letterario #23: un perfetto Natale bronteano

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 23, 2017

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      Questa casella è scritta e aperta da Serena e Selene di The Sisters’ Room, A Brontë-inspired Blog

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      Da sempre la tradizione natalizia ha un lato culinario decisamente interessante. A seconda delle epoche storiche e delle aree geografiche a cui guardiamo, possiamo abbinare al Natale cibi tipici: che si tratti di Pandoro o Panettone, di Stollen o Christmas Pudding, di casette di pan di zenzero, omini di panpepato, o di Bûche de Noël, viene sempre l’acquolina in bocca durante le feste! Ma cosa mangiavano, a Natale, le nostre care sorelle Brontë? C’era qualche prelibatezza culinaria tipica dello Yorkshire negli anni ’50 del 1800, che si associava particolarmente alle feste natalizie?

      Come sempre Elizabeth Gaskell, prima biografa di Charlotte, ci viene in aiuto in questi casi, e sfogliando le pagine della sua Vita di Charlotte Brontë troviamo più di qualche riferimento molto interessante. La Gaskell ci racconta infatti l’autrice di Jane Eyre in una veste intima, alle prese con le tradizioni di Natale e più nello specifico con qualcosa che ha che fare con il cibo. Nel capitolo XIII leggiamo di un episodio accaduto nel 1854: “Il giorno di Natale si recò a piedi, col marito, dalla povera vecchia (che in giorni meno felici le aveva chiesto di andarle a cercare un vitello che si era smarrito) portandole un grosso dolce di zenzero per rallegrarle il cuore. Il giorno di Natale molte umili tavole in Haworth furono allietate dai suoi doni.”

      Dunque apprendiamo che era usanza fare visita ai vicini e portare in dono dolci durante i gironi di Natale. Ma concentriamoci su questo “dolce allo zenzero”: si tratta di una Yorkshire Spice Cake, un dolce tradizionale che sembra essere collegato allo Yorkshire Main Bread. Veniva servito con il formaggio, e nei romanzi delle sorelle Brontë diverse volte incontriamo riferimenti a “cake and cheese”, “spicy cake” e “Christmas cake”, tutti in capitoli natalizi. Sappiamo anche che parte del materiale utilizzato nei loro romanzi ha una matrice autobiografica, e possiamo dunque supporre che questa Christmas Cake fosse una delle usanze natalizie al Parsonage (la Gaskell, in fondo, conferma questa teoria con il racconto di pocanzi).

      In un delizioso libro natalizio che possediamo, The Brontës’ Christmas, abbiamo trovato la ricetta di qualcosa che probabilmente somiglia molto proprio a quel dolce di cui tanto scrive Charlotte: si tratta, in questo caso, di una Christmas Spice Cake tipica di quell’area perduta nelle brughiere del West Riding. La ricetta è dei primi anni del 1900, ma è di sicuro la cosa più vicina che abbiamo a quella usata al Parsonage. Se volete cimentarvi in un dolce natalizio e fare un salto indietro nello Yorkshire di oltre cento anni fa, non dovrete fare altro che: scegliere una cupa giornata di pioggia, mettere su delle carole di Natale per creare la giusta atmosfera, accendere tutte le lucine dell’albero, indossare un bel grembiule da cucina, e seguire questa ricotta.

      Ingredienti:

      900 gr di farina

      200 gr di burro (circa)

      450 gr di uvetta

      200 gr di uva sultanina

      200 gr di zucchero di canna

      4 uova

      50 gr di scorze miste di agrumi

      30 gr di lievito

      ½ noce moscata

      1 cucchiaino di cannella

      ½ bicchiere di latte

      sale all’occorrenza

      Mescolate il lievito al latte caldo, coprite e lasciate lievitare. Nel frattempo mettete la farina e un pizzico di sale in una ciotola precedentemente riscaldata. Aggiungete il burro, la pasta lievitata, lo zucchero, il resto del latte caldo e mescolate. Coprite il tutto e lasciatelo riposare per 20 minuti. Poi impastate l’impasto e lasciatelo riposare ancora un’ora. Sbattete le uova e aggiungetele all’impasto insieme all’uvetta e alla cannella. Dopo aver mescolato tutto lasciate riposare un’altra ora. Infornate il tutto nel forno preriscaldato a 160° e attendete la cottura (circa un’ora).

