La ragazza del bar di Cuba ha lunghi capelli sciolti, schiariti dal sole, e piedi perennemente scalzi. Veste sempre di giallo, perché è il colore che indossava la prima volta che ha incontrato Lui.
Lui sa che è il suo colore preferito, ed è per questo che lei lo aspetta sempre vestita di giallo per essere pronta ad accoglierlo quando arriverà.
Perché Lui arriverà, gliel’ha promesso, ed arriverà per mare, è ovvio, perché ama l’amore dei marinai, che seminano promesse e vanno via.
Per questo lei lo aspetta lì, nel suo chioschetto sulla spiaggia, seduta sul suo alto sgabello, la lunga schiena scoperta ed abbronzata, e scruta il mare coi suoi occhi autunnali.
La ragazza aveva una vita, o perlomeno una sorta di esistenza. Aveva un lavoro – anche se non lo amava. Aveva un piccolo appartamento pieno di piante – che puntualmente riusciva a far morire – e di girasoli. Aveva un gatto, qualche amico, un gruppo di lettura, un corso di flamenco da seguire.
Fino a quella sera.
Fino alla sera in cui improvvisamente si era resa conto di non avere più niente. Fino alla sera in cui ogni cosa aveva smesso di avere senso.
Perché aveva conosciuto Lui, in una sala piena di gente. Ebbra di rumore, si era persa in un lungo gioco di sguardi liquidi. Galeotto lo champagne, si era dimenticata un guanto, e se n’era accorta solo dopo aver camminato a lungo nella gelida notte londinese.
Da quel giorno la ragazza aveva cercato accuratamente di perdere ogni giorno qualcosa, per essere sicura di rivederlo, mentre in realtà l’unica cosa che perdeva era ogni volta un pezzetto di se stessa.
Fino alla sera in cui l’aveva rivisto, ancora una volta in una sala piena di gente, chiacchiere e musica, odori e profumi, e aveva intercettato, con la coda dell’occhio, il suo sguardo. Il rumore era cessato, la musica si era attutita, tutti erano diventati statue di pietra in una frazione di secondo. C’erano Lui, e lei.
Ogni cosa aveva di nuovo un senso.
La ragazza del bar di Cuba ha tanti capelli, lunghi, e mossi, e ribelli. Ogni riccio un capriccio, scherzava Lui. Porta sempre un fiore rosso tra i suoi ricci, per essere visibile anche da lontano.
Attira lo sguardo di molti passanti, che si voltano con ammirazione, accarezzandola con gli occhi.
Lei è sempre indifferente: i suoi occhi di foglia non hanno luce, mentre serve pescado y mariscos, ma un’indifferenza che taglia come una lama. I suoi occhi sembrano pozze d’acqua perfettamente immobili, nelle quali si specchia il fogliame autunnale in una giornata di nebbia, senza luce, senza nemmeno la speranza di un raggio di sole. Un giorno quegli occhi si illumineranno ancora, di quella luce speciale che la illuminerà dall’interni, come quella sera – la sera in cui tutto aveva trovato di nuovo un senso. In cui Lui l’aveva presa per mano e avevano bevuto vino bianco ghiacciato e, come nella canzone di Dalla, Lui aveva cercato la bottiglia per cercare di contare i suoi capelli, per poi prenderla per mano e volare sopra i tetti e perdersi in Lei, nell’immensità liquida dei suoi grandi occhi luminosi.
Ogni mattina, all’alba, la ragazza del bar di Cuba siede lì, nel suo chioschetto sulla spiaggia bianca, e guarda il mare. I suoi grandi occhi assenti color foglia morta sono pozzi senza fondo, che prendono vita e si aguzzano solo quando scruta l’orizzonte, quando intravede una vela bianca in lontananza, quando raccoglie una bottiglia tra i flutti sperando di trovarvi un messaggio, destinato solo a lei.
Ogni sera, al tramonto, raccoglie le sue cose e se ne va, un po’ più sconfitta. Nessuno sa dove vada. Nessuno sa dove viva.
Molti pensano che sia pazza. Molti ridono di lei, ma lo fanno sotto i baffi, I bambini la deridono, la chiamano la testa matta, la mina vagante. Gli adulti invece non ne hanno il coraggio, soggiogati da uno strano rispetto per l’aura che la circonda, per quella strana e surreale bellezza. Che, se da una parte attira gli sguardi come un magnete, dall’altra la protegge come un’invisibile corazza. Lei non si cura di niente, non si accorge delle occhiate, che le scivolano addosso come pioggia su tela cerata. Aspetta, semplicemente.
