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  • Tag: Cassandra Austen

    • Il Calendario dell’Avvento letterario #16: un Natale da perfetta Janeite

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 16, 2018

      Questa casella è scritta e aperta da me medesima

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      È una verità universalmente riconosciuta che conoscere Jane Austen e le sue eroine equivale ad amarle. Oggi, la zia Jane che tutti amiamo avrebbe compiuto (e compie nel cuore di tutti noi suoi avidi lettori) 243 anni. Celebriamo quindi oggi la vita e le opera di una scrittrice che, quasi tre secoli fa, ha regalato alle sue eroine il ruolo di protagoniste delle loro vite e delle loro storie, regalando loro occhi penetranti e menti aguzze, spumose crinoline (a volte sporche di fango, a discapito delle convenzioni dell’epoca) e un’eloquenza ciceroniana.

      Come riportare in vita le atmosfere di Orgoglio e pregiudizio e passare un Natale degno dei Darcy di Pemberley? In una delle puntate precedenti del nostro Avvento letterario, vi ho raccontato come l’Inghilterra celebrava il Natale durante il periodo regency. Il Natale regency non è il Natale vittoriano, anche se ne anticipa alcune caratteristiche: se manca l’abete decorato e illuminato dalla luce delle candeline, gli aromi e i profumi sono già forieri di quella che diventerà l’essenza del Natale moderno. Nel camino, scoppietta lo Yule log, il ceppo di Natale; le case sono decorate di agrifoglio, alloro, edera e rosmarino e si apprestano ad ospitare feste e balli, accogliendo gli astanti col profumo di arance, mele e limoni.

      In questa puntata, vi offro degli spunti per ricreare a casa l’atmosfera dei romanzi di Jane Austen, magari per incontrare, come novelle Elizabeth Bennet/Bridget Jones, il vostro Mr Darcy, o anche semplicemente per re-innamorarvi della Austen, delle sue eroine e delle loro storie, delle sue parole eterne. Vi auguro di trascorrere un Natale alla Jane Austen, lontani dallo stress e dal tran tran quotidiano, lontani dagli schermi e da quei social media che impongono confronti con vite perfette  e patinate, standard pressoché impossibili da raggiungere. Vi auguro un Natale più semplice, vicino ai valori veramente importanti, vicino alle persone che amate per momenti di reale, significativa condivisione; per creare memorie, mentre il tacchino si arrostisce lentamente e noi ci sediamo finalmente in poltrona, in pigiama, con la copertina, davanti al focolare nelle case che ci hanno visto imparare a leggere, e ci dedichiamo ai nostri classici preferiti.

      Pronti a trascorrere un Natale da perfetta Janeite?

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      1. Mettete da parte i tradizionali addobbi natalizie; decorate la casa usando frutta e arbusti di agrifoglio, alloro, rosmarino ed edera, come Jane e sua sorella Cassandra e le altre ragazze dell’epoca. Anche la frutta fresca – specie arance, mele e limoni – veniva usata per decorare, sia per il suo profumo, sia come indicatore dello status sociale delle famiglie regency, in grado di permettersi frutta fuori stagione o addirittura in possesso di una serra riscaldata. Si inizia a decorare la casa il giorno della vigilia di Natale: farlo prima porta male.

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      2. Altro che il tradizionale cenone: quest’anno si porta in tavola un menù regency degno dei Darcy di Pemberley. Questo menù natalizio potrebbe comprendere la zuppa bianca di Elizabeth Bennet, l’arrosto di maiale di Miss Bates, il tacchino stufato di Mary Crawford, la coscia di montone arrosto ripiena di ostriche di Emma, il bread pudding della signora Bennet; il tutto generosamente annaffiato da vino all’arancia. Potete trovare le ricette che ho menzionato in Dinner with Mr Darcy, a cura di Pen Vogler. Indossate i vostri grembiuli più vezzosi e, perché no? Vestitevi a tema durante la cena, Etsy e la boutique online del Jane Austen Centre a Bath sono pieni di vestiti e accessori che potete regalarvi e regalare: che aspettate?

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      3. Organizzate una festa! Dato che vi siete già vestiti a tema per cena, perché non dedicarvi ai balli regency? I balli erano all’epoca una delle poche occasioni sociali, momento ideale per conoscere persone dell’altro sesso e riuscire ad interagire con loro, in coreografie che ricordano il corteggiamento. Se volete saperne di più, regalatevi A Dance With Jane Austen di Susannah Fullerton. Potreste anche mettere in scena piccoli pezzi di commedie e tragedie, o, perché no, leggere per gli astanti a voce alta pezzi di romanzi della Austen – ma quanto è bello leggere per qualcuno, quanto è dolce che qualcuno legga per noi i nostri passi preferiti? Un regalo di Natale che non costa niente e che significa tutto: amore per la lettura e la letteratura, voglia di stare insieme, condivisione, hygge.

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      4. Sostituite una tombolata a base di pandoro e prosecco con un afternoon tea. La madre della Austen, ospite di sua cugina a Stoneleigh Abbey nel Warwickshire, descrive una colazione che può darci un’idea dei cibi da servire: cioccolata calda, caffè, tè, pound cake, toast, pane e burro e torte di frutta secca. La Austen scrive invece alla sorella Cassandra di essersi rovinata lo stomaco a causa dei Bath buns, brioche ricche di burro e zucchero. Un altro tipo di brioche a la mode ai giorni di zia Jane è il Sally Lunn Bun, una sorta di incrocio tra panino dolce arricchito dalla panna.

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      6. Preparate un punch per i vostri ospiti. Il punch era una delle bevande più popolari del XVIII secolo, un incrocio tra occidente e oriente sviluppatosi a seguito degli scambi commerciali. Il nome deriva dal Persiano (Panj) e dall’Hindi (Panch) e si riferisce ai cinque elementi necessari per la sua preparazione. Potete trovare una ricetta tradizionale qui.

      7. Scrivete lettere di auguri, invece di mandare messaggi su whatsapp. Se Jane non fosse stata un’assidua corrispondente (specie con la sorella Cassandra), non avremmo mai conosciuto alcuni dettagli sulla sua vita. Da una delle lettere a Cassandra, datata 2 dicembre 1815, apprendiamo che Jane si sta godendo un dicembre incredibilmente mite, e si augura che il bel tempo duri almeno fino a Natale. Per carta da lettere e buste da sogno, vi consiglio di dare un’occhiata a elinor marianne (non da ultimo per la sua chiara ispirazione austeniana).

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      7. Organizzate una maratona di film e serie BBC tratte dalle opere austeniane, dalla camicia bagnata di Mr Darcy a Pemberley (e chi si scorda la celeberrima scena, interpretata dal Darcy per eccellenza, Colin Firth?) all’adorabile impertinenza di Elizabeth Bennet/Keira Knightley, dal matchmaking fallito dell’irresistibile Emma/Gwyneth Paltrow al compassato Edward Ferrars/Hugh Grant nella versione di Ragione e sentimento del 1995 (con un grandissimo cast: Emma Thompson, Kate Wislet, Alan Rickman).