      Quando sarà pronto vi raccomandiamo una comoda poltrona di fronte all’albero di Natale, una morbida e calda coperta, e la vostra copia preferita di Jane Eyre. Ecco qui: tutto pronto per un perfetto Natale bronteano!

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      Posted in Letteratura e dintorni | 0 Comments | Tagged #AvventoLetterario, Anne Brontë, Charlotte Brontë, Christmas Spice Cake, Elizabeth Gaskell, Emily Brontë, Haworth, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Jane Eyre, Natale in letteratura, ricette letterarie, The Sisters' Room, Yorkshire Spice Cake
    • Il Calendario dell’Avvento letterario #12: “La Casa Sfitta” di Dickens, Collins, Gaskell, Procter

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 12, 2017

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      Questa casella è scritta e aperta da Michela di Appuntario

      “[…] Avevo visto tutto questo durante la mia prima visita, e avevo fatto notare a Trottle che al cartello nero con i termini dell’affitto era caduto da un pezzo, che il resto era diventato illeggibile, e che perfino la pietra degli scalini d’ingresso era spaccata. Ciononostante, sedetti a fare colazione in quella mattina del cinque novembre, fissando la casa attraverso i miei occhiali, come se non l’avessi mai vista prima.”

      Cosa succederebbe se alcuni dei più grandi scrittori si riunissero sotto le festività natalizie per scrivere ognuno un racconto?

      Oggi accade che alcuni scrittori del momento vengano chiamati da una casa editrice per pubblicare una raccolta di racconti incentrata sul tema del Natale, ma nell’anno 1858 una tale pubblicazione divenne un clamoroso successo di pubblico; non soltanto per l’originalità e bellezza delle novelle, ma soprattutto per la celebrità dei suoi autori.

      Il sette dicembre di quell’anno, uscirono come supplemento per il periodico settimanale inglese “Household Words”, gestito dal romanziere Charles Dickens ( 1812-1870 ), quattro racconti di quattro dei più conosciuti esponenti letterari dell’epoca vittoriana : Elizabeth Gaskell ( 1810-1865 ), Wilkie Collins ( 1824-1889 ), Adelaide Anne Procter ( 1825-1864 ) e Dickens stesso.

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      La popolarità dell’opera suscitò gran fervore nella grigia Londra di metà Ottocento, soprattutto nella cosiddetta middle class, visto che questa sapeva unire il genere mistery, allora molto in voga, all’ happy ending che ci si doveva aspettare da una pubblicazione natalizia.

      L’idea di una collaborazione letteraria balenò nella mente del già apprezzato Dickens ( “Il Circolo Pickwick” 1836-37, “Le Avventure di Oliver Twist” 1837-38 ), insieme al suo protetto Collins, maestro del genere poliziesco e del sensational novel ( “La Donna in Bianco” 1859 ), l’opera doveva risultare di grande ambizioni : essi crearono l’ambientazione e la cornice di una storia che doveva essere formata ed ampliata dalle penne della Gaskell ( “Cranford” 1853, “Nord e Sud” 1855 ), e della Procter, giovanissima poetessa molto apprezzata dalla regina.

      Un’anziana signora zitella della vecchia aristocrazia inglese, Sophonisba, trascorre qualche mese nella capitale inglese per dare più brio e vivacità alla sua monotona vita secondo i consigli del suo medico. Acquista per questo una casa comoda e accogliente che come unico inconveniente presenta il fatto di essere adiacente ad una casa sfitta, malmessa e fatiscente da anni che cozza esteticamente con la graziosa strada. Sophonisba rimane turbata da quello scheletro di casa e insieme attratta, tutt’al più quando crede di vederne da un buco della persiana un occhio nascosto.

