Vedere il Cielo d’estate è Poesia
Anche se in nessun libro puoi trovarlo
Le poesie vere fuggono
scriveva Emily Dickinson, illustrando meravigliosamente la natura schiva della poesia, che elude chi non la cerca senza pregiudizi, col cuore e la mente aperta, l’anima nuda, gli occhi chiusi. Leggere una poesia significa abbandonarsi con fiducia a un flusso di parole che custodiscono significati nascosti, a immagini magiche, mitiche, nelle quali quasi tutto è un’altra cosa.
Non per niente, Federico García Lorca scriveva che la poesia non cerca adepti, ma amanti.
Come con ogni amante che si rispetti, il mio rapporto con la poesia non è mai stato semplice, né uguale a se stesso: ma l’intensità non è mai variata. Forse per questo sentire che così tanti lettori evitano la poesia come la peste bubbonica, spesso in base a cattive esperienze in età scolastica, mi rattrista enormemente. Nel tempo ho raccolto un po’ di pregiudizi tra i più comuni, che mi piacerebbe provare ad analizzare, e, ove possibile, a sfatare. Pronti? Via.
1. La poesia è snob ed elitaria
La poesia è accessibile a tutti, perché soddisfa un tipo di sete che altre forme di letteratura, o di arte in senso lato, non riescono ad estinguere. Tocca corde sensibili, sazia quel bisogno di conferme, quel sentirsi parte di qualcosa, un uno universale, ma non unico, bensì multiforme, poliedrico, dai molti splendori e sfaccettature. La poesia abbraccia un concetto di umanità secondo il quale nessun uomo è un’isola, e quando suona la campana suona per tutti, e un pezzo di questo unicum muore, per dirla con John Donne – visto che grande fetta del nostro immaginario collettivo, dei nostri modi di dire deriva dalla poesia e non dalla prosa? Un’ulteriore riprova del fatto che Calliope, Erato ed Euterpe – muse della poesia epica, della poesia amorosa e della poesia lirica- non sono poi così distanti dai comuni mortali.
La poesia aiuta a non sentirsi soli, a rendersi conto che qualcuno è già stato lì prima di noi, ha vissuto le stesse cose, si è sentito nello stesso modo. Stati d’animo ed esperienze non sono isolate, ma parte armonica di una trama che contribuisce a rendere il particolare universale.
2. La poesia non vende
Probabilmente è anche vero, ma non è un motivo per smettere di pubblicarla, no?
Se acquistassimo tutti le stesse cose, leggessimo esattamente gli stessi libri (ah, le mode) e iniziassimo a pensarla allo stesso modo, su tutto, il mondo sarebbe un posto infinitamente meno interessante.
3.La poesia è inutile
Ne siete ancora convinti? Andate e rileggere il punto 1) e un vecchio post sull’utilità della poesia.
La mia personalissima esperienza è che la poesia ha una funzione consolatoria, alla quale non sempre la prosa riesce ad assurgere. Nel periodo un po’ complicato che sto vivendo, che giustifica la mia latitanza dal blog e dai social media, mi rifugio spesso e volentieri tra i versi, e mi fa un gran bene
4. La poesia è difficile
Può esserlo anche la prosa. E, comunque, spesso le cose più belle sono le più difficili.
Oltre la metrica, oltre lo stile, oltre le infrastrutture, oltre il suo “abito” più o meno pesante, più o meno intricato, la poesia si presenta nuda, semplice, schietta agli occhi del lettore, offrendogli verità individuali e universali.
4. La poesia è per depressi
Surreale ma vero, me lo sono sentito ripetere più e più volte. Rieccheggia nelle mie orecchie quel giocherellone di Gozzano ne La Signorina Felicita, ovvero la Felicità:
Oh! questa vita sterile, di sogno!
Meglio la vita ruvida concreta
del buon mercante inteso alla moneta,
meglio andare sferzati dal bisogno,
ma vivere di vita! Io mi vergogno,
sì, mi vergogno d’essere un poeta!