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      8. Dulcis in fundo: leggete, rileggete e riscoprite quei sei romanzi perfetti che sono patrimonio della letteratura universale e non cessano mai di stupire. Ogni rilettura regala nuovi punti di vista e regala chiavi di lettura inedite.

      Buon Natale, Janeite!

      Posted in Il Calendario dell'Avvento Letterario | 2 Comments | Tagged #AvventoLetterario, Bridget Jones, Cassandra Austen, edward ferrars, Elizabeth Bennet, Emma, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Jane Austen, Lizzie Bennet, Mr Darcy, Natale in letteratura, Natale inglese, Natale regency, orgoglio e pregiudizio, Ragione e Sentimento
    • Il Calendario dell’Avvento letterario #16: il Natale delle eroine di Jane Austen

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 16, 2017

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      Questa casella è scritta e aperta da me medesima

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      Vi siete mai chiesti come le eroine di Jane Austen (di cui oggi ricorre il duecentoquarantaduesimo compleanno) festeggiassero il Natale?

      Il Natale regency non è certamente il Natale vittoriano: manca l’abete decorato, i regali, gran parte di quei Christmas carol che entreranno a far parte della tradizione inglese nel corso dei decenni successivi. È però la stagione dello Yule log, il ceppo di Natale che scoppietta nel camino; delle case decorate di agrifoglio, alloro, edera e rosmarino, profumate di arance, mele e limoni; delle mince pies e del punch; delle sciarade e dei balli.  Ogni famiglia si prepara a ricevere un flusso costante di ospiti: in particolare, giovani in età da matrimonio – o quantomeno da fidanzamento – di ritorno da università, rettorati, reggimenti, navi della marina inglese. Inutile dire che le fanciulle inglesi attendono questo periodo dell’anno con ansia, impazienza e farfalle nello stomaco.

      In Emma, l’ostinata, irresistibile protagonista eponima trascorre il Natale con famiglia e amici. Sua sorella Isabella e suo cognato John sono ospiti a Hartfield con i loro cinque bambini; l’intera famiglia si reca a trascorrere la vigilia di Natale dagli amici Weston, insieme al loro vicino di casa, Knightley, e al curato del paese, Elton. Il cibo è abbondante (nonostante la Austen non citi nessuna delle pietanze consumate, a parte un accenno all’agnello), e il vino scorre a fiumi. Dopo cena Elton, la cui baldanza viene amplificata dal nettare di Bacco, riesce a rimanere solo nella carrozza insieme ad Emma e prorompe in un’appassionata dichiarazione d’amore. Considerando che Emma ha cercato in precedenza di fare match making tra Elton e la sua amica Harriet – e che Elton ha consumato una dose considerevole del buon vino di Weston – la situazione in carrozza è decisamente scomoda.

      Il giorno di Natale, la neve è così abbondante che andare in chiesa è pressoché impossibile; Emma cerca allora rifugio per il suo orgoglio di match maker ferito a casa della signora Weston, sua ex governante e amica di sempre, che col suo senso pratico infonde calma e ragionevolezza nella ragazza, costretta a respingere le avances invadenti del ridicolo, pomposo curato.

      In Orgoglio e pregiudizio, il Natale delle ragazze Bennet è rallegrato dalla presenza degli amati zii Gardiner. Le due famiglie sono poi invitate a trascorrere la serata a casa della zia Phillip (la sorella della signora Bennet). A casa di lei, Elizabeth ha il piacere e l’onore (o forse no?) di presentare alla sua carissima zia Gardiner Wickam, il soldato per cui si è presa proprio una bella cotta. Nel frattempo, sua sorella Jane riceve una lettera dall’odiosa Caroline Bingley, sorella del suo amato Bingley, che le augura di trascorrere un Natale sereno – che non sarà mai così felice e perfetto come quello che Caroline trascorrerà a Londra.  Jane ha il cuore spezzato: il suo Bingley è ormai lontano da lei, dai suoi occhi e dal suo cuore, e sembra non nutrire più nessun interesse o affetto nei suoi confronti. Dal canto suo, anche Elizabeth presto capisce che Wickam non è l’uomo che aveva atteso e sognato, e inizia ad albergare nel cuore un sentimento silenzioso e segreto nei confronti di Darcy, scontroso e gentiluomo.

      Il Natale successivo porta con sé un bel po’ di cambiamenti per le due sorelle e un lieto fine da condividere, inventare e reinventare: un paio di mesi prima di Natale, Elizabeth – ormai la signora Darcy – scrive una lettera alla sua famiglia, trasmettendo i saluti e l’affetto di Darcy e invitandola a trascorrere il prossimo Natale a Pemberley. Sì, il secondo (e ultimo) Natale a cui si fa cenno in Orgoglio e pregiudizio è davvero un bel Natale per i Bennet, i Darcy e i Bingley: l’amore ha trionfato, le bugie sono state smascherate, i segreti sono stati condivisi. Non resta che festeggiare a cuor leggero.

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      In Ragione e sentimento, c’è un accenno al Natale precedente al trasferimento delle Dashwood – la vedova Dashwood e le tre sorelle Elinor, Marianne e Margaret – a Barton cottage, dove la romantica, sognatrice Marianne viene soccorsa dopo una caduta dall’affascinante e (apparentemente) sensibile Willoughby. L’aneddoto natalizio, raccontato dal loro nuovo vicino di casa, Sir John Middleton, riguarda il ballo che Sir John ha organizzato l’anno precedente nella sua dimora di Barton Park. Durante il ballo, Willoughby si è distinto in maniera particolare per aver danzato dalle otto di sera alle quattro del mattino senza mai fermarsi, con eleganza, allegria e foga. Si tratta di un giovane uomo dalla salute di ferro, dal carattere aperto e socievole, ben disposto nei confronti dei piaceri della vita: Marianne è sempre più intrigata da lui ma, diciamocela tutta, se sembra troppo bello per essere vero probabilmente non è vero…

      In Northanger Abbey, mentre la protagonista Catherine Morland trascorre un Natale all’insegna della famiglia e degli affetti a Fullerton, James, il suo fratello maggiore, in vacanza dal college, va a visitare l’amico Thorpe per le vacanze di Natale. Dai Thorpe, James perde completamente la testa per Isabella, la sorella dell’amico, bellissima nel suo vestito giallo in cui James l’ha vista per la prima volta. È chiaro che il Natale regency, oltre ad essere la stagione della gioia, dei balli e dell’agrifoglio, diventa la stagione del match-making: è il momento di sistemare quelle fanciulle in età da marito che rischiano di vedersi condannate a una vita solitaria di zitelle dai mezzi limitati.