      Incuriosita dalla vicenda, le viene in soccorso un suo antico spasimante Jabez Jarber che si presta come investigatore. Di buona voglia indaga anche il maggiordomo di Sophonisba, Trottle, iniziando con Jarber una vera sfida su chi riuscirà a scoprirne il segreto di tanto abbandono.

      Jarber attraverso ricerche e consultazioni arriva a svelare alcuni dei precedenti inquilini che vi abitarono: iniziano qui i racconti.

      Il Matrimonio di Manchester. La casa originariamente apparteneva ad una ricca famiglia di Manchester, gli Openshaw. Di mano della Gaskell, questo racconto ci mostra la difficile storia della signora Openshaw, Alice, orfana di padre e madre che tra mille tormenti, dalla morte del marito alla malattia della figlia, riuscirà a condurre finalmente una esistenza tranquilla e serena accanto ad un uomo che la protegge. Forse il più bello e completo dei racconti, colpisce soprattutto per la profondità del personaggio femminile insieme ad una analisi introspettiva e psicologica e il sempre presente studio dell’ambiente provinciale inglese.

      Ingresso in Società. In seguito la casa venne occupata da un direttore di circo. Questo aveva tra i suoi dipendenti un nano, conosciuto col soprannome di Chops, che dopo una vittoria ad una lotteria, sentendosi inadeguato al suo stile di vita, tenta la scalata sociale entrando nell’ élite londinese. Deluso dalla tanta corruzione e dall’ipocrisia degli alti ceti, ritorna nel suo circo affermando quanto la società sia ben peggiore di un circo.

      “Quando ero fuori dalla Società, ero pagato poco per essere guardato. Quando sono entrato in Società, ho pagato caro per essere guardato.”

      Non è difficile in quest’ultimo racconto riconoscere la firma di Charles Dickens, da sempre acuto esaminatore della società contemporanea mediante la focalizzazione sulla povertà e sulle discriminazioni sociali, qui presentate con l’aggiunta del grottesco e del surreale, rendono la complessa genialità dell’autore evidente e confermata.

      Nella terza “fonte”, Tre Sere nella Casa, Adelaide Procter da forma ad un lungo poema dove la protagonista Bertha dopo aver dato la sua vita per la cura e le attenzioni al fratello, trascurando la sua giovinezza, si vede sostituita da una giovane moglie. Alla morte di quest’ultimo deve subire anche il dolore di vedere la cognata sposare l’uomo che ha sempre amato.

      Uno struggimento ritmico che evidenzia il fervente cattolicesimo simbolico della poetessa.

      Nel risolutivo racconto Il Rapporto di Trottle, troviamo il fido e audace maggiordomo di Sophonisba, scoprire ciò che veramente si nasconde nella casa sfitta, lasciando il lettore sopraffatto dalla sorpresa, ma non sorpreso dalla firma che porta l’autore della narrazione : Wilkie Collins. Collins si distingueva nel suo stile con storie di mistero, melodrammatiche, con elementi di suspense e composte con minuzioso realismo e dagli intrecci complessi, comunque non molto evidenti qui, data la brevità del racconto.

      Nel conclusivo capitolo, scritto a quattro mani dalla coppia Dickens-Collins (ma con più tracce del primo), l’anziana Sophonisba dal cuore e dalla mente rischiarati dalla gioia, trova il giusto finale di questi misteriosi avvenimenti.

      La collaborazione, dato il successo, si ripeté l’anno dopo, questa volta in una nuova rivista “All the Year Round” con il titolo “La Casa dei Fantasmi”.

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      Il carattere filantropico ed edificante dell’opera rimane il vero motivo della sua nascita, come era insito nella letteratura vittoriana.

      Il finale pecca sicuramente di mielosità e di una vena fin troppo sentimentale e patetica, ma per il giorno di Natale è una colpa che si può ben facilmente dimenticare.

