Gli amici di Libreriamo hanno lanciato un’iniziativa bella nella sua spontaneità e semplicità: una giornata dedicata all’amore per la lettura e per i libri, consacrata dall’hashtag#socialbookday.
In una società in cui (apparentemente) nessuno legge più, o nessuno compra più libri, qual è il peso ponderato della lettura? Qual è lo spazio che occupa nel nostro quotidiano?
Cosa rende un libro “bello?”
Lo stile in cui è scritto, il linguaggio, il coinvolgimento del lettore?
Il modo in cui la storia narrata si appiccica al lettore, e non lo molla, né durante né dopo la lettura?
Un livello di empatia tale da rendere immediata e inevitabile l’immedesimazione del lettore nel protagonista? O uno stile più distaccato, quasi scientifico, che permette al lettore di osservare la storia con algida obiettività?
Fortunatamente non ci sono indicatori che possano misurare e contenere la grandezza, la bellezza, il mistero, il segreto di un libro (vi ricordate la scena de L’attimo fuggente in cui John Keating/Robin Williams fa strappare a tutti gli studenti l’introduzione del libro di testo, che dà indicazioni su come misurare su due assi l’area totale della poesia per calcolarne l’autentica grandezza?)
La lettura è una delle esperienze più intime, private, personali. Si può recensire un libro, si può raccontarne la trama. Ancora meglio, si possono raccontare le impressioni che un libro ci regala, come ci ha fatto sentire mentre lo leggevamo, il sapore che ci ha lasciato in bocca. Tuttavia, resterà un’esperienza sempre personale, condivisibile fino a un certo punto, penetrabile fino ad alcuni strati, e sempre unica: basta rileggere un libro a un paio d’anni di distanza dalla prima volta per capire che, come non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume (Eraclito docet), non si può – o è estremamente difficile – rileggere un libro e sentirsi esattamente come la prima volta. Perché, negli anni, il lettore cambia, il lettore cresce, cambia la sua percezione del libro stesso.
Ma, fatti i libri, bisogna fare i lettori. Per me la lettura rimane una delle esperienze piu’ intime e personali, difficilmente condivisibili. Ogni lettore ha una sua esperienza, una sua storia, un suo percorso che l’ha portato ad amare un genere invece di un altro.
La mia storia da lettrice è molto semplice: un’esposizione alla lettura precoce e precocemente bovaristica 😉
Da piccola ho passato molto tempo con mia madre, costretta a casa da una gravidanza difficile. Tra un gioco e l’altro, mi raccontava storie. Mi leggeva storie. Mi faceva vedere i suoi libri. Me li faceva sistemare a mio capriccio.
Mi faceva vedere i suoi libri di scuola, i suoi quaderni, i suoi diari, qualche storia abbozzata quand’era ragazzina.
Si è aperto cosi’ un mondo nuovo per me, un mondo di possibilita’ infinite. Mia madre è tornata a lavorare, ma io avevo ormai scoperto la magia delle parole.
Le mie prime letture sono state molto…eclettiche ;): Il mago di Oz e Love Story, La piccola principessa e le poesie di Prevert, Pollyanna e il Diario de un poeta recien casado di Jimenez, Piccole donne e Cime tempestose.
Mi affascinava la poesia, quel suo essere fluida, sfuggente, piena di sottintesi e di immagini.
Mi piacevano le rime, mi piaceva imparare le poesie a memoria, recitarle mentre giocavo, o quando non riuscivo ad addormentarmi.
Mia madre adorava Leopardi,e io piangevo sul triste destino di Silvia (anche se mi era piuttosto oscuro). Lei mi raccontava del pessimismo energico, eroico di leopardi, che poi avrei scoperto ne La protesta di Walter Binni.
E poi c’era lui, IL LIBRO. Un’antologia che mia madre aveva usato da studentessa, Diverse voci (purtroppo non ricordo la casa editrice).
Aveva una copertina blu petrolio, le pagine ingiallite, un odore che mi faceva impazzire. Amavo leggere e rileggere i versi prima dell’introduzione (che poi avrei scoperto essere tratti dal Paradiso di Dante):
Diverse voci fanno dolci note;
cosí diversi scanni in nostra vita
rendon dolce armonia tra queste rote.
(PARADISO – CANTO SESTO vv. 121 e segg.)
Tutte quelle poesie – Signorina Felicita ovvero la felicita’ di Gozzano, La pioggia nel pineto di D’Annunzio, Funere mersit acerbo e Pianto antico di Carducci. Non capivo la meta’ delle cose che leggevo, ma quelle parole, quei versi mi incantavano.
Poi c’era la mia preferita, La tessitrice di Pascoli. La trovavo cosi’ drammaticamente bella. Il passo da li’ a Emma Bovary è stato facile J
Mi son seduto su la panchetta
come una volta … quanti anni fa?