      In Mansfield Park, la protagonista Fanny Price riceve, in prossimità del Natale, la visita dell’amatissimo fratello William. Il burbero zio Betram sorprende i due fratelli organizzando un ballo in loro onore, rendendo la visita di William ancora più speciale per Fanny. Tuttavia, William parte il giorno prima della vigilia di Natale diretto a Portsmouth, per trascorrere le feste con i genitori e gli altri fratelli (i Price vivono in ristrettezze economiche piuttosto severe: per questo Fanny è stata adottata dagli zii Bertram, molto più abbienti, ma poco generosi quando si tratta di elargire affetto alla ragazza e farla sentire come una di loro).  Anche il cugino Edmund, di cui Fanny è silenziosamente innamorata, parte per trascorrere il Natale con una famiglia di amici a Peterborough e per prendere i voti nel corso delle settimana di Natale.

      Per Fanny, eroina atipica per la Austen – timida, silenziosa, virtuosa, senza la verve di Elizabeth, la dignità di Anne o la bellezza di Marianne – si prospetta un Natale solitario, lontano dalle due persone che ama di più al mondo.

      Persuasione (che ha appena compiuto 200 anni) occupa per me un posto speciale nel mio scaffale riservato alla Austen. Quando l’ho letto per la prima volta, ancora ragazzina, non sono stata capace di apprezzarlo come merita, o di affezionarmi alla sua eroina, la silenziosa Anne, ostinata nel suo amore per il capitano Wentworth, la cui proposta di matrimonio ha rifiutato su consiglio di famiglia e amici, che non ritenevano fosse un partito abbastanza prestigioso per la ragazza.

      Anne e Wentworth si incontrano di nuovo, anni dopo il sofferto rifiuto. Anne ha ormai ventisette anni: per gli standard dell’epoca, ha superato l’età per il matrimonio. Lei non ha mai smesso di amarlo; lui non l’ha mai perdonata. In questo stato d’animo, la ragazza trascorre il Natale con Lady Russell, che si è sempre presa cura di lei dopo la morte della madre ed è stata la persona che più di tutte l’ha convinta a non sposare Wentworth. Il giorno di Natale, le due si recano a fare visita ai Musgrove, una famiglia di amici.

      L’atmosfera a casa Musgrove è festosa e chiassosa – anche troppo, per i nervi della povera Anne: le bambine chiacchierano allegramente mentre ritagliano stelle di carta dorata, i bambini giocano rumorosamente; il tavolo è pieno di vassoi, che sembrano sul punto di cedere per il peso della carne, delle gelatine e delle torte; il quadretto è completato dal ceppo di Natale che arde nel caminetto, i cui allegri scoppiettii riescono addirittura a superare il rumore nella stanza.

      È un quadretto familiare che riscalda il cuore, ma l’infelice Anne è lontana anni luce dalla gioia che lo pervade: il rimorso per la decisione presa tanti anni prima e il suo amore ormai non più corrisposto (almeno apparentemente) le fanno desiderare silenzio e solitudine.

      Chiude la carrellata natalizia la stessa Jane Austen, che, in una lettera alla sorella Cassandra datata 2 dicembre 1815, accenna al Natale, lamentando la malattia della madre, che impedisce a quest’ultima di godere di un dicembre estremamente mite. Jane invece si sta godendo allegramente il bel tempo,

      da destra a sinistra, longitudinalmente, perpendicolarmente, diagonalmente; e non posso fare a meno di augurarmi egoisticamente che duri fino a Natale, questo tempo deliziosamente insalubre, fuori stagione, umido e soffocante, ma al tempo stesso rilassante.

      (I am sorry my mother has been suffering, and am afraid this exquisite weather is too good to agree with her. I enjoy it all over me, from top to toe, from right to left, longitudinally, perpendicularly, diagonally; and I cannot but selfishly hope we are to have it last till Christmas — nice, unwholesome, unseasonable, relaxing, close, muggy weather).

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      Bonus extra: immaginando Jane intenta a scrivere lettere a Cassandra, china sul suo minuscolo tavolino, ecco il bonus di questa casella: un buono sconto da utilizzare nella bellissima cartoleria online Lily&Sage Design, per bigliettini e carte da lettere degne delle eroine austeniane. Potete attivarlo seguendo questo link o inserendo questo buono sconto al momento del pagamento: JANE1775. Vi invito inoltre a sbirciare nel Calendario dell’avvento di Lily&Sage, dedicato alle più belle tradizioni del Natale.

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      Buone letture, e buona scrittura epistolare!

      Per saperne di più:

      • Un Natale regency con Jane Austen
      • Un Natale vittoriano
      • Il cibo nei romanzi di Jane Austen
      • Cartoline dallo Hampshire, tra i luoghi di Jane Austen
      • Le cose che ho imparato dalle eroine di Jane Austen
      • La versione di Jane
      Posted in Letteratura e dintorni | 0 Comments | Tagged #AvventoLetterario, anne elliot, Bingley, Cassandra Austen, Catherine Morland, elinor dashwood, Elizabeth Bennet, Emma, fanny price, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Jane Austen, Lily&Sage Design, Mansfield Park, Marianne Dashwood, Mr Darcy, northanger abbey, orgoglio e pregiudizio, persuasione, Ragione e Sentimento
    • La versione di Jane

      Posted at 11:50 am05 by ophelinhap, on May 31, 2017

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      Quando si ama molto uno scrittore, si vorrebbe avere la possibilità di conoscerlo meglio, di chiedergli di tutto, di sapere che musica ascoltasse mentre scriveva, cosa provasse davvero nei confronti dei suo personaggi, specie di quelli più detestabili.

      Forse a voi non succede, ma a me piacerebbe entrare in possesso di piccoli dettagli biografici in grado di alimentare infinite conversazioni immaginarie con lui/lei: la ricetta segreta della torta di mele tramandata dalla sua bisnonna; la prima volta che ha avuto il cuore spezzato; il posto che gli/le assomiglia, e in cui si è sentito/a a casa.

      La biografia di Jane Austen è una di quelle che mi interessa e mi affascina di più, anche perché tanti dettagli non possono essere colmati, ma sono affidati all’immaginazione del lettore: non sapremo mai, ad esempio, come sia andata per davvero la sua storia d’amore con Tom Lefroy. Non sappiamo se, a causa sua, Jane abbia sperimentato i tormenti di un cuore spezzato: quella voragine nello stomaco che sembra destinata a non essere colmata mai più; quella sensazione di essere stata spezzata a metà e di non poter più tornare intera; quella paura di non riuscire più a sorridere, a ridere, a sperare, ad aspettare con ansia. A me piace pensare che Tom sia stato il suo grande amore e che non si siano potuti sposare a causa di problemi finanziari (come ho raccontato qui); Manuela Santoni, nella sua graphic novel dedicata a Jane Austen e pubblicata da Becco Giallo, racconta una versione dei fatti un po’ diversa, nel contesto di una lunga lettera scritta da Jane, quarantaduenne e molto malata, all’adorata sorella Cassandra.