      Posted in Letteratura e dintorni | 2 Comments | Tagged #AvventoLetterario, Adelaide Anne Procter, Appuntario, Charles Dickens, Cranford, Elizabeth Gaskell, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Il circolo Pickwick, La donna in bianco, Le avventure di Oliver Twist, Michela Piccarozzi, Nord e Sud, Wilkie Collins
    • Il Calendario dell’Avvento letterario #7: gli universi natalizi di Elizabeth Gaskell

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 7, 2017

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      Questa casella è scritta e aperta da Mara di Ipsa legit

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      Elizabeth Gaskell (1810-1865), la cui opera è sempre più apprezzata anche in Italia grazie alle recenti prime traduzioni dei romanzi e ai lavori di studio e di curatela, oltre che un’eccellente letterata fu senza dubbio una vera e propria donna vittoriana, moglie e madre devota, sensibile ai conflitti etici della sua epoca e affezionatissima all’idea della casa[1] come contenitore poliforme di rifugio, nostalgia, speranze, gioia, paura e desideri.

      La costante e infaticabile interrelazione con i suoi luoghi e con il suo tempo, che è un aspetto identitario fortissimo della sua produzione narrativa (si vedano, per esempio, la biografia di Charlotte Brontë e gli ultimi due romanzi lunghi della sua carriera, Gli innamorati di Sylvia e Mogli e figlie), assume anche la forma della descrizione di molteplici universi natalizi, che vorrei tentare di analizzare in questo post, ricordando, come premessa, che all’età vittoriana risale l’origine dei festeggiamenti del Natale come li intendiamo oggigiorno. Propongo due soli flash a sostegno di questa affermazione: l’albero di Natale (il primo in Inghilterra) allestito e decorato nel salotto della regina Vittoria grazie all’idea del marito; e la pubblicazione di A Christmas Carol di Charles Dickens, che da allora è definito “The Man Who Invented Christmas”[2] (l’uomo che inventò il Natale).

      Se scorriamo l’interezza dell’opera gaskelliana, scopriamo che il Natale assume innanzitutto un aspetto squisitamente climatico. Ad esempio, nel primo romanzo pubblicato della scrittrice, Mary Barton, si legge che «la luce chiara delle sei contrastava in modo bizzarro con il freddo natalizio, e il vento feroce si insinuava dentro ogni interstizio»[3].

      In Cranford, la raccolta di bozzetti che Gaskell scrisse in memoria del villaggio dove trascorse la propria infanzia e prima giovinezza (Knutsford, nel Cheshire), per celebrare la piccola società di donne d’età avanzata che riesce a sopravvivere nonostante tutto, con ironia e un forte senso morale, si cita proprio Il canto di Natale di Dickens, che Miss Matty lascia appoggiato sopra un tavolo. L’ironia di questo episodio è sottile eppure deliziosa: uno dei personaggi di Cranford muore nei primi capitoli perché investito da un treno mentre è distratto dalla lettura del Circolo Pickwick – Dickens, che all’epoca era l’editore di Gaskell (l’opera fu pubblicata a puntate sulla rivista da lui diretta, Household Words), chiese di modificare il titolo del libro letto dal personaggio, ma in fase di ripubblicazione di Cranford in volume, l’autrice ristabilì il titolo originale.

      Considerata la grande importanza assegnata da Gaskell al valore della domesticità, è naturale che la nostra attenzione di lettori si concentri sulla presenza del focolare, che in molte stanze delle storie gaskelliane ha la funzione di magnetizzare intorno a sé i personaggi, i loro corpi e le loro meditazioni. Un fuoco natalizio è il catalizzatore dei pensieri del reverendo Benson in Ruth, che riflette sull’assennatezza delle proprie decisioni trascorrendo la serata davanti a un «Christmas fire» in compagnia della sorella Jemima.

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      Gli innamorati di Sylvia, come accennavo sopra, è tra le opere gaskelliane il libro che maggiormente si configura come un dettagliatissimo ritratto storico, sociale e culturale: la presenza di personaggi quaccheri, inoltre, ci rivela come questa professione religiosa non rispettasse l’usanza della celebrazione natalizia. Gli anziani fratelli Forster, che possiedono l’emporio di Monkshaven e appartengono alla comunità quacchera della città, «non avrebbero mai e poi mai esposto alcuna decorazione natalizia e tenevano scrupolosamente aperto il negozio in quel giorno di festa». In questo romanzo, in cui si descrive una colorata festa di capodanno, il Natale assume piuttosto il valore di una delle tante scadenze dell’anno contadino: scrive Gaskell che «le brave massaie preparavano il loro pezzo di manzo per Natale, lasciandolo a macerare in salamoia, prima che fosse passato San Martino». Il Natale segna anche il limite temporale della malattia della signora Robson, la madre della protagonista: un episodio che ingenera importanti conseguenze per l’evoluzione dei sentimenti di Sylvia.