Ella, come una volta, s’e’ stretta
su la panchetta.
E non il suono d’una parola;
solo un sorriso tutto pieta’.
La bianca mano lascia la spola.
Piango, e le dico: Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te?
Piange, e mi dice d’un cenno muto:
Come hai potuto?
Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a se’.
Muta la spola passa e ripassa.
Piango, e le chiedo: Perche’ non suona
dunque l’arguto pettine piu’?
Ella mi fissa timida e buona:
Perche’ non suona?
E piange, piange — Mio dolce amore,
non t’hanno detto? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.
Morta! Si’, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so:
in questa tela, sotto il cipresso,
accanto alfine ti dormiro’. —
Diverse voci è stata anche responsabile della mia infatuazione per il teatro, dopo la memorizzazione del monologo di Mirandolina in La locandiera:
Uh, che mai ha detto! L’eccellentissimo signor Marchese Arsura mi sposerebbe? Eppure, se mi volesse sposare, vi sarebbe una piccola difficoltà. Io non lo vorrei. Mi piace l’arrosto, e del fumo non so che farne. Se avessi sposati tutti quelli che hanno detto volermi, oh, avrei pure tanti mariti! Quanti arrivano a questa locanda, tutti di me s’innamorano, tutti mi fanno i cascamorti; e tanti e tanti mi esibiscono di sposarmi a dirittura. E questo signor Cavaliere, rustico come un orso, mi tratta sì bruscamente? Questi è il primo forestiere capitato alla mia locanda, il quale non abbia avuto piacere di trattare con me. Non dico che tutti in un salto s’abbiano a innamorare: ma disprezzarmi così? è una cosa che mi muove la bile terribilmente. É nemico delle donne? Non le può vedere? Povero pazzo! Non avrà ancora trovato quella che sappia fare. Ma la troverà. La troverà. E chi sa che non l’abbia trovata? Con questi per l’appunto mi ci metto di picca. Quei che mi corrono dietro, presto presto mi annoiano. La nobiltà non fa per me. La ricchezza la stimo e non la stimo. Tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne. A maritarmi non ci penso nemmeno; non ho bisogno di nessuno; vivo onestamente, e godo la mia libertà. Tratto con tutti, ma non m’innamoro mai di nessuno. Voglio burlarmi di tante caricature di amanti spasimati; e voglio usar tutta l’arte per vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che son nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura.
Ci sono stati tanti altri libri, tante altre storie, tante altre poesie. Ma nessuno ha mai eguagliato il mistero, la magia, il fascino, l’incanto di quelle parole, di quei versi e di quelle storie che hanno creato me, lettrice.
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Manuela, Lit-nerd, topo di biblioteca, bevitrice di Chablis. Il mio sogno è prendere un tè a casa di Jane Austen con Ofelia, Anna Karenina e Sylvia Plath e fare la groupie di Leonard Cohen. Credo fermamente negli eteronimi e in quella che Tabucchi definisce la “confederazione di anime”: per questo scrivo come Ophelinha Pequena, regina senza corona e senza regno degli amori impossibili e mai realizzati, eteronimo romantico e démodé che è stato definito, prendendo in prestito le parole di Churchill, “a riddle, wrapped in a mystery, inside an enigma” (un rebus, avvolto in un mistero, all’interno di un enigma). Ophelinha è una crasi tra l'Ophelia shakesperiana, sfortunata, ineffabile ninfa lacustre, e Ofélia Queiroz, eterna fidanzata e mai moglie di Fernando Pessoa.
Il titolo del blog è il verso di una bellissima canzone di Brian Eno, By this river.
Scrivo di letteratura, di poesia, di libri e di altre cose che mi passano per la testa, non necessariamente in quest'ordine. A volte scrivo poesie e racconti che sono farina del mio sacco (ma solo nei giorni pari), come lo sono le traduzioni, se non altrimenti indicato. Insonne cronica, sognatrice di professione, precaria per necessità, sono alla costante ricerca del mio Heimat, il mio posticino del mondo. Ho pubblicato con Errant Editions La ragazza del bar di Cuba e Femminili, singolari, due raccolte di racconti.
Potete contattarmi scrivendomi un'email a ophelinha.pequenaATgmail.com, oppure inviandomi un piccione viaggiatore. Quello che preferite, insomma. Ma, prima di farlo, sappiate che per me la vita e l'amore sono un grande romanzo russo. A vostro rischio e pericolo, insomma.
Per gli anglofili, scribacchio in Inglese su https://ophelinhap.wordpress.com/
4 thoughts on “#socialbookday, una giornata all’insegna dell’amore per la lettura”
Valentina M.
Il passo del Paradiso è molto bello ^-^
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Anonimo
E' bellissimo!!! Mi ha commosso, anche il riferimento a Diverse Voci. Ho l'illusione, per un pò, di non aver sbagliato tutto nella mia vita…
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