      La lettera si apre sui ricordi di una Jane bambina, frustrata dai dettami della società in cui vive, che le impone di saper suonare bene il pianoforte, ricamare abilmente ed essere versata nel disegno per poter essere in grado in futuro di trovare marito. Di fianco all’angelica e obbediente Cassandra, Jane appare come una ragazzina senza spiccate qualità: non eccelle nella musica o nel disegno e odia ricamare. Jane nasconde però un segreto: ogni notte, quando tutti dormono, si chiude nella biblioteca del padre e si lascia trasportare dai libri in giro per il mondo, lontano da quell’angolino d’Inghilterra in cui avrebbe vissuto tutta la vita: il suo amatissimo Hampshire.

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      Crescendo, Jane scopre il suo vero talento: la scrittura, nella quale riversa, analizza e commenta tutto quello che vive, affidandosi al suo acuto spirito di osservazione e alla sua tagliente ironia.

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      Anche l’amore è per Jane un mero esercizio letterario, fino al giorno in cui incontra Tom Lefroy e tutto cambia: scopre un sentimento nuovo e intossicante e rivisita le sue priorità, prendendo in considerazione per la prima volta il matrimonio.

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      Tuttavia, Jane non riesce a rassegnarsi a quella che è la posizione della donna nella società contemporanea, e teme che il matrimonio possa portarle via la sua adorata scrittura, i suoi libri, la sua indipendenza: lascia così sfumare il suo sogno d’amore con Tom, e chiede alla fida Cassandra di distruggere tutte le lettere in cui parla di lui. La Jane raccontata dalla Santoni paga il prezzo della sua libertà di artista con la rinuncia all’amore, e riesce così a scrivere quei sei romanzi perfetti che hanno reso la sua fama di scrittrice – e censore – eterna e imperitura.

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      Jane non ci ha lasciato la sua versione della sua storia d’amore, lasciando noi lettori liberi di immaginarci svolgimenti diversi, anche se il finale resta sempre lo stesso: Jane non si sposa e si consacra alla sua arte. Qualunque sia la versione di Jane e Tom che preferite, la Austen raccontata dalla Santoni (con una nota biografica di Mara Barbuni) è avanti anni luce rispetto ai suoi tempi: curiosa, intraprendente, intelligente, impertinente, bambina e donna ribelle capace di rendere la sua normalissima, forse anche monotona esistenza nello Hampshire di personaggi e storie indimenticabili.

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      Posted in Letteratura e dintorni | 1 Comment | Tagged Becco giallo, Cassandra Austen, graphic novel, Jane Austen, Letteratura inglese, Manuela Santoni, Storie dietro la storia, Tom Lefroy
    • Il cibo nei romanzi di Jane Austen

      Posted at 11:50 am01 by ophelinhap, on January 10, 2017
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      Sally Lunn Buns – Photo credits Il Cavoletto di Bruxelles

      I romanzi e le lettere di Jane Austen sono cosparsi di riferimenti a pietanze, cene, picnic, tè, che riflettono le abitudini, il carattere, i sentimenti, le ambizioni, le ansie, le piccolezze della costellazione di personaggi che animano il suo mondo. Tuttavia, si tratta di riferimenti spesso esigui: se le eroine della Austen sono spesso troppo prese dal turbine di eventi – romantici e non – che le coinvolgono per raccontarci cosa hanno mangiato o i loro cibi preferiti, zia Jane sopperisce a questa mancanza di informazioni con le più dettagliate descrizioni presenti nelle sue lettere, che contribuiscono a farci capire l’importanza che la società georgiana (specie i ceti sociali più alti) attribuisce a cosa si mangia – e a quando lo si mangia.

      Nelle sue lettere, Jane si dimostra interessata alla vita domestica a tuttotondo, descrivendo pasti, pietanze, ghiottonerie ricevute in regalo da parenti e amici. La sua prima casa, Steventon Rectory nello Hampshire, la inizia alle dolcezze della vita rurale: suo padre è uomo di chiesa e fattore, dedito all’allevamento di maiali e mucche. Sua madre si occupa del pollame, della produzione di latte, dell’orto e del giardino. La famiglia Austen riesce così ad essere autosufficiente, con l’eccezione di beni quali caffè, tè, arance, limoni e spezie. A venticinque anni, Jane si trasferisce con la famiglia a Bath, e le sue lettere iniziano a fare riferimento alla difficoltà di trovare latticini e carne di qualità – nonché all’annoso problema dei prezzi.

      Tra i contributi più significativi, si annoverano senza dubbio quelli che arrivano da Martha Loyd, intima amica di Jane e sua sorella Cassandra che nel 1805 – dopo la morte del padre – va a vivere con le due sorelle e la madre, prima a Southampton, poi in un cottage a Chawton, nello Hampshire. È proprio a Chawton che Martha Lloyd inizia a compilare il suo libro di ricette, regalandoci così un’interessante, variegata panoramica delle pietanze che Jane consuma con la famiglia e gli amici. Dai suoi scritti, il cibo emerge anche come elemento di identificazione sociale: la gentry, che in periodo georgiano è in piena ascesa, mira infatti a differenziarsi dalle classi inferiori, adottando la moda di pranzare – e soprattutto cenare –sempre piu tardi. Se ci si alza tra le sei e le otto, la gentry inizia a fare colazione dalle nove in poi.

      A colazione si servono tè, caffé e cioccolata, pane e panini caldi e freddi, torte, pound cake (così chiamata perché si prepara con un pound di burro, uno di zucchero, uno di farina e uno di uova), pane tostato con burro, buns (Jane Austen scrive alla sorella Cassandra il 3 gennaio 1801 dicendole di essersi rovinata lo stomaco con i Bath buns, ricchi di burro e di zucchero) e Sally Lunn Buns, un incrocio tra panino e brioche.

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      Sally Lunn Buns – Photo credits Il Cavoletto di Bruxelles

      In Northanger Abbey, Catherine, ospite dei Tilney a Bath, rimane impressionata dalla quantità e dalla raffinatezza dei cibi serviti a colazione: tra i suoi preferiti campeggiano la cioccolata calda e la brioche, di cui parla a profusione una volta rientrata a casa, tanto che sua madre la sgrida, convinta che il soggiorno dai Tilney le abbia messo in testa ingiustificate idee di grandezza. La madre della Austen, ospite di sua cugina a Stoneleigh Abbey nel Warwickshire, descrive una colazione che può darci un’idea del banchetto dei Tilney: tra i cibi che le vengono offerti figurano cioccolata, caffè, tè, pound cake, toast, pane e burro e torte di frutta secca. La colazione diventa più consistente per lavoratori e viaggiatori: prima di lasciare Mansfield Park per recarsi a Londra, William Price mangia maiale e mostarda e Henry Crawford uova sode.