      Il Natale è citato in Mogli e figlie come periodo dell’anno in cui l’aristocratica Lady Cumnor gradirebbe si celebrassero le nozze tra la sua governante di un tempo, Mrs. Kirkpatrick, e il dottor Gibson: e la ragione che adduce per questa preferenza è che i propri nipotini, in quella settimana, si ritrovano a casa per le vacanze scolastiche. Di maggiore importanza per lo sviluppo della trama è il Natale in La casa nella brughiera, perché in occasione della festività torna a casa da Parigi Erminia, un personaggio che avrà forti ripercussioni sull’esistenza della protagonista Maggie.

      In Mr. Harrison’s Confessions, che si mostra come una sorta di “anticipazione” dei temi di Cranford, assistiamo a una piccola festa di Natale organizzata da Miss Tomkinson il giorno 23 dicembre alle cinque, per il tè. Per l’occasione, la non più giovane Mrs. Rose si diletta in inediti preparativi che ci riempiono di sorrisi. Il salotto della padrona di casa si presenta poi così ai suoi ospiti: «Le sedie, le tende e i divani di Miss Tomkinson furono liberati dalle loro coperture; e un enorme vaso pieno di fiori artificiali fu posizionato al centro della tavola – cosa che, mi confidò Miss Caroline, era stata tutta opera sua, perché lei adorava vedere nella vita il bello e l’artistico. Dritta come un granatiere, Miss Tomkinson stava vicina alla porta per accogliere i suoi amici, e stringeva loro le mani con calore mentre questi facevano il loro ingresso; diceva che era veramente contenta di vederli. E lo era sul serio». La festività è così importante in questo graziosissimo romanzo breve da segnare anche la sua conclusione.

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      La scrittura gaskelliana, come sappiamo, si discosta difficilmente dalla trattazione della realtà, per quanto fredda e cruda essa possa apparire; il racconto “Lizzie Leigh”, infatti, si apre sulla descrizione di un lutto nel periodo natalizio, e così recita: «Quando la Morte si presenta in famiglia il giorno di Natale, il contrasto tra la giornata con il ricordo di ciò che è stata in passato aggiunge strazio alla sofferenza – alla desolazione, un tremendo senso di abbandono. James Leigh morì proprio mentre le campane distanti della chiesa di Rochdale chiamavano alla funzione del mattino, il giorno di Natale del 1836».

      My Lady Ludlow ci fornisce invece interessanti dettagli sul cibo legato alla festività natalizia, citando una cena a base di roast beef, le «mince-pies» e il «plum-porridge», mentre il Natale è menzionato in Delitto di una notte buia come appuntamento immancabile di riunione familiare, così come avviene, con sublime delicatezza, in Mia cugina Phillis: è in quella occasione che Paul, il narratore, si ritrova a cospetto del cambiamento intervenuto sull’espressione e sul corpo di Phillis a causa delle sue pene d’amore.

      Un racconto che porta la traccia della festa già nel titolo è “Christmas Storms and Sunshine”, nel quale si narra di una vigilia battuta da un aspro vento dell’est, sotto un cielo color dell’inchiostro, e che si chiude con un messaggio di tolleranza di valore universale: «Se hai avuto un litigio, o un’incomprensione […] con un’altra persona, fate la pace prima di Natale; così sarete tanto più felici!»