Lui le ha detto che sarebbe arrivato. E’ stato tanto tempo fa, è vero. Ma ha promesso.
Non potevano vivere insieme. Non quando si erano conosciuti, non dove si erano amati.
Era stato lui ad escogitare quella soluzione. Un posto lontano, un luogo isolato, poco frequentato, vicino al mare, dove la ragazza l’avrebbe aspettato, e lui un giorno l’avrebbe raggiunta.
E lei aveva lasciato tutto in un attimo, senza neanche pensarci su, perché l’idea di perderlo per sempre le risultava insopportabile. Perché l’idea di vivere senza di lui era inconcepibile. Ed era partita.
Ora si è liberata del pallore cittadino, delle occhiaie, della messa in piega, e aspetta. Aspetta e continuerà ad aspettare, fino a quando al tempo già passato si sommerà altro tempo e poi ancora altro tempo. E quando le ore saranno diventati giorni che saranno diventati mesi che saranno diventati anni, e tutto sarà diventato troppo, lei sparirà.
Si dissolverà, semplicemente, come la sirenetta di Andersen, portando con sé il suo chioschetto, l’acqua trasparente e la spiaggia bianca, perché la ragazza del bar di Cuba esiste solo in quanto Lui esiste, è un’emanazione, una rappresentazione della parte migliore di Lui e lei insieme.
Il cuore della ragazza smetterà di battere nel momento esatto in cui lui smetterà di sognare di poterla raggiungere, un giorno.
![]() |
Ragazza triste, Vito Labianca |
7 thoughts on “La ragazza del bar di Cuba. Un racconto breve”
Anonimo
Tristezza e invidia si mescolano in un intreccio che non posso o non voglio sciogliere. Invidia per quel marinaio che ha saputo rapire l'anima della ragazza cubana…tristezza per un racconto che sento molto, troppo autobiografico. Brava Ophelinha!! Sei riuscita di nuovo a rapirmi con le tue parole e condurmi su sentieri scoscesi e panoramici tra i quali è dolce perdersi…
LikeLike
year62
Cara carissima Ophelinha,
a me è capitato…il posto si chiamava “El bosc de les Fades”…accanto a me c'era un angelo e io non le ho nemmeno parlato…perchè? Perchè mi sono comportato così? Ancora adesso no lo so…ci sono immagini che vivono nel momento stesso in cui le amiamo…ma è così difficile non perderle, quelle immagini, e non farsi divorare poi dagli stritolanti, impetosi vortici del rimpianto e del ricordo. Ora ti saluto con questo:
Perchè negarsi il pianto
quando te lo chiede il cielo
mormora il verde menhir
stillando note di pioggia
o nascondere per stupido pudore
le ferite sulla pelle
inferte dal tempo
nel parco
dai miei immobili maestri silenziosi
ho imparato
la dignitosa nudità degli inverni
il resistere l’aspettare
la ricchezza della memoria
la forza della contemplazione
credendo nel respiro del vento
che dà voce alle foglie
in ogni luogo e strada
del mondo _
LikeLike
Ophelinha
Grazie delle belle parole :)il mio sogno è riuscire a far sognare la gente…
quanto all'autobiografico, ci andrei cauta: d'altro canto, dove inizia la finzione, dove finisce la realtà? sono separate da una sottile -sottilissima – linea rossa.
LikeLike
Ophelinha
è bello sapere che due persone diverse, in momenti e luoghi differenti, si sono sentite vicine…
quanto al peso delle occasioni mancate, delle cose non fatte e delle parole mai dette, degli aerei non presi, degli attimi perduti…è un macigno che ci portiamo dentro. mi auguro prima o poi si converta in occasione di crescita – disillusa, forse, ma più matura e consapevole – piuttosto che di rimpianto.
LikeLike
ROS
“Sola
Sola nell'’oblio
sola
sola con il suo spirito
sola
sola con il suo amore il mare
solaaaaaaaa
nel molo di San Blas “
… Così il canto dei Manà sulla 'loca del muelle', la pazza del molo… in attesa…
ma oggi è morta, sì, oggi, Rebeca Méndez Jiménez è morta a 63 anni. E' la fine di una incredibile storia d'amore e credo che queste parole del tuo racconto possano essere assunte come suo ideale epitafio:
“Aspetta e continuerà ad aspettare, fino a quando al tempo già passato si sommerà altro tempo e poi ancora altro tempo. E quando le ore saranno diventati giorni che saranno diventati mesi che saranno diventati anni, e tutto sarà diventato troppo, lei sparirà”.
