Questa casella è scritta e aperta da Manuela di Parole senza rimedi
(Riflessioni sparse sul Natale nelle poesie di Valerio Magrelli e Vivian Lamarque.)
Si avvicina il Natale, di nuovo. E con lui, spesso, oltre alle luci e ai regali, il carico di un anno difficile, abbastanza pesante, gonfio di cambiamenti e di ricordi da archiviare.
Di scadenze che, spesso, non si possono evitare.
Nonostante, di solito, si aspettino con gioia i giorni delle feste, penso altresì che questi siano il luogo in cui, con frequenza, emergono le ansie per i progetti da portare a termine, per quelli ormai da abbandonare e si facciano sentire in modo più forte le assenze.
Ecco, la pars destruens del calendario dell’avvento letterario è arrivata, anche quest’anno.
Probabilmente sto invecchiando, o il mio spirito da guastafeste natalizia si fa sentire come un campanello al cui appuntamento non posso sottrarmi.
Quest’anno avrei voluto trovare una poesia, qualche cosa che potesse riassumere che cosa è per me il Natale. Ho trovato molti spunti, soprattutto in due autori che amo, Valerio Magrelli e Vivian Lamarque, molto diversi tra di loro, che interpretano il senso del Natale in modo per me molto significativo.
L’altro giorno, mentre cercavo tra i miei libri un foglio irrimediabilmente perduto, mi è venuta tra le mani una raccolta di poesie di Valerio Magrelli a cui sono molto affezionata, dal titolo “Il sangue amaro”, in cui c’è un componimento dedicato, appunto, al Natale e alle scadenze, all’emergere del tragico quotidiano proprio in vista delle feste imminenti.
“Natale, credo, scada il bollino blu
del motorino, il canone URAR TV,
poi l’ IMU e in più il secondo
acconto IRPEF – o era INRI?
La password, il codice utente, PIN e PUK
sono le nostre dolcissime metastasi.
Ciò è bene, perché io amo i contributi,
l’anestesia, l’anagrafe telematica,
ma sento che qualcosa è andato perso
e insieme che il dolore mi è rimasto
mentre mi prende acuta nostalgia
per una forma di vita estinta: la mia.”
In questa poesia, l’autore, con ironia tagliente, ricorda quanto le scadenze e i codici caratterizzino la nostra vita contemporanea, la chiudano in un orizzonte spesso cieco e alienante, quanto siano ancora più sentiti quando il Natale si avvicina.
La festa è lo scenario di una fitta rete di incombenze, in un tempo che scorre veloce.
Un’attesa e una scadenza, più dolci, ma con un fondo quasi amaro, sono rappresentate anche in una poesia di Vivian Lamarque, in cui la ricorrenza si trasforma in una speranza d’amore che potrebbe rivelarsi illusoria. Il Natale, in questo caso, è il limite temporale dell’esperienza di cura e conservazione dell’amata da parte dell’uomo che ama.
“Tienimi ancora un po’ preziosa
mangiami
a Natale.”
Questo “mangiami | a Natale” racchiude una tenerezza che, nella semplicità tipica della poetessa, risulta quasi struggente, come i desideri più elementari. Un’attesa e un’offerta di sé che sembrano rivelare una probabile assenza.
La stessa Lamarque affronterà il tema delle feste natalizie in altri componimenti, in cui emergerà il senso di pungente malinconia, lieve come neve. In “Camposanto”, infatti, si legge:
“[…] la neve imbianchina
medicava il cuore
e la sua spina.
(fa rima Natale
anche con male?)”
La “spina”, ecco, appare una sorta di pungente malessere, un tormento, relativo ai conti con l’esistenza che sembrano non tornare, nel giro di boa delle feste e del nuovo anno che arriva, insolente. Forse solo la neve la può curare, regalando lo stupore ad un Natale che, tuttavia, fa sempre rima con “male”.