      Il pranzo è un’innovazione vittoriana, introdotta quando la cena viene posticipata dal pomeriggio alla sera; tuttavia, è presente anche in epoca georgiana, seppure non abbia un nome né una fascia oraria fissa. In Orgoglio e pregiudizio, quando Lydia e Kitty vanno incontro a Jane e Lizzie di ritorno da Londra, si fanno offrire da loro un pranzo freddo al George Inn, a base di carne e insalata.

      Come ci ha insegnato Downton Abbey (anche se ovviamente parliamo di momenti storici molto diversi), cambiarsi prima di cena è un momento topico per le signore della casa, che richiede circa un’ora, ma arriva anche a un’ora e mezzo nel caso di Miss Bingley e Mrs Hurst in Orgoglio e pregiudizio. La cena è infatti il momento per mettere in mostra la propria toeletta, i vestiti e le acconciature più alla moda; anche gli uomini cambiano d’abito, specie dopo battute di caccia o altre escursioni all’aria aperta.

      Tè, caffè e dolci vengono serviti circa un’ora dopo la cena, una volta che i signori hanno bevuto il loro porto, fumato i loro sigari e si sono ricongiunti alle signore. Se la cena ha luogo in campagna, ci si intrattiene giocando a carte, suonando o improvvisando un ballo, mentre in città si va a teatro e si cena intorno alle nove. La cena può essere estremamente semplice e consistere di pane e formaggi o un assortimento di piatti freddi, oppure arrivare ad essere una cosa seria, un pasto di varie portate calde servite alla francese: tutte le pietanze della prima portata vengono servite insieme, con il pesce e la zuppa ai due capi della tavola.

      In Orgoglio e pregiudizio, la signora Bennet invita Mr Bingley, con un misto di pretese di grandeur e accenni ad un’intimità che spera si sviluppi presto, a una cena in famiglia. L’invito si concretizza solo alla fine del libro, e la signora Bennet si rivela decisa a servire due portate. Potrebbe sembrare una soluzione modesta, al ribasso, che cozza con le sue pretese di grandeur: in realtà, una portata singola nel periodo georgiano arriva ad occupare l’intero tavolo, in un tripudio di zuppe, pesce, arrosti, torte, fricassee, ragù. Può essere seguita da una seconda portata di dolce e salato e dal dessert (frutta, frutta secca e sweetmeats, per i quali non serve un cambio di coperto). Non si tratta ovviamente di una modesta cena in famiglia, che avrebbe più verosimilmente un’unica portata: la struttura della cena ha un valore allusivo – come spesso succede con le scene di cibo nei romanzi della Austen – e riflette le mire espansionistiche di mamma Bennet, decisa ad avere Bingley come cognato a qualsiasi costo, anche quello di far beccare alla sua primogenita, la bella Jane, un brutto raffreddore pur di far sì che venga ospitata a casa dell’amato. La cena a casa Bennet riassume quelle che sono le patate bollenti della perfetta ospite georgiana: fare bella figura con i vicini più altolocati, stabilire la propria posizione sociale servendo selvaggina e cacciagione, le pietanze dei signorotti della gentry, e introdurre una nota di raffinatezza facendo l’occhiolino ai cuochi e alle pietanze francesi.

      Sempre in Orgoglio e pregiudizio compare una misteriosa zuppa bianca, una pietanza apparentemente laboriosa e di lunga preparazione (Bingley, in procinto di organizzare un ballo a Netherfield, affida la tempistica alla preparazione della zuppa bianca della sua governante, la signora Nicholls; solo quando quest’ultima avrà preparato zuppa a sufficienza Bingley potrà mandare gli inviti). La zuppa bianca ha posto non pochi grattacapi ai traduttori del romanzo, a partire dalla prima traduzione di Giulio Caprin del 1932, dove la Nicholls diventa Nicolò e la zuppa la sua barba bianca. Vi rimando a questo articolo di Giuseppe Ierolli per le ulteriori peripezie della zuppa bianca nelle varie traduzioni del romanzo.

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      White soup  – Photo credits Il Cavoletto di Bruxelles

      Emma è il romanzo che contiene maggiori riferimenti al cibo, che assume anche una funzione di coesione sociale all’interno della comunità in cui la protagonista vive. Offrire cibo a chi ne ha più bisogno è l’atto di carità cristiana più naturale ed immediato, l’elemento che avvicina le famiglie più abbienti a quelle bisognose: la condivisione diventa così uno dei motori che tengono insieme il tessuto sociale dell’universo dei romanzi austeniani.

      Le due signorine Bates, probabilmente i personaggi meno abbienti descritti dalla Austen, ricevono, cucinano e condividono vettovaglie con una gratitudine e una generosità tale che il loro amore per il cibo arriva incensurato al lettore. Sono estasiate oltre ogni dire quando il signor Woodhouse regala loro un pezzo di maiale o Knightley le omaggia di un sacco di mele; commentano con eccitazione i diversi modi in cui hanno intenzione di cucinare il maiale e condividerlo con i vicini, e cercano una soluzione per usare le mele in modo tale da stuzzicare il capriccioso appetito dell’elusiva nipote, Jane Fairfax.

      Le due signorine non possiedono un forno, quindi mandano pane e torte a cuocere da Mrs Wallis, la panettiera del vicinato.

      La frutta è uno dei simboli più forti nei romanzi della Austen, emblema di prosperità e di felicità per le sue eroine – basti pensare alla frutta in serra di cui Elizabeth godrà a Pemberley, alle fragole di Knightley a Downell Abbey, alla frutta secca presente in abbondanza nella torta nuziale della novella signora Weston, che pone all’ipocondriaco padre di Emma il dilemma della sua difficile digestione; la stessa Jane scrive alla sorella Cassandra nell’ottobre 1815 “good apple pies are a considerable part of our domestic happiness”, le torte di mele sono un elemento integrante della felicità domestica: e come darle torto?

      Se tutto questo parlare di cibo vi ha messo fame e volete cimentarvi a preparare alcune pietanze in salsa Regency, ecco due ricette gentilmente offerte da Sigrid de Il Cavoletto di Bruxelles, che per l’occasione ha indossato crinoline e cuffietta e ha ricreato in cucina lo spirito dei romanzi di zia Jane, scattando anche tutte le foto presenti nel post.

      Correte a indossare le vostre toelette migliori, e buon appetito!

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      Sally Lunn Buns – Photo credits Il Cavoletto di Bruxelles

      Sally Lunn Buns

      Questi panini, che sono un delicato incrocio fra panino e brioche, eterei a sufficienza per sposarsi con burro e marmellata senza che l’insieme risulti altro che delizioso e leggero, a quanto pare arrivano da Bath, UK, dove li avrebbe sfornati per prima una fornaia francese, Solange Luyon. Contrariamente alle classiche brioche francesi, l’impasto delle Sally Lunn non è appesantito o arricchito con tanto burro, contiene invece della panna, che rende i panini più golosi e ricchi del pane classico, ma in un modo diciamo discreto e appena percettibile. Ho realizzato questi panini utilizzando la Pasta madre, riporto qui sotto entrambi i procedimenti, sia per il lievito di birra che per la lievitazione naturale.