Dopo 41 anni, è diventato troppo. Sì, oggi, Rebeca è sparita, non è più su quel molo radiosa nel suo abito bianco, ora forse è col suo promesso sposo che la lascio quattro giorni prima del matrimonio per andar per mare e non tornare più. Ella, come canta la canzone anticipando il suo destino, 'rimase sola fino alla fine'.
Rebeca che aspettava col suo vestito da sposa, sola, ora non è più su quel molo.
Incredulo, continuo a pensare che, invece, il suo amore sia ancora lì, sussurato dal vento e impossibilitato a raggiungere il suo Nininho perchè, nonostante la complicità del vento, il mare le si oppone. Quello stesso mare che nel suo opporsi, sino a ieri, nell'opporsi all'amore, lo ha garantito e consacrato nel loro cuore, in quello di lei in attesa al molo e in quello di lui in fondo al mare.
Voglio immaginare che, come dalla tomba di Tristano nacque un rovo che si estese fino al sepolcro di Isotta, così i flutti di quel mare che custodisce nel suo profondo i resti di Manuel, si estandano alla tomba della Loca del muelle, ad unire i due, e, così finalmente, quel mare delirante darebbe pace a lei e al suo promesso sposo. E anche perchè, ome dice la canzone che racconta la sua storia – 'nessuno mai piu l'’avrebbe separata dal mare'.
E' una strana storia quella di Rebeca, Manuel e il mare. Una storia che strazia il cuore, ma anche una storia che apre gli occhi, così che “di fronte al mare delirante,/ vediamo/ la vita e l'amore/ allo scoperto”:
Todo el mar
es griego.
En los mares más raros
aún quedan Venus
que van sobre sus conchas
como espectros.
Del mar surge la forma
y el pensamento,
la sangre, la sal y el viento
eterno.
Las tierras son como algas
sobre su lomo inmenso,
monstruosos parásitos
sobre el enorme cuero.
Frente al mar delirante,
vemos
la vida y el amor
al descubierto.
(F. Garcia Lorca)
Tutto il mare
è greco.
Nei mari più singolari
ancora rimangono Veneri
che vanno sulle loro conchiglie
come spettri.
Dal mare nascono la forma
ed il pensiero,
il sangue, il sale ed il vento
eterno.
Le terre sono come alghe
su un lombo immenso,
mostruosi parassiti
sull’enorme otre.
Di fronte al mare delirante,
vediamo
la vita e l’amore
allo scoperto.
(F. Garcia Lorca)
LikeLike
ROS
Il testo della canzone:
EN EL MUELO DE SAN BIAS
“Ella despidió a su amor
el partió en un barco en el muelle
de San Blas
El juró que volvería y empapada en llanto
ella juró que esperaría
miles de lunas de lunas pasaron
y siempre ella estaba en el muelle, esperando
muchas tardes se anidaron
se anidaron en su pelo y en sus labios
Llevaba el mismo vestido
y por si el volviera no se fuera a equivocar
los cangrejos le mordían
sus ropajes, su tristeza y su ilusión
y el tiempo se escurrió
y sus ojos se le llenaron de amaneceres
y del mar se enamoró
y su cuerpo se enraizó en el muelle
Sola, sola, en el olvido
sola, sola con su espíritu
sola, sola con su amor el mar
sola, en el muelle de San Blas
Su cabello se blanqueó
pero ningún barco a su amor le devolvía
y en el pueblo le decían
le decían la loca del muelle de San Blas
y una tarde de abril
la intentaron trasladar al manicomio
nadie la pudo arrancar
y del mar nunca jamás la separaron
Sola, sola, en el olvido
sola, sola con su espíritu
sola, sola con su amor el mar
sola, en el muelle de San Blas
Sola, sola se quedó”.
Traduzione. NEL MOLO DI SAN BIAS:
“Nel porto di San Blas
Lei salutò il suo amore
lui partì con una nave nel porto di San Blas
le giurò che sarebbe tornato e singhiozzava
lei giurò che l’avrebbe aspettato
passarono mille lune
e lei stava sempre al porto, ad aspettare
molte notti si annidarono
si annidarono fra i suoi capelli e le sue labbra
Indossava lo stesso vestito
così che se lui fosse tornato non si sarebbe sbagliato
i granchi le mordevano
il suo bel vestito, la sua tristezza e le sue illusioni
e il tempo passava
e i suoi occhi si riempirono di mattine
e si innamorò del mare
e il suo corpo mise radici nel porto
Sola, sola, col ricordo
sola, sola col suo spirito
sola col suo amore, il mare
sola, nel porto di San Blas
I capelli le diventarono bianchi
però nessuna nave le riportò il suo amore
e nel paese la chiamavano
la chiamavano la pazza del porto di San Blas
e una sera d’aprile
cercarono di portarla al manicomio
nessuno riusciva ad avvicinarla
e non la separarono più dal mare
Sola, sola, col ricordo
sola, sola col suo spirito
sola col suo amore, il mare
sola, nel porto di San Blas
Sola, sola rimase”.