E penso ai versi pieni di vita e di passione di Pablo Neruda, alle linee di luna e ai sentieri di mela, alla notte azzurra di Cuba e ai rampicanti di stelle tra i capelli.
E mi vengono in mente alcune poesie di ee cummings, i suoi versi giocosi, i suoi elefanti, uccelli e alberi, le sue metafore ardite, la sua celebrazione della vita e di quel sì che è la chiave di un mondo di parole arricciate. E i gatti e i libri sempre aperti a metà di Wislawa Szymborska, i ragazzi che si amano di Jacques Prévert, la speranza piumata e i poeti che accendono lampade di Emily Dickinson.
E resto in ammirata soggezione davanti all’incanto e alla meraviglia della poesia, antica come il mondo e sempre nuova, piena di significati cangiati, sempre diversi, che si adattano alla sensibilità e ai bisogni del lettore.
E ammiro sempre di più il coraggio spavaldo dei poeti, le loro timide rivoluzioni.
C’è bisogno di poesia, e c’è bisogno di silenzio.
C’è bisogno di lentezza, e di tempo.
C’è bisogno di aria, di luce naturale, di ricordarsi di respirare.
C’è bisogno di un posto da chiamare proprio.
Fortuna che c’è Wendell Berry coi suoi versi a ricordarcelo (potete leggere il testo originale qui).
Come essere un poeta
(un promemoria)
Trova un posto dove sederti.
Siediti. Osserva il silenzio.
Affidati con fiducia
agli affetti, alle letture, alle conoscenze
alle capacità – più di quelle che possiedi –
all’ispirazione, al lavoro, alla maturità, alla pazienza,
perché la pazienza unisce tempo
ed eternità. Metti in dubbio il giudizio
dei lettori che amano le tue poesie.
Respira incondizionatamente
l’aria non condizionata.
Evita l’elettricità.
prenditi tempo per comunicare. Vivi
una vita a tre dimensioni;
rifuggi dagli schermi.
Sta’ lontano da tutto quello
che oscura il posto dove si trova.
Non ci sono luoghi profani;
ci sono solo luoghi sacri
e luoghi sconsacrati.
Accetta quello che arriva dal silenzio.
Cerca di trarne il meglio.
Di quelle semplici parole che provengono
dal silenzio, come preghiere
restituite a chi prega,
fanne una poesia che non disturbi
il silenzio da cui è arrivata.
Soundtrack: Pour toi mon amour, Thomas Fersen (dall’omonima poesia di Jacques Prévert)
7 thoughts on “What we talk about when we talk about poetry”
Silvia Maresca
Sono completamente d’accordo con te, spesso pochi versi riescono a lenire le ferite in un modo in cui pagine e pagine di prosa non potrebbero. Di poesia – ahimè – però in Italia si parla troppo poco, ed è un male perché, così facendo, ci si lascia sfuggire tanta bellezza.
Ad ogni modo, se non lo conosci, mi permetto di consigliarti “The anatomy of being” di Shinji Moon che è davvero splendido. Lei poi, nonostante sia giovanissima, ha un’abilità da fare invidia a tanti suoi colleghi più grandi, a mio parere!
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ophelinhap
Grazie del consiglio, se ne hai altri sono sempre benaccetti 🙂
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Alessandra
Bellissimo post sulla poesia e dintorni. E’ sempre piacevole passeggiare nelle tue pagine, perché hai quel raro dono di tradurre in parole tutte le emozioni che hai assorbito dalle letture. Tu spesso parli con il cuore, oltre che con il cervello, e non è cosa da poco. Ma lo sai che ho una gran voglia di leggermi la Szymborska? Mi frulla nella testa da un po’…
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ophelinhap
Grazie del bellissimo commento 🙂 La Szymborska ti piacerebbe, tanto. Un abbraccio
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Aldievel
In effetti non posso far altro che sottoscrivere il bel commento di Alessandra.
Un abbraccio! 🙂
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ophelinhap
Ciao Mik ☺️
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rosalbax
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