      Per 12 panini

      farina 00 225g

      farina manitoba (o 00) 225g

      panna fresca 280ml

      uova 2

      zucchero 2 cucchiai

      sale 1 cucchiaino

      lievito di birra granulare 7g

      vaniglia macinata mezzo cucchiaino

      1 tuorlo e poco latte per spennellare

      1. Se usate il lievito di birra a cubetto scioglietelo nella panna che tiepida. Mescolare la farina con il lievito granulare, la vaniglia, il sale e lo zucchero. Versare, in mezzo, le uova e la panna, e impastare per circa 6-8 minuti o finché l’impasto sia elastico e morbido (se risulta troppo secco, aggiungete un goccio di acqua, troppo colloso, aggiungete poca farina). Formare una palla, coprire con della pellicola e lasciar lievitare in luogo tiepido per circa 2 ore.
      2. Riprendere l’impasto, dividerlo in 12 porzioni, formare dei panini tondi e sistemarli su una teglia da forno rivestita con carta forno, lasciando circa 10cm fra un panino e l’altro. Spenellare con il tuorlo sbattuto con del latte, e lasciar riposare per 45 minuti.
      3. Infornare a 200° e lasciar cuocere per 12-15 minuti o finché i panini saranno ben dorati. Sfornare e lasciar raffreddare su una griglia. Servire a temperatura ambiente, con abbondante burro o clotted cream e marmellata.

      Per la versione con il lievito madre:

      Lievito madre (100% idratazione) 230g

      farina 00 175g

      farina manitoba (o 00)175g

      panna fresca 155ml

      uova 2

      zucchero 2 cucchiai

      sale 1 cucchiaino

      vaniglia macinata mezzo cucchiaino

      1 tuorlo e poco latte per spennellare

      1. Mescolare le farine con la vaniglia, lo zucchero e il sale, aggiungere le uova, il lievito madre e la panna tiepida. Impastare per 6-8 minuti o finché l’impasto sia elastico e morbido (se risulta troppo secco, aggiungete un goccio di acqua, troppo colloso, aggiungete poca farina). Formare una palla, sistemarla in una ciotola di ceramica, coprire con della pellicola e lasciar lievitare a temperatura ambiente per circa 2 ore. Trasferire in frigorifero e lasciar riposare per 12 ore.
      2. Riprendere l’impasto, dividerlo in 12 porzioni, formare dei panini tondi e sistemarli su una teglia da forno rivestita con carta forno, lasciando circa 10cm fra un panino e l’altro. Spenellare con il tuorlo sbattuto con del latte, e lasciar riposare per 4-5 ore.
      3. Infornare a 200° e lasciar cuocere per 12-15 minuti o finché i panini saranno ben dorati. Sfornare e lasciar raffreddare su una griglia. Servire a temperatura ambiente, con abbondante burro o clotted cream e marmellata.
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      Sally Lunn Buns – Photo credits Il Cavoletto di Bruxelles

      White soup

      Di base ho usata la ricetta del Telegraph, con qualche piccola modifica.

      Pensavo di ammodernare il tutto usando del brodo pronto fino a quando ho capito che lo charme e nutrimenti di questa zuppa proviene proprio dal brodo fatto in casa, quindi alla fine, per quanto possa sembrare lungo e noioso (nemmeno tanto in realtà), il brodo di carne va fatto dal principio. L’altra piccola modifica che ho apportata è che invece di legare la zuppa con del pane, ho usato della brioche (questo perché mi piaceva molto l’idea del contrasto fra il brodo ricco e sostanzioso, e poi le aggiunte cremose e dolci (panna, mandorle) che si fanno prima di servirlo. Ho resistito, contrariamente alle indicazioni del Telegraph, a rimettere la carne bollita nella zuppa: non credo che all’epoca si fosse fatto, credo che il punto di questa zuppa sia proprio di sembrare delicata e sensibile ma di avere nel contempo una robusta sostanza nascosta (molte proprietà nutrienti della carne si trovano ormai nel brodo) quindi aggiungerci la polpa bollita sembrava cosa rozza da fare (puoi invece usare la carne, tritata con pane, uova, patate bollite, formaggio e buccia di limone per fare delle ottime polpette di bollito alla romana ;)) Nell’insieme, zuppa gradevole e elegante, una bella scoperta, grazie Jane! 😉

      Polpa di vitello 400g

      pancetta 50g

      sedano 2 coste

      cipolla 1

      carote 2

      grani di pepe 10

      un cucchiaio di sale

      un mazzetto di erbe fresche (ho usato origano, salvia, timo e alloro)

      Tagliare tutti gli ingredienti grossolanamente, sistemarli dentro una pentola capiente, coprire con dell’acqua fredda, poi portare a ebollizione. Lasciar sobbollire il brodo per 2 ore circa, poi filtrare il tutto, mettere da parte la carne di vitello e buttare il resto. Lasciar riposare il brodo al fresco per una notte.

      Mandorle spellate 100g

      brioche 2 fette

      panna 3dl

      tuorlo 1

      Il giorno dopo, togliere le eventuali impurità in superficie del brodo. Versarlo dentro una pentole, aggiungere le mandorle e la brioche, e portare a abolizione. Lasciar cuocere piano per 30 minuti. Frullare con il frullatore a immersione, poi filtrare di nuovo in modo da eliminare le mandorle e il pane non sciolto. Riversare nella pentola e portare a ebollizione. Poi, a fiamma bassissima, aggiungere la panna nella quale avrete sciolto il tuorlo, mescolare con un cucchiaio di legno per qualche minuto, senza far bollire. Spegnere, aggiustare sale e pepe, e servire subito.