lei salutò il suo amore
lui partì su una barca nel molo di San Blas
lui giurò che sarebbe tornato
e lei inzuppata di lacrime giurò che lo avrebbe aspettato
mille lune passarono
e lei stava sempre nel molo
aspettando
molti pomeriggi si annidarono
nei suoi capelli
e nelle sue labbra
portava sempre lo stesso vestito
così se lui fosse tornato non si sarebbe sbagliato
i granchi le mordevano
le sue vesti,la sua tristezza e la sua illusione
ma il tempo volò
e i suoi occhi si riempirono di albe
e si innamorò del mare
e il suo corpo si radicò
nel molo
Sola
Sola nell'’oblio
sola
sola con il suo spirito
sola
sola con il suo amore il mare
solaaaaaaaa
nel molo di San Blas
i suoi capelli diventarono bianchi
ma nessuna barca le riportò il suo amore
e nel paese la chiamavano
la chiamavano la pazza del molo di San Blas
e un pomeriggio di Aprile
tentarono di portarla al manicomio
nessuno potè strapparla da lì
e nessuno mai piu l’avrebbe separata dal mare
Sola
sola nell'’oblio
sola
sola con su spirito
sola
sola conil suo amore il mare
solaaaaaaaa
nel molo di San Blas
Sola nell’oblio
Sola con il suo spirito
Sola con il suo amore il mare
Sola
sola nell'’oblio
sola
sola con il suo spirito
sola
sola con il suo amore il mare
solaaaaaaaa
rimase sola
rimase sola
Sola, sola
Rimase sola
Rimase sola
Con il sole e con il mare
Rimase lì
Rimase sola fino alla fine
Rimase lì
Rimase nel molo di San Blas
Sola, sola, sola
LikeLike
Ophelinha
“C’è una canzone del porto che dice che è infelice il destino delle donne dei marinai. Dicono anche che il cuore dei marinai è volubile come il vento, come i saveiros (imbarcazioni) che non si fissano in nessun porto. Ma tutte le navi hanno il nome del loro porto sulla prua. Possono andare per altri porti, possono viaggiare molti anni, ma non dimenticano il loro porto, un giorno ci ritorneranno. Così è il cuore dei marinai. Non dimenticano mai quella donna che è soltanto loro”.
E' una citazione tratta da Mar Morto, scritto da Jorge Amada. bellissima e poetica storia della splendida Livia e del marinanio Guma e di un'attesa. Un'attesa eterna, perchè Livia, così bella che è desideratata da tutti ma ha scelto Guma, figlio di un marinaio e una prostituta, lo attende ad ogni tempesta, insieme a Maria Clara e alle altre donne del mare, sacrificando a Jemanjà/Janaìna saponette e pettini di corallo, pregando che la bellissima e capricciosa regina del mare non si invaghisca proprio del suo innamorato e non si riveli a lui in tutta la sua bellezza, trascinandolo nei suoi abissi di spuma. E forse tutta la nostra vita è un po'così: aspettiamo l'altro, temendo che nel suo viaggio venga irretito dalle sirene o trascinato in un gorgo tra Scilla e Cariddi.
Jimenez, poeta spagnolo che amo molto, ha scrtto il “Diario de un poeta recien casado”, una raccolta di poesie incentrata sulla promessa sposa, in Argentina, e sul viaggio che compie per andare a prenderla e portarla in Spagna
“Anche se il mare è grande
per quanto sia in se stesso tutto
mi sembra già di stare accanto a te.
Ormai solo l'acqua ci divide,
l'acqua, che si muove senza sosta,
l'acqua, solamente, l'acqua!”
Ancora, Machado scriveva al suo amore di seconda generazione, Guiomar, diviso da lui dalla guerra civile, “entre nosotros el mar”.
Il mare unisce. Il mare divide. Il mare porta alla pazzia.
Per questo la ragazza del bar di Cuba o Rebeca scelgono il mare. Perchè è più facile, impazzire o amare, che poi sono la stessa cosa, al di là del mare, lontane dalla terraferma, là dove c'è solo
“l'acqua che ci separa,
l'acqua, che si muove senza sosta,
l'acqua, solamente, l'acqua!” (Jimenez)
LikeLike