      Un’ultima annotazione non può che provenire dal ricchissimo epistolario di Elizabeth Gaskell, così denso di sentimenti, di amicizie e di pensieri rivolti alle figlie, spesso lontane da casa. Il giorno della vigilia del 1852, l’autrice scrisse alla primogenita: «Mia carissima Marianne, un buon Natale a te, e che ne vengano tanti, mia cara. Vorrei che fossi a casa, anche se qui sarà tutto molto tranquillo. Non verrà nessuno e noi non andremo da nessuna parte se non alla Cappella. Flossy e Julia ti mandano tanto tanto tanto affetto». Interessante e curiosa dal punto di vista della carriera letteraria è invece la lettera spedita tra la vigilia e il Natale del 1854 alla carissima amica Tottie Fox, alla quale Gaskell scrisse: «Nel complesso tutto sembra molto triste, questo Natale. Sono quasi ammattita a furia di lavorare su quella dannatissima storia… che vada in malora! Sono arcistufa di scrivere […] per me è stato un peso tale che ho avuto uno dei mal di testa più invalidanti della mia vita».

      A quale storia faceva riferimento la nostra Elizabeth? Nientemeno che al suo romanzo più conosciuto e forse più amato, l’ormai celebre Nord e Sud.

      [1] Si veda, in proposito, il mio saggio Elizabeth Gaskell e la casa vittoriana (flower-ed 2016).

      [2] Del 30 novembre è l’uscita nelle sale cinematografiche di un film che porta esattamente questo titolo, in cui l’attore britannico Dan Stevens interpreta Dickens.

      [3] Qui e in seguito, le traduzioni dall’inglese sono di chi scrive.

      Posted in Letteratura e dintorni | 0 Comments | Tagged #AvventoLetterario, A Christmas Carol, Dickens, Elizabeth Gaskell, Elizabeth Gaskell e la casa vittoriana, flower-ed, Gli innamorati di Sylvia, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Ipsa legit, Mara Barbuni, Mogli e figlie, Mr. Harrison’s Confessions, Nord e Sud, Un Canto di Natale
    • Il Calendario dell’Avvento Letterario #6: Natale in casa Brontë

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 6, 2016

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      Questa casella è scritta e aperta da Serena e Selene di The Sisters’ Room, A Brontë-inspired Blog

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      Da Etsy

      Purtroppo nessuna delle sorelle Brontë sembra essersi mai soffermata a raccontare per iscritto quali fossero le abitudini, le tradizioni, le usanze che scaldavano l’atmosfera del Parsonage durante le feste natalizie. Possiamo dedurre però dalle lettere che il ritorno alla canonica per le vacanze di Natale era un momento atteso con gran trepidazione da Charlotte, Emily e Anne. Elizabeth Gaskell ci racconta in particolare dell’inverno del 1842: Emily e Charlotte avevano trascorso l’intero anno a Bruxelles, e non vedevano l’ora di tornare a casa per una breve pausa invernale. Quell’anno, Charlotte ricevette e ricambiò molte visite alla gente del luogo; insieme alle sorelle fece lunghe passeggiate per la brughiera innevata, arrivando fino a Keighley, per aggiornarsi sugli ultimi titoli arrivati in biblioteca.

      Stando a questo, il quadro che viene fuori del Natale ad Haworth è davvero molto romantico, ma è un ritratto realistico? Sebbene oggi il paesino sia delizioso sotto la neve, con le luci delle vetrine accese e le strade illuminate, gli alberi di Natale decorati sotto la facciata di St. Michael and All Angels, non è difficile immaginare che al tempo la ripida e ghiacciata salita di Main Street fosse molto meno accogliente e piacevole di come è oggi. Anche lo stesso Parsonage deve essere stato piuttosto freddo in quel periodo, e il reverendo Brontë probabilmente non era un tipo propenso alle “frivolezze” natalizie che iniziavano ad essere in gran voga proprio in epoca vittoriana. Non stupisce molto dunque che le sorelle non facessero menzione di particolari tradizioni o usanze familiari.

      Scavando meticolosamente però, ed entrando un po’ più nello specifico, se sbirciamo tra i romanzi e le poesie delle tre autrici, scopriamo diversi accenni al Natale. Anne Brontë scrisse una poesia ispirata al 25 Dicembre dal titolo “Music on a Christmas Morning“, eccone l’inizio:

      MUSIC I love–but never strain

      Could kindle raptures so divine,

      So grief assuage, so conquer pain,

      And rouse this pensive heart of mine–

      As that we hear on Christmas morn,

      Upon the wintry breezes borne.