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      White soup – Photo credits Il Cavoletto di Bruxelles

       

      Per saperne di più

      • Il cibo nel mondo di Jane Austen, Mara Barbuni, Jane Austen Society of Italy
      • Un santo innevato?No, una governante ai fornelli, Giuseppe Ierolli, I libri in testa
      • Dinner With Mr. Darcy: Recipes Inspired by the Novels of Jane Austen, Pen Vogler, Cima Books
      Posted in Letteratura e dintorni | 5 Comments | Tagged Cassandra Austen, Dinner with Mr Darcy, Elizabeth Bennet, Emma, Il cavoletto di Bruxelles, Jane Austen, Janeite, Mansfield Park, Mara Barbuni, Martha Lloyd, northanger abbey, orgoglio e pregiudizio, Pen Vogler, pride and prejudice, ricette letterarie, Sigrid Verbert
    • Il Calendario dell’Avvento Letterario#16: un Natale Regency con Jane Austen

      Posted at 11:50 am12 by ophelinhap, on December 16, 2015

      bannervale

      Questa casella, aperta da me medesima, è dedicata a Jane Austen, nata il 16 dicembre 1775, e corredata da una strenna gastro-letteraria offerta da Sigrid de Il cavoletto di Bruxelles.

      janefruitcake

      Inghilterra, fine XVIII secolo: dopo l’embargo del Natale imposto dai Puritani, si ricomincia a festeggiare la stagione dell’agrifoglio e dello Yule, il ceppo natalizio messo ad ardere nel caminetto la notte di Natale.
      Prima dell’epoca Regency non era stata certo the season to be jolly, la stagione dell’allegria, come predica un famoso Christmas carol: nel 1644, Oliver Cromwell aveva deciso di bandire il Natale, sostenendo che favoriva piaceri dei sensi e della carne in grado di obnubilare l’essenza religiosa della festività. I Puritani, in generale, non amavano il Natale perchè lo associavano alla chiesa di Roma, e sostenevano che nelle Sacre Scritture non ci fosse alcuna menzione del 25 dicembre: si trattava semplicemente di un tentativo della chiesa cattolica di incorporare la festività pagana del solstizio d’inverno, svuotandola della sua valenza profana e attribuendogliene una sacra, incoraggiando al tempo stesso i fedeli agli eccessi. I canti di Natale erano stati proibiti, e chiunque si fosse azzardato a cucinare un’oca, una torta o un pudding natalizio sarebbe stato punito con la confisca del bene incriminato e multe salate.

      Fortunatamente, Jane Austen e sua sorella Cassandra vivono nell’era georgiana (1714 – 1830), ben più liberale e permissiva nei confronti del Natale. Il periodo georgiano prende il nome dal primo dei  quatto Hannover ad essere insignito della corona reale in suolo britannico, George I. Il periodo della reggenza degli Hannover, da George I a George IV, viene per l’appunto chiamato regency. E, parlando di Regency, si parla di Jane Austen quasi per antonomasia, identificando il momento storico con la pubblicazione e diffusione dei suoi romanzi, che a loro volta definiscono canoni di abbigliamento e di comportamento che diventeranno tratti essenziali dello stesso periodo regency.

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      Jane e Cassandra, come le altre ragazze dell’epoca, decorano la loro casa (il rettorato di Steventon) di agrifoglio, alloro, rosmarino ed edera. Anche la frutta fresca – specie arance, mele e limoni – viene usata per decorare, sia per il suo profumo, sia come indicatore dello status sociale della famiglia, in grado di permettersi frutta fuori stagione o addirittura in possesso di una serra riscaldata. Si inizia a decorare la casa il giorno della vigilia di Natale: farlo prima porta male.

      kissing bough

      georgian dining room

      A Natale iniziano i dodici giorni di Natale (vi ricordate il Christmas carol di cui vi parlavo qualche casella fa?), che culminano nella Twelfth night, la dodicesima notte, che celebra l’arrivo dell’Epifania. Dalle sue lettere, sappiamo che Jane Austen festeggiava i dodici giorni di Natale: un turbinio di giochi, come sciarade e tableaux vivants (rappresentazioni di quadri viventi), balli e pietanze tipicamente natalizie, come le mince pies (la cui origine risale addirittura all’epoca delle Crociate) nella variante con e senza carne, la Twelfth Night cake, un sacco di punch diversi e l’immancabile Christmas pudding, di cui torneremo a parlare più tardi.

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      Ogni famiglia si prepara a ricevere un flusso costante di ospiti: in particolare, giovani in età da matrimonio – o quantomeno da fidanzamento – di ritorno da università, rettorati, reggimenti, navi della marina inglese. Così il Natale regency, oltre ad essere la stagione della gioia, dei balli e dell’agrifoglio, diventa la stagione del match-making: è il momento di sistemare quelle fanciulle in età da marito che rischiano di vedersi condannate a una vita solitaria di zitelle dai mezzi limitati (ad essere sinceri, quello che sembra più preoccupare le fanciulle dell’epoca è la mancanza di mezzi più che la mancanza di marito. Erano delle Bridget Jones in crinoline e mussoline, insomma).

      The mistletoe or Christmas gambols, c1796 British Museum 1884

      The mistletoe or Christmas gambols, c1796 British Museum 1884

      Il Natale del 1795 è particolarmente significativo per Jane Austen: a vent’anni si innamora per la prima volta, e si ritrova per la prima volta col cuore spezzato (ironico come le due cose tendano ad andare insieme…)
      L’oggetto della sua infatuazione è il giovane, affascinante Thomas Langlois Lefroy, di origini irlandesi, studente di legge, venuto in Inghilterra a trascorrere il Natale con sua zia, Madam Lefroy.

      Tom Lefroy
      Jane è giovane, carina, fresca, entusiasta, vivace, molto più disinibita, impulsiva e incline al flirt di quello che si potrebbe pensare.
      Claire Tomalin, autrice della biografia Jane Austen: A Life, scrive della Austen:
      “(Jane) was already greatly admired among the many gentlemen of the neighborhood, and it was to become a moot point with her whether flirtation or novel-writing afforded her greater delight. On the whole, she rather inclined to believe that it must be flirtation…”
      (Jane era già oggetto dell’ammirazione di molti gentiluomini dei dintorni, tanto che viene  da chiedersi se lei stessa traesse più piacere dai flirt o dalla scrittura. Nel complesso, propendeva per il flirt…)

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      Galeotti sono i balli, che a Natale sono più numerosi che mai e offrono intrattenimento alla gentry di campagna e ai loro ospiti. I balli sono una delle poche occasioni in cui si può parlare privatamente con persone dell’altro sesso, complici il rumore e la confusione di sale affollate e una prossimità fisica più unica che rara. Ci sono comunque tutta una serie di norme sociali da rispettare: non si può danzare con una fanciulla che non si conosce senza prima aver chiesto di essere presentati; ballare con uno sconosciuto può portare una ragazza alla rovina sociale; se una ragazza rifiuta di ballare con qualcuno che non le garba, deve rifiutare di ballare con tutti gli altri (per questo, in Orgoglio e pregiudizio, Elizabeth Bennet acconsente alla richiesta dell’odioso cugino Collins, che la prenota per due danze –  il numero massimo di balli concesssi con lo stesso partner).

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      A vent’anni, Jane adora i balli; segue le ultime mode e tendenze in fatto di abbigliamento e capigliature ed è instancabile, vantandosi con la sorella Cassandra di aver danzato venti balli di fila, senza fermarsi nè stancarsi. Jane e Tom flirtano apertamente nelle sale da ballo – e non solo – attirando l’attenzione di tutti e diventando oggetto di pettegolezzi e preoccupazioni per le rispettive famiglie. Jane sa che il soggiorno di Tom nello Hampshire è limitato nel tempo: ma ha deciso di innamorarsi, e niente riesce a farla desistere dal suo proposito, nemmeno la mancanza di prospettive  concrete dei due innamorati.

      Jane sembra convinta dell’affetto e delle costanza del suo innamorato, tanto da scrivere alla sorella Cassandra – che la rimprovera per la sua imprudenza – di aspettarsi una proposta di matrimonio da Tom nel corso dell’ultimo ballo a cui avrebbero partecipato tutti e due, ad Ashe. Le preannuncia, scherzosamente, che ha intenzione di rifiutare, a meno che lui non riununci ad indossare un cappotto bianco, per via del quale Jane l’ha preso in giro più volte.
      Tuttavia, il ballo tanto atteso, nei confronti del quale Jane ha nutrito tante speranze, è destinato a spezzarle il cuore: Tom non vi parteciperà, costretto dalla sua famiglia a partire immediatamente per  Londra per evitare i danni e le conseguenze di un fidanzamento tra due giovani quasi del tutto sprovvisti di mezzi. La famiglia di Tom era povera, la sua istruzione era pagata da un vecchio zio benestante; la stessa Jane non aveva di certo una dote che potesse permetterle di sposarsi per amore.
      I due sono destinati a non rivedersi mai più. Lo stesso fatidico venerdì del ballo rovinato, del fidanzamento mancato, Jane scrive alla sorella Cassandra:
      “At lenght the day is come on which I have to flirt my last with Tom Lefroy, and when you receive this it will be over. My tears flow as I write at the melancholy idea”
      (Alla fine è giunto il giorno che ha messo termine al mio flirt con Tom Lefroy, e, quando riceverai questa mia lettera, tutto sarà già finito. Alla sola idea, lacrime di malinconia scorrono copiose mentre scrivo).

      Dal film

      Dal film “Becoming Jane”

      Da quel famigerato Natale del 1795, Jane porta con sé l’amara consapevolezza della vulnerabilità, del desiderio, della passione amorosa, delle farfalle nello stomaco, della speranza, del dolore della perdita. Scrive Michiko Kakutani, celeberrimo e temuto critico del New York Times:

      “No doubt the disappointment of this love affair galvanized feelings of vulnerability and defensiveness that Austen felt as a child. It was in the months after Lefroy’s departure from Hampshire that Austen turned incresingly to writing”.
      (Non c’è dubbio che la delusione amorosa abbia galvanizzato un senso di vulnerabilità e impotenza che la Austen nutriva fin da piccola. Proprio nei mesi successivi alla partenza di Lefroy dallo Hampshire, la Austen si dedica sempre di più alla scrittura).

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      Jane è stata bruciata: ha amato ed è stata lasciata, senza nemmeno poter vedere Tom un’ultima volta, senza nemmeno dirgli addio. Se lui chiama la prima figlia Jane Christmas Lefroy, lei trasforma passione amorosa e dolore in grande letteratura, condendo il tutto di una buona dose delle sua inimitabile ironia.

      Mi piace pensare che il cuore spezzato di Jane abbia trovato sollievo tra le braccia dell’amata sorella Cassandra e quelle materne. Mi piace pensare che Jane sia stata assorbita dai preparativi degli ultimi giorni delle festività natalizie, e abbia preferito essere attiva, scendendo ad aiutare in cucina, magari preparando il bread pudding di mamma Austen, che oggi potete provare a preparare anche voi, grazie a Sigrid de Il cavoletto di Bruxelles . Sigrid, ispirandosi a questa ricetta in versi di mamma Austen, ha ricreato la sua propria variante di bread pudding con un twist à la cavoletto.
      La ricetta e le foto che seguono sono opera delle manine, della cucina e della macchina fotografica di Sigrid.

      Il bread pudding di Mrs Austen

      brioche del giorno dopo 420g
      latte 500ml
      burro 100g
      uvetta di Corinto 100g
      zucchero 100d
      tuorli 3
      acqua di rosa 3 cucchiai
      cardamomo macinato mezzo cucchiaino
      chiodi di garofano 3
      noce moscata una grattugiata
      una bustina di tè nero

      1. Preparare una tazza di tè, versarla sull’uvetta e lasciare in ammollo per 10 minuti.
      2. Tagliare la brioche a cubetti e versarli in una teglia da forno.
      3. Portare il latte a ebollizione insieme al cardamomo e ai chiodi di garofano.
      4. Preparare una crema inglese: sbattere i tuorli con lo zucchero, fino a ottenere un composto di color chiaro. Versarci sopra il latte (dal quale avrete tolto i chiodi di garofano), mescolare bene con la frusta, poi riversare il tutto nel pentolino del latte e mescolare con un cucchiaio di legna a fuoco basso (attenzione, il composto non deve bollire) fino a quando la crema si sarà leggermente addensata. Spegnere, incorporare il burro tagliato a pezzettini, l’acqua di rosa e la noce moscata.
      5. Scolare l’uvetta e mescolarla con i dadini di brioche. Versare la crema profumata sui dadini di brioche, coprire e lasciar riposare per un paio d’ore o una notte intera.
      6. Infornare il tutto a 180°C per circa 50 minuti o fino a quando si forma una crosticina in superficie. Servire tiepido, cosparso di zucchero a velo.

      breadpudding1_s (2)

      breadpudding3_s (2)

      breadpudding2_s (2)

      Soundtrack: Deck the halls, un altro dei miei Christmas carols preferiti (deck the halls with boughs of holly, tis the season to be jolly)

      Per saperne di più:

      A Jane Austen Christmas: Celebrating the Season of Romance, Ribbons and Mistletoe, Carlo De Vito

      Bonus extra: un’infografica sul Natale inglese

      anglotopia-christmas-infographic1.png

      Posted in Letteratura e dintorni | 13 Comments | Tagged #AvventoLetterario, A Jane Austen Christmas, Anglofilia, Ashe, Becoming Jane, bread pudding, Bridget Jones, Carlo Devito, Cassandra Austen, christmas carols, Christmas pudding, Claire Tomalin, Crociate, Deck the halls, Elizabeth Bennet, era georgiana, Hampshire, Hannover, i dodici giorni di Natale, il bread pudding di Mrs Austen, Il Calendario dell'Avvento Letterario, Il cavoletto di Bruxelles, Jane Austen, Jane Austen: a life, ma dove vai se l'infografica non ce l'hai, Madam Lefroy, Michiko Kakutani, Mr Collins, Natale 1795, Natale inglese, New York Times, Oliver Cromwell, orgoglio e pregiudizio, Puritani, Regency, sciarade, Sigrid Verbert, Steventon, Thomas Langlois Lefroy, tis the season to be jolly, Twelfth night, Twelfth Night cake, Twelve nights of Christmas, Yule
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