Se per Magrelli il Natale rappresenta soprattutto la scadenza del bollino blu, del Canone Rai e altre incombenze burocratiche, in un capovolgimento radicale della sacralità della festa – ricordiamo anche un’altra poesia dal titolo emblematico “Babbo Natale gnostico”, in cui Dio è debole e impotente di fronte alle tragedie della vita umana “Quest’anno il bambinello non ha portato doni, | ma ci ha portato via un ragazzo dolce, appena di vent’anni | ucciso da un pirata della strada.”- per Vivian Lamarque nella festa si legge sempre lo scacco di una realtà dolce e amara, in cui la sconfitta assume, però, la semplicità della filastrocca.
In “Inverno” si legge:
”- Le provviste sono già finite!
– Hai calcolato male il giorno di Natale”.
(dialogo tra due formiche)
In “Regali di Natale”, inoltre, emerge prepotente il senso della distanza di un amore lontano, proibito, con ironica consapevolezza e l’ennesimo riferimento all’amata che si offre come cibo all’amante, irrimediabilmente, volutamente, distante.
“Per Natale ti faccio i seguenti regali due punti
caramelle svizzere per quando hai la tosse forte da far paura
che non mangerai mai
filtri per quando fumi che butterai dalla finestra
un bicchiere piccolo per bere di meno figuriamoci
dei gettoni per telefonarmi una sera da un bar
una bugia di terracotta per quando avremo buio
una piccola spada perchè sei il mio amore pericoloso
e poi anche un pezzetto di me quale vuoi?”
In tutti e due gli autori il Natale è il luogo in cui non è possibile trovare soluzioni definitive, rimedi assoluti, alla propria nostalgia e al senso di smarrimento.
Tuttavia, in entrambi i casi, proprio il senso della fragilità dell’uomo è la scintilla che genera il canto.
Ancora Magrelli in “Babbo Natale gnostico”, con una struggente disillusione, quasi cinica, spegne la speranza di un Natale salvifico:
“Sta’ nella mangiatoia, accùcciati su un fianco,
rimettiti a dormire, lascia perdere,
tanto lo sanno tutti, che ti aspetta la croce,
vittima, tu medesimo, di questa creazione malvagia
di cui sei lo smarrito spettatore, la preda
abbandonata sul ciglio di una curva.”
Lamarque, in “letterina di Natale”, immagina, invece, il capovolgimento dei ruoli, con Babbo Natale che scrive una letterina a tutti i bambini del mondo:
“[…] Cari bambini sono stato buono
proprio buono tutto l’anno
ecco l’elenco
l’elenco dei doni
grazie mille anticipate
ecco l’elenco
incominciate:
Uno sciroppo
in damigiana
ho tanta tosse
e le renne idem
cento litri di latte
e cento chili di fieno
e uno scatolone di medicine
per quando ho la febbre
a trentanove
e non posso uscire
che nevica o piove.
Degli stivali
mi raccomando rossi
e un berretto nuovo
e… ccì! eccì!
e un chilometro di fazzoletti
e anche un nuovo dvd.
Ma come?
E niente a noi?
«Per quest’anno
faremo il contrario
siete d’accordo?
Non c’è avere senza dare
per un anno si può fare…»”
L’esistenza non è un luogo sicuro e le feste, spesso, ne illuminano crepe e imperfezioni. Ma lasciano anche la scia di parole meravigliose che si fanno poesia e che vi regalo, per questo Natale.
Tenetele strette.
Tanti auguri a tutti.
Bibliografia:
Valerio Magrelli, Il sangue amaro, Einaudi, Torino, 2014.
Vivian Lamarque, Poesie 1972-2002, Mondadori, Milano, 2002.
Vivian Lamarque, Poesie di dicembre, con illustrazioni di Alessandro Sanna, Emme Edizioni, 2010
One thought on “Il Calendario dell’Avvento letterario #18: il Natale è una spina”
Johnf982
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