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      All’interno di questa poesia ci sono numerosi riferimenti a canti religiosi tradizionali, e viene spontaneo immaginare con quale spirito di preghiera Anne dovesse approcciarsi al Natale.

      Emily Brontë invece ci offre uno spaccato abbastanza dettagliato di quello che immaginiamo possano essere state le usanze natalizie nello Yorkshire del tempo. Ci riferiamo in particolar modo al capitolo VII del suo romanzo: dopo aver trascorso cinque settimane in casa Linton, Catherine torna a Cime tempestose.
      il giorno di Natale, ormai cresciuta e completamente cambiata. Nelly Dean è indaffarata a preparare il pranzo a cui Hindley Earnshaw e la sua signora, Frances, hanno invitato i Linton.

      È proprio Nelly a raccontarci di questo Natale in casa Earnshow, dipingendo, di sfondo alla vicenda principale, tutta una serie di attività che la vedono impegnatissima e indispensabile per la riuscita di un pranzo così importante:

      “Dopo aver fatto da cameriera personale alla nuova venuta e aver messo i dolci in forno, e aver reso la casa e la cucina allegre con grandi fuochi adatti alla vigilia di Natale, mi preparai a riposarmi su una sedia e a divertirmi da sola cantando le carole di Natale.”

      Leggendo le parole di Nelly Dean, è impossibile non immaginare Tabitha indaffarata dentro la cucina del Parsonage illuminata da fuochi caldi e vivaci. E proprio riguardo le “carole”, in Cime Tempestose si parla della “banda di Gimmerton”, composta da quindici strumenti, che gira per le case offrendo musiche tradizionali in cambio di qualche “dono”. Questo tipo di usanza, presente anche nel nostro paese, si conserva in forme un po’ diverse tutt’oggi… chissà quindi che anche le strade di Haworth al tempo non fossero state illuminate dalle torce dei cantori natalizi?

      Anche in Jane Eyre, il romanzo più noto di Charlotte Brontë, troviamo traccia di alcuni episodi natalizi: alcuni, seppur non esplicitamente dichiarati tali, possono facilmente essere ricondotti agli usi e costumi del Natale nello Yorkshire, come ad esempio quando a Thornfield Hall, la compagnia si dedica al gioco della sciarada, tipico intrattenimento di gruppo associato al Natale; altri che riguardano le tradizioni culinarie propriamente natalizie, come quando a Moore House, a Natale, Jane racconta di fuochi accesi per rendere le sale più vivaci, allegre e calde, del tempo trascorso in lieta compagnia a “sbatter uova, mondare uva sultanina, grattugiare spezie, preparare dolci natalizi, sminuzzare ingredienti per le crostate, e celebrare solennemente altri riti culinari”.

      Non è certo, ma è possibile immaginare che questi episodi letterari abbiano preso spunto da ricordi autobiografici, o almeno da realtà culturali non troppo lontane da quelle vissute dalle Brontë.

      Così, con l’aiuto di brevi stralci (impliciti o espliciti) di testi di narrativa o poesia direttamente dalle penne delle sorelle, con alcuni riferimenti a riti e tradizioni dello Yorkshire, e con un po’ di fantasia, gli amanti del Natale e i più romantici potranno facilmente sognare di Natali innevati, allegri campanelli cristallini, deliziosi profumi dalle porte delle cucine e, senza dubbio, ore serene e liete, trascorse in famiglia.

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      Posted in Letteratura e dintorni | 3 Comments | Tagged #AvventoLetterario, A Brontë-inspired Blog, Anne Brontë, Brontë parsonage, Cathy Earnshaw, Charlotte Brontë, Cime tempestose, Elizabeth Gaskell, Emily Brontë, Haworth, Hindley Earnshaw, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Linton, Nelly Dean, sorelle Brontë, The Sisters